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Festival Civile, al via il terzo atto

Di Stefano Fantino il . Campania

La scommessa è sempre quella, raccontare un territorio oltre gli stereotipi, facendo emergere l’alternativa a quello status mediatico ormai acquisito, essere “terra di camorra”. Alla base del Festival dell’impegno civile, giunto quest’anno alla terza edizione sta proprio l’idea di portare avanti le istanze di cambiamento di un territorio, non solo più le Terre di Don Diana, ma anche le province di Napoli e Avellino, che verranno toccate in una settimana densa di impegni.  «Diamo, almeno cerchiamo di dare, nuova veste a questo territorio, raccontando il fermento che c’è nelle nostre terre- racconta Valerio Taglione del comitato Don Peppe Diana – solo in questo modo, tramite una presa di coscienza democratica saremo veramente le terre di don Diana e non della camorra».

Questo cambiamento parte proprio dall’alto valore simbolico che questo festival porta con sé fin dai suoi primi passi: «il 95% degli eventi che faremo saranno dentro a un bene confiscato» racconta ancora Taglione, e non può certo sfuggire, in terra di camorra, l’alto valore che riveste il «profanare alcuni luoghi». Usa proprio questo termine Pietro Nardiello, da anni attivo per dare una direzione artistica che oltre a rendere i beni confiscati punto di discussione, li faccia punti di aggregazione anche culturale e artistica. Una scommessa che quest’anno viene vinta con la band delle terre di Don Diana che sotto la guida di Carlo Faiello, storico musicista della Compagnia di Canto Popolare, creerà un ensemble musicale che concilierà appartenenza al territorio e creatività musicale.  

Altre iniziative culturali sono previste, racconta Marcello Ravveduto, comitato scientifico del festival, «per mostrare un utile e non gravoso rapporto tra cultura, arte e territorio». Arte ed economia, perché a Castelvolturno continua la gestazione della cooperativa sociale che ha strappato il bene che fu di Zaza e lo farà presto diventare produttivo. Che la portata dell’iniziativa, festival e cooperativa,  sia molto più che pionieristica lo conferma Isaia Sales, uno dei massimi studiosi di camorra: «Un qualcosa di unico nella storia, anche l’idea di portare avanti una cooperativa sui beni confiscati, farà della produzione economica un concreto simbolo antimafia». 

Cosa manca? La tanto agognata copertura mediatica, probabilmente. Altrimenti una così meritevole iniziativa rimane, pur nella sua unicità, relegata a pochi coraggiosi che riescono a informarsi o hanno la fortuna di venirne a conoscenza. «Dobbiamo darle una valenza nazionale» tuona Giulietti, portavoce di Articolo 21 e parlamentare, che da sempre supporta l’iniziativa, insieme all’ “avversario” politico Fabio Granata, anche lui fugacemente apparso in conferenza. «Un’occasione per ridare spazio al tema, quello delle mafie, che dovrebbe essere sempre al centro delle notizie» osserva il vicepresidente Pdl dell’Antimafia: dichiarazioni che lo pongono in netto contrasto con la maggioranza che, tramite il premier, ha spesso stigmatizzato un presunto eccesso di parole spese sul tema. Ma qualcuno sicuramente avrà il coraggio di parlarne, per non «incappare in un oscuramento tematico che nega visibilità a storie, problematiche e vicende importantissime». Lo dice Carlo Verna, segretario Usigrai, prima di andare a Saxa Rubra in vista di una conferenza stampa sull’ “oscuramento” di RaiNews.

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