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“L’Italia sappia essere unita anche combattendo la mafia”

Di Rino Giacalone il . Sicilia

«L’Unità d’Italia va difesa anche combattendo la mafia». Questa la sostanza di ciò che il presidente Napolitano ha voluto dire, in occasione di un incontro «privato» svoltosi in Prefettura nella serata di lunedì, appena 15 minuti dopo il suo arrivo a Trapani. La visita ufficiale è cominciata solo stamattina, 11 maggio, 150° dello sbarco dei Mille di Garibaldi a Marsala, città dalla quale il Capo dello Stato ha cominciato la sua vista, proseguita poi a Salemi e a Calatafimi. Ma il prologo è stato un faccia a faccia riservato, nel salone della prefettura di Trapani, con don Francesco Fiorino, il sacerdote a capo dell’associazione mazarese «San Vito onlus» che si occupa di beni confiscati alla mafia e di assistenza agli «ultimi» che possono essere gli extracomunitari scampati alle guerre e alle traversate maledette del canale di Sicilia, ma anche la gente delle nostre città che sopravvivono a mala pena.

Da don Fiorino il presidente Napolitano ha voluto conoscere il contenuto dell’attività dell’associazione, ha chiesto se la Regione finanzia le attività, don Fiorino ha dovuto ammettere che finanziamenti regionali non ce ne sono, «dirò io due paroline al presidente Lombardo», ha risposto il presidente Napolitano.  Don Fiorino ha evidenziato al presidente come oggi le politiche sociali degli Enti locali non sono adeguate ai più urgenti bisogni dei cittadini più deboli. Ed ancora come l’utilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata non è sufficientemente sostenuto dai Comuni che ne hanno già la proprietà indisponibile. «In questi anni (dal 2003), tranne qualche lodevole iniziativa – ha ricordato don Fiorino a Napolitano – abbiamo dovuto con le sole nostre risorse, gestire i beni confiscati.

 Più volte abbiamo chiesto, quasi sempre invano, alle Amministrazioni locali e alla Regione Siciliana di inserire un apposito e congruo capitolo nei loro bilanci per fare fronte alle notevoli spese per risanare gli immobili confiscati e per i necessari adeguamenti funzionali. Il contrasto alle organizzazioni mafiose e l’educazione alla legalità devono rimanere valori fondanti delle nostre istituzioni».  E sull’immigrazione: «Le persone immigrate che vivono nelle nostre città, nostri “fratelli in umanità”, sono una grande risorsa sociale e culturale. Stiamo cercando in tanti modi di accoglierli e di accompagnarli nel loro cammino di inserimento. Pensiamo sia utile che nella normativa in materia di immigrazione s’inserisca una nuova figura di “tutor” (famiglie ed enti del terzo settore) che potrebbe assicurare il loro inserimento legale e graduale nel nostro Paese. Auspichiamo la revisione della legge sulla cittadinanza (7 anni di permanenza effettiva, riconoscimento dei valori della nostra Costituzione, sufficiente conoscenza della lingua italiana). La maggior parte degli italiani sanno che siamo una Nazione nella misura che italiani e immigrati resteremo uniti nell’ambito di una convivenza civile e solidale».  E a proposito di detenuti: «Il contatto continuo, attraverso i nostri volontari, con coloro che sono “ristretti” in carcere,  ci sprona a chiedere pene sociali alternative per coloro che non hanno commesso reati gravi». 

Prima che l’incontro finisse, don Fiorino ha invitato il presidente Napolitano ad andare a Mazara, a visitare l’associazione (che gestisce una decina di beni confiscati) e a recarsi su uno dei terreni tolti alla mafia, magari in uno di quelli che nel frattempo si spera possa essere assegnato ed essere riutilizzato, come i 64 ettari nelle campagne di Salemi sottratti al narcotrafficante mafioso Salvatore Miceli, ma mai assegnati. Napolitano ha mostrato di conoscere bene tante cose che accadono nel Trapanese, gli attentati incendiari subiti dall’associazione di don Fiorino, «togliere i beni alla mafia è il fine e il principio della lotta a Cosa Nostra».  Sul tavolo di Napolitano anche un documento sullo stato di crisi economica, provocato anche dalla mafia, firmato dai segretari generali di Cgil Cisl e Uil, Argurio, Marino e Angileri. «La provincia di Trapani – si legge nella lettera – è martoriata dalla presenza della criminalità organizzata e della mafia che, malgrado l’incessante impegno e gli sforzi degli organi dello Stato, continuano ad ostacolare lo sviluppo di questa terra, quotidianamente ci ritroviamo a dover lottare per garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e per tutelare i fondamentali diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Qui migliaia di famiglie monoreddito e di anziani versano in condizioni di estremo disagio mentre ai giovani è negata l’opportunità di un lavoro».         I

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