Via dalla guerra in Afghanistan!
“La guerra che stiamo conducendo in Afghanistan ci ha restituito
questa mattina altri corpi straziati di soldati italiani. Altri morti,
altri feriti, altro dolore, altro sangue che costringono tutti a
riaprire gli occhi su questa tragedia. La morte, il dolore e il sangue
scorrono tutti i giorni in Afghanistan ma a noi (ai nostri media, prima
di tutto) fa impressione solo il sangue italiano. Ed è una vergogna che
si aggiunge alla vergogna della guerra.
Di questa guerra gli
italiani non sanno quasi nulla. Qui in Italia, nelle retrovie della
guerra, siamo sottoposti al ferreo regime della censura. Qui (come in
nessun altro paese al mondo), dall’11 settembre 2001 è persino vietato
chiamare le cose con il loro nome. L’espressione “guerra in
Afghanistan” è bandita. Ma tutto questo non ci aiuta a capire cosa
dobbiamo fare.
“Qualsiasi propaganda a favore della guerra
deve esser vietata dalla legge. Qualsiasi appello all’odio nazionale,
razziale o religioso che costituisca incitamento alla discriminazione,
all’ostilità o alla violenza deve esser vietato dalla legge.” Articolo
20 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ratificato
dall’Italia nel 1977).
Il dolore dei familiari dei
soldati uccisi e l’angoscia di quelli feriti gravemente è anche il
nostro. E’ un dolore forte che ci deve spingere a fare qualcosa in più
per fermare e non continuare a combattere questa guerra.
I
nostri giovani soldati muoiono perché il governo continua a scaricare
sui militari il compito di risolvere un problema che i militari non
hanno nessuna possibilità di risolvere. Per questo il mostro
della guerra continua da nove anni a fare stragi di vite umane, di
legalità, di diritto e di diritti.
L’Italia deve uscire da
questa guerra. Subito.
L’Italia deve abbandonare la via della
guerra e impegnarsi a costruire un’alternativa politica alla guerra
senza limiti. L’exit strategy è una sola: dobbiamo passare dall’impegno
militare ad un impegno politico e civile a fianco delle popolazioni
vittime decennali della guerra, dell’oppressione e della miseria.
Dobbiamo sostenere la società civile afgana che s’impegna per il
rispetto dei diritti umani, la ricostruzione e la riconciliazione (la
più importante leva della democrazia in Afghanistan). Dobbiamo
aumentare decisamente gli interventi di cooperazione con l’obiettivo di
rispondere ai bisogni vitali della popolazione.
Ce lo hanno
chiesto in questi giorni a Perugia anche Najla Ayubi
coordinatrice dell’Afghan Woman Network e Abdul Khalil Narmgui,
presidente di un’associazione di giornalisti afgani. Con loro abbiamo
marciato ieri da Perugia ad Assisi e oggi non possiamo stare zitti.
Al
Parlamento chiediamo di convocare subito una seduta straordinaria
dedicata alla guerra in Afghanistan, alla revisione della politica
dell’Italia e delle iniziative urgenti da assumere a livello nazionale e
internazionale.
Alla Rai, servizio pubblico, e
a tutto il mondo dell’informazione, chiediamo di organizzare un serio
dibattito sulla guerra in Afganistan per aiutare gli italiani a capire
cosa è accaduto, cosa sta succedendo e come si può fare per evitare di
continuare a piangere inutilmente.
Chiediamo che a parlare non
siano invitati solo i militari e i cosiddetti “esperti” ma anche i
costruttori di pace, quelli che ieri hanno partecipato alla Marcia per
la pace Perugia-Assisi, quelli che lavorano tutti i giorni per evitare
queste inutili stragi”.
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