Crotone, incendi dolosi contro commercianti e imprenditori
Ancora una volta si è scelto di colpire nel momento adatto a destare più clamore possibile: nel dicembre scorso, il giorno dell’antivigilia di Natale, nel mirino era finito un esercizio commerciale del centro, qualche giorno prima della festa della Madonna di Capo Colonna, quando tanti crotonesi non desiderano altro che avere pronta la loro barca per seguire via mare la processione, è stato dato fuoco ad un’officina di autorimessaggio ubicata nel porto di Crotone. Il ‘bel regalo’, proprio prima della festa, questa volta è toccato alla società ‘Autonautica Tricoli sas & f.lli’, la storica azienda crotonese che aprì i battenti oltre 40 anni fa.
I proprietari, tutti appartenenti alla famiglia Tricoli, nelle prime ore di mercoledì 5 maggio, intorno alle 3.30, proprio mentre nelle adiacenze dell’azienda arrivavano i primi camion dei venditori ambulanti della fiera, sono stati avvisati dell’accaduto: un gravissimo incendio, che ha letteralmente distrutto il capannone pieno di barche nuove e usate, motori e altre attrezzature per la nautica.
Un incendio di portata rilevante, che per i Vigili del fuoco non è stato facile domare, anche perché all’interno del capannone c’erano diversi materiali facilmente infiammabili come la resina e la plastica delle barche, oltre al carburante dei motori. Infatti, ancora nella mattinata di mercoledì, nonostante il lavoro svolto dai Vigili del fuoco nella notte, quel capannone continuava a fumare davanti a decine di cittadini e ai proprietari attoniti, tanto che l’odore acre che emanava si è propagato per tutto il porto e nel rione della Marina, senza risparmiare nemmeno via Regina Margherita.
Ora il tetto è quasi completamente distrutto, nel cantiere all’aperto adiacente al capannone c’è solo cenere e le aperture sono segnate dal fumo, per non parlare delle barche e dei motori: tutto completamente carbonizzato. La Polizia è intervenuta intorno alle ore 3.00, ma l’incendio aveva interessato ormai già la quasi totalità della struttura. Ancora sono in corso accertamenti per stabilire la natura dell’incendio, anche se l’ipotesi più probabile appare quella dolosa. A distanza di poche ore, infatti, in via Spiaggia delle Forche è stata rinvenuta, in fiamme, una autovettura Jeep Cherokee che, poco prima, era stata asportata dai capannoni dell’azienda.
“Siamo in ginocchio – ha commentato provata la proprietaria Francesca Tricoli, che da qualche tempo ha preso le redini dell’azienda di famiglia – ci hanno distrutto, economicamente e moralmente perché in questo capannone c’erano i frutti di tanti anni di sacrificio della nostra famiglia. Mio padre lo abbiamo dovuto portare via da qui subito perché stava troppo male a vedere tutti i suoi sacrifici andare in fumo. Tra l’altro ci hanno fatto questo bel regalo in un momento particolare, non ci poteva andare peggio: eravamo carichi, dentro c’erano tantissime barche. Evidentemente sapevano che questo per noi è un momento clou”. Eppure la famiglia Tricoli ha dichiarato di non avere mai ricevuto “richieste di pagamento esplicite da parte della criminalità organizzata. Certo – ha ammesso Francesca – sappiamo in che posto viviamo, abbiamo clienti di tutti i tipi, tra i quali non mancano tante persone per bene, ma abbiamo sempre cercato di rapportarci con la massima diplomazia possibile. Non ci aspettavamo certamente che ci accadesse una cosa simile. Se voleva essere un avvertimento, però, hanno sbagliato tutto perché è impensabile che potremo pagare il pizzo in futuro visto che ci hanno tolto tutto. Ormai siamo finiti”.
Ne è convinta Francesca Tricoli, anche perché sa che quel capannone era assicurato per il minimo necessario. “Assicurare tutto per coprirsi le spalle – ha detto – non era possibile perché ci sarebbe costato una fortuna e di questi tempi, con la crisi che corre, non potevamo certo permettercelo, ora però siamo rovinati. Non ho nemmeno idea a chi possiamo rivolgerci in questa città in cui va tutto a rotoli, nessuno può aiutarci. Hanno deciso di proclamare la nostra fine: qui lavoriamo io e mia sorella, mio padre che poteva andare in pensione ed ha deciso di continuare soprattutto per il valore affettivo che rappresenta questa azienda, abbiamo dei dipendenti… Ci hanno bruciato tutte queste cose – ha commentato ancora incredula guardando quella catastrofe – non so come abbiano potuto farlo”.
Intanto capannelli di cittadini di tutte le età ascoltavano e guardavano quel capannone, esprimendo solidarietà ai proprietari, ma evidentemente imbarazzati scoprendosi impotenti e incapaci di prestare aiuto. Emblematico il commento di un ragazzo mentre andava via scoraggiato: “questa è diventata una città di m…!”.
Trackback dal tuo sito.