Il coraggio di una relazione nuova con l’Africa
La sala dei Notari di Palazzo dei Priori, la più rappresentativa delle
location che ospitano il forum della Pace, oggi era piena di giovani.
Erano quasi 200 gli studenti delle scuole superiori di tutta Italia che
hanno partecipato al Seminario “Facciamo Pace con l’Africa”. Hanno
presentato i loro lavori, frutto dei percorsi di educazione alla
cittadinanza, alla costituzione, ai diritti umani, alla democrazia, alla
legalità, all’ambiente, al dialogo, allo sviluppo.
Vengono
proiettati i video realizzati dagli studenti. È quello sulla realtà del
Sudan a far entrare nel vivo il Seminario. Si alternano foto, immagini e
testi che raccontano il conflitto. Quel conflitto così dimenticato da
stampa e tv, che da anni insanguina il Darfur e ha costato la vita
finora a centinaia di migliaia di persone e ha costretto oltre un
milione a fuggire. Sono le ragazze che rappresentano la classe del liceo
che ha realizzato il documentario a denunciare i media convenzionali:
«abbiamo faticato a reperire i dati e le informazioni da tg, abbiamo
dovuto utilizzare fonti alternative, perché i telegiornali hanno
dedicato a questo conflitto solo pochi minuti». Insieme alle due
studentesse sale sul palco Ilham Mahdi Salih, presidente di ACO-Ahlam
Charity Organization, un’organizzazione a favore di uomini e donne
vittime di mutilazioni, violenze domestiche e matrimoni precoci. Lancia
il suo appello alla pace e alla solidarietà: «Chiediamo a tutti di
capire cosa sta succedendo. Il nostro è un grido di aiuto, abbiamo
bisogno di essere ascoltati, vorremmo che in molti venissero a vedere di
persona la situazione in cui si trova il Sudan».
Con lei c’è un
ragazzo sudanese che ringrazia le scuole per i loro video: «questi
ragazzi ci hanno commosso perché sono riusciti in quello che tutto il
mondo ha fallito. Raccontando cosa succede davvero in Sudan hanno
compiuto un gesto di pace».
I lavori delle scuole hanno dato la
testimonianza che è possibile fare un salto culturale e capire cosa è
davvero l’Africa, il continente più ricco del mondo dove troppo spesso
le rivalità della potenze internazionali si scontrano sfruttandone le
risorse. La pluralità delle realtà africane è troppo ampia per poter
essere risolta in pochi concetti unitari. «Il titolo dato al seminario
ha una portata rivoluzionaria» ne è convinto Eugenio Melandri,
coordinatore di Chiama l’Africa «è vero che in Africa ci sono delle
guerre, ma anche tra noi e l’Africa c’è qualcosa che non va. Il Mar
Mediterraneo è diventato negli ultimi anni una vera e propria tomba a
cielo aperto. Bisogna avere il coraggio di capire che l’Africa non è
quel che noi abbiamo in mente». La necessità, dunque, di mettersi in una
relazione nuova con questo continente, nella certezza che insieme si
possa fare qualcosa di bello che cambi le cose. Un filo rosso, quello
della conoscenza, dell’ascolto reciproco, dell’accoglienza, ha guidato
le riflessioni e le testimonianze del seminario. Helene Yindia, la più
famosa teologa camerunense, che non ha mai esitato a denunciare le
violenze verso le donne e la devozione dell’Occidente alla Trinità dei
soldi, è impegnata da anni nella difesa dei diritti umani, per ridare a
uomini e donne la loro dignità: è certa che un altro mondo sia
possibile, e che siano i giovani a doversi impegnare per correggere
l’immagine che i media internazionali danno dell’Africa. Insiste sulla
necessità di una relazione, che tenga conto dei diversi punti di vista,
senza che l’Europa si chiuda sulle proprie posizioni: «L’Africa dona e
l’Europa beneficia. È il mondo occidentale che deve dire all’Africa cosa
vuole, perché l’Africa vuole e può aiutare il mondo».
Trackback dal tuo sito.