Confisca da 30 milioni all’imprenditore che parlava ai politici
Patrimonio confiscato. Valore superiore ai 30 milioni di euro. Ben 60 miliardi delle vecchie lire. A cominciare da un fantastico residence turistico di Lido Valderice, Torre Xiare. A trovarsi «impoverito» è l’imprenditore valdericino Tommaso “Masino” Coppola, in carcere dal 2005, con una condanna per mafia definitiva a sei anni (fine pena entro il 2010). Le sue possidenze secondo i giudici rappresentano un’altra delle «ricche» casseforti della mafia trapanese, una delle tante a disposizione del capo mafia latitante, Matteo Messina Denaro. Ma sul conto di Coppola c’è anche altro: era il regista degli appalti pilotati in provincia e in particolare di quelli banditi dall’amministrazione provinciale nell’ultimo decennio prima del suo arresto, avvenuto nel 2005; Coppola sebbene in carcere è stato intercettato a parlare col nipote, Salvatore Fiordimondo, ascoltato mentre gli passava ordini particolari, come quelli di cercare i politici per ricordare loro il mantenimento di una serie di impegni per lui e per le sue aziende. Gli inquirenti hanno identificato due di questi politici, l’attuale sindaco di Valderice, Camillo Iovino e l’attuale presidente della commissione ambiente del Senato, Tonino D’Alì, tutti e due del Pdl.
La decisione sulla confisca è spiegata nell’ordinanza che è stata depositata ieri in cancelleria dai giudici delle misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, che hanno accolto la richiesta avanzata dal questore di Trapani Giuseppe Gualtieri e a seguire il dibattimento è stata la Procura antimafia di Palermo con il pm Andrea Tarondo. Il «patrimonio» di Coppola è stato individuato attraverso una indagine condotta da due mani, dalla Guardia di Finanza e dalla Squadra Mobile di Trapani. La confisca riguarda le quote intestate a Tommaso Coppola e a suo nipote Salvatore Fiordimondo all’interno della società Crea (operante nella costruzione e la manutenzione di discariche, impianti di smaltimento di rifiuti, anche speciali) che per il resto è stata dissequestrata. Ed ancora: la Coppola costruzioni srl, la Siciliana Inerti e Bituminosi srl, la Valderice Costruzioni srl, il Residence Xiare, la Villa Coppola srl, la Erice Costruzioni, l’impresa individuale Coppola Tommaso, e la Fos intestata a Salvatore Fiordimondo, società edile realizzata dopo l’arresto nel 2005 di “Masino” Coppola. La confisca è conseguenza dell’indagine antimafia «Cosa Nostra resort» il cui processo davanti al Tribunale di Trapani è appena cominciato.
L’inchiesta permise di appurare che l’«impero» che Coppola secondo la Procura antimafia aveva creato grazie ad una attività condotta secondo un preciso carattere mafioso, anche intimidatorio, e fatto di appalti pilotati e imposizioni di forniture, era finito intestato ad una serie di soggetti che agivano da prestanome. Su quest’ultima parte c’è il processo in corso dove imputati sono oltre a Tommaso Coppola anche Salvatore Pirrone, Francesco Maggio, Vito Virgilio, Giovanni La Sala, Francesco Mineo, Vito Gerbino, l’attuale sindaco di Valderice, Camillo Iovino. Il Tribunale delle misure di prevenzione ha dato ragione alla Procura antimafia di Palermo e al pm Tarondo: nelle mani di Coppola il «perdurante controllo mafioso della realtà imprenditoriale locale, e dei principali uffici pubblici appaltanti» situazione che si è determinata tra la fine degli anni ’90 e il 2005, quando Coppola fu arrestato. Ma per un periodo dal carcere «don» Masino avrebbe continuato a controllare le sue imprese e gli affari che ruotavano attorno, addirittura «pilotando» l’ottenimento di finanziamenti pubblici.
Nelle attività imprenditoriali finite sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori, sono state trovate precise tracce di come le società di Coppola erano «strumenti» per «inquinare» il mercato dell’imprenditoria ma anche per esercitare «condizionamento in settori politici ed istituzionali». In precedenza il Tribunale delle Misure di prevenzione si è interessato a Coppola per l’applicazione della sorveglianza speciale. Quando verrà scarcerato, dopo avere «pareggiato» i propri conti con la giustizia, dovrà rispettare 4 anni di sorveglianza speciale.
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