Acqua, rifiuti, inchieste
Il precedente Nisseno
Era il Dicembre 2005, praticamente a tre giorni dall’avvento del nuovo anno, l’Ato Cl6 di Caltanissetta assegnava, per una durata trentennale, la gestione del servizio idrico integrato, inerente tutti i comuni rientranti nella sua competenza, all’Ati, “Acque di Caltanissetta s.p.a.”, retta dalla spagnola Aqualia.
Si avviava, anche entro i confini della provincia nissena, la fase di privatizzazione di un essenziale servizio, quello, appunto, della distribuzione dell’acqua potabile.
Ma da subito un “intoppo”: l’associazione temporanea d’imprese esclusa dalla competizione, guidata dalla Ibi Idroimpianti di Pozzuoli e dalla catanese Acoset s.p.a., si preparava ad un ricorso amministrativo, sventato da un piccolo stratagemma; la Idrica Srl, controllata al 100% da Galva s.p.a. del gruppo pugliese, Pisante, concesse una sorta di “intimo risarcimento” alle deluse, un 10% da spartirsi per eludere ogni tipo di contrasto giudiziario.
La risoluzione dell’inghippo, però, generò addirittura un’interrogazione parlamentare, presentata dall’allora deputato, Misuraca. Semplice, stando all’interpellante: le regole erano state violate, considerando che la normativa comunitaria in materia esclude ogni tipo di modificazione interna all’organizzazione societaria dei gruppi vincenti.
Quella nissena è una delle tante storie, magari neanche la più nota o importante, generata dall’ingresso sul mercato di quelli che, una volta, venivano definiti servizi pubblici essenziali di importanti gruppi economici, nazionali e stranieri.
Il caso ha voluto, peraltro, che molti dei nomi e delle aziende presenti nelle cronache nissene del tempo, siano, oggi, nuovamente alla ribalta mediatica: il tanto famigerato dossier presentato alla Procura di Palermo dall’attuale Presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ne annovera molti.
Sì, perché l’azione intrapresa dal leader autonomista, pur concernendo la gestione dei termovalorizzatori in Sicilia, investe le responsabilità di aziende, oramai in grado di diversificare il proprio campo d’azione: rifiuti o acqua, insomma, poco cambia.
E allora si ritorna a parlare del gruppo pugliese retto dalla famiglia Pisante, titolare nel settore delle costruzioni di Galva s.p.a. ed Emit, solo per citare le due sigle più importanti, di Idrica srl e Siba, in quello dell’acqua, ed ancora di Pimefin s.pa. e Effepi in quello finanziario, e di quello ennese retto da Francesco Gulino, fondatore della Altecoen.
Destini e persone giuridiche che spesso si intrecciano fra loro, come nel caso di Messinambiente, società costituita allo scopo di garantire il mantenimento del servizio di smaltimento rifiuti nella città dello stretto, e finita ben presto sotto la lente di ingrandimento della magistratura, poiché sospettata di essere stata formata grazie all’interessamento del boss catanese, Nitto Santapaola, molto vicino alla Altecoen del gruppo Gulino, come confermato dalla Corte dei Conti siciliana nel 2007: non a caso, quote azionarie erano possedute dalla stessa famiglia Pisante.
I due gruppi economici, inoltre, erano entrati nel grande affare inceneritori sull’isola, dando vita, ad esempio, alla Sicil Power, insieme alla Waste Italia, con l’obiettivo della realizzazione del grande termovalorizzatore di Paternò, venuto meno, però, a conclusione di un lungo iter burocratico, con tappe a Bruxelles e Palermo.
L’Altecoen era presente, addirittura, in due raggruppamenti interessati alla costruzione di questi monumenti per lo smaltimento dei rifiuti, tanto da dover rinunciare alle quote conseguite, ricavando, però, un lauto guadagno dalla cessione, “senza che gli altri soci, tra i quali la Emit del gruppo Pisante, abbiano proposto alcuna azione di responsabilità”, secondo l’esponente regionale di Legambiente, Domenico Fontana.
I magistrati contabili, del resto, lo avevano già preannunciato nel 2007, descrivendo talune “infiltrazioni mafiose all’interno della Altecoen di Francesco Gulino”.
Che qualcosa non andava secondo i normali parametri lo avevano scoperto anche i magistrati della Procura di Latina, indagando sulle sorti di Acqualatina; nel Febbraio 2008, infatti, gli stessi inquirenti laziali dichiaravano che “in questo ed altri settori, come quello dei rifiuti, il pubblico è un semplice paravento, la copertura ad hoc per far lievitare a dismisura interessi privati, alla faccia di cittadini e tariffe, è lo stesso copione, solo per fare un esempio, proposto in scena in Sicilia con Messinambiente, anche in quel caso affari d’oro per gli stessi privati e un’inchiesta della magistratura”.
I profitti garantiti da diverse fette di questo nuovo, e grande, mercato, del resto, non consentono di mollare un attimo: le strategie, oramai, si sono consolidate poiché tracciate da aziende in continuo movimento, spesso congiunto.
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