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Torniamo in pista

Di Graziella Proto* il . Sicilia

Scusate il ritardo ... avrebbe detto il bravo Massimo Troisi. Ci eravamo lasciati con “Casablanca è giunta al capolinea…” e dal punto di vista economico è ed era vero, questo però non vuol dire che in questi lunghi mesi non si sia fatto nulla. Innanzitutto abbiamo chiuso la vertenza de “I Siciliani” la rivista fondata e diretta da Giuseppe Fava…GRAZIE a tutti coloro che hanno fatto propria la battaglia e l’hanno sostenuta. Uno slancio e una partecipazione entusiasmante Grazie!

 Sono diventata nonna. Felicemente nonna. Un ruolo che esclude tutti gli altri, per amore, per passione, coinvolgimento, impegno, progetti e speranze. Un fatto privato? Assolutamente no. Vivi in una sfera che altrimenti non potresti e che pensi sia cambiata. Ancora no. Per esempio il tema dei nidi, esisteva quando ventenne ho avuto la mia prima figlia, lo ritrovo esattamente come allora, più di trenta anni or sono. Certamente il problema dei servizi alle famiglie e alle donne nello specifico, non è una calamità o un grande evento, ma vogliamo parlarne con qualche mamma lavoratrice? Dimenticavo, per il ceto dirigente di questo paese la classe operaia non esiste più; figurarsi le operaie! E invece si, esistono.

 E’ cambiata la società, l’organizzazione del lavoro, il lessico, ma i lavorato- ri, i salariati , i manovali, i braccianti, i precari, i cassiintegrati…i disoccupati, esistono.. Non si sa dove vanno, ma esistono. Più di trentamila cassintegrati e migliaia di lavoratori senza posto di lavoro. Dove si va? Come si fa? Tuttavia ci sono i soldi per comprare dei caccia che costano quasi quanto la ricostruzione dell’Aquila, oppure si trovano tanti soldi per i grandi eventi(?); per coloro che si sono arricchiti sulla pelle dei più diseredati non si vogliono i processi; Senza vergogna alcuna c’è anche chi ricatta i lavoratori della Tyssen”… se vi ritirate da parte civile vi rinnoviamo la cassaintegrazione …” Qualcuno ha pensato dove andranno i dipendenti della Fiat d Termini Imprese? Cosa potranno fare in un territorio in cui la Fiat e il suo indotto è l’unica risorsa lavorativa per migliaia di lavoratori? Pur non condividendo l’assegnazione di contributi alle industrie, senza voler necessariamente trovare delle giustificazioni, sembra si voglia togliere ogni speranza a quel territorio. Ma i disperati, si sa, sono facile preda della mafia. A questo, qualcuno dovrebbe pensarci.

Accendi la tv mentre prendi il caffè e vedi con i tuoi occhi e spesso in diretta scenari terrificanti: crolli, frane e terremoti; immigrati, neri, gay picchiati; trans uccisi; migliaia di sfollati, gente che perde il frutto di una vita di lavoro, affetti. Se piove si è in pericolo di vita, dovunque ci si trovi. Mentre il Paese frana e scivola a mare, il governo, nazionale e locale, continua ad insistere sulla costruzione del ponte sullo stretto. Non sarebbe invece i caso di intervenire con urgenza per risanare, ricostruire ed evitare altri disastri? Impedire altre pericolose speculazioni? Almeno moral- mente, qualche amministratore è responsabile dei disastri? Se un ministro della Repubblica a Roma ha comprato un appartamento del valore di 1.800 euro e lui stesso non sa chi e come è stato pagato, a Palermo i senza tetto lottano da anni per avere una casa..

C’é una relazione fra le due cose? Gli emarginati, i poveri, gli indigenti, esistono. Vivono la loro realtà in solitudi- ne, perché il bisogno e la povertà hanno sempre creato un certo disagio in chi la vive, a volte anche vergogna. Quando ero ragazza, un giorno mi capitò di leggere una intervista ad una prima ministra – adesso non ricordo chi – che riceveva il primo ministro di un altro paese – credo inglese – in cucina, mentre preparava una torta ai suoi nipoti. Questa cosa mi piacque moltissimo. Mi ha conquistato l’idea di quella donna di potere che non rinunciava al suo essere donna: massaia, nonna…ministro. Sono diventata nonna, canto le ninne, faccio le pappine, cambio i pannolini… ma, trovo il tempo per indignarmi e incaz zarmi. Organizzare il giornale mentre giro il cucchiaio nel pentolino e ripetermi che così non può andare.

Qualcosa bisogna fare. Fino ad ora abbiamo resistito, adesso è giunto il momento di dire basta. Ognuno nel nostro piccolo e nel nostro campo. Io non mi arrendo. Sono in pista.

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