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Rosarno tra passato e futuro

Di Anna Foti - da www.reggiotv.it il . Calabria

Cambierà 
davvero qualcosa a Rosarno? Questa è la domanda che ci si pone
dopo avere visto ieri sfilare pacificamente nel centro dell’antica
città magno- greca Medma rappresentanti dei sindacati e cittadini di
tutta Italia insieme a cittadini africani, dinnanzi ad un paese che
rivendica il diritto al proprio riscatto dopo l’immeritata etichetta
di cittadina razzista e intollerante.  Cosa accadrà veramente
dopo gli arresti dei giorni scorsi che hanno accertato ma non estirpato
la pratica dello sfruttamento del lavoro in agricoltura, specie a danno
degli immigrati, oggi ultimo anello della società? Per queste domande
non esiste una risposta di immediato riscontro. Esistono però i messaggi
di forte speranza e di notevole impatto lanciati dai segretari confederali
di CGIL, CISL e UIL, rispettivamente Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni
e Luigi Angeletti, nella piazza dedicata a Giuseppe Valarioti, dirigente
del Partito Comunista Italiano originario di Rosarno e ucciso dalla
‘ndrangheta a Nocitera l’11 giugno del 1980. Un’occasione per commemorare
le vittime degli incidenti sul lavoro e per denunciare i persistenti
abusi e le insidiose discriminazioni che ancora inficiano l’esercizio
del diritto fondamentale al lavoro in Italia.

Rosarno tra
passato e futuro. Dopo il Primo Maggio a Locri nel 2006, la Triplice
torna in Calabria per celebrare la festa del Lavoro, in frangente storico
segnato da un preoccupante tasso di disoccupazione e da una seria questione
di sfruttamento. Un momento di riflessione importante quello di ieri,
a Rosarno, all’insegna dell’integrazione e della legalità. Una
scelta univoca dei sindacati per tracciare un nuovo progetto di sviluppo
nell’antica Medma in cui le case dei rosarnesi si sono aperte per
ospitare le bandiere dei sindacati sotto un cielo animato da leggeri
e colorati palloncini. Festa sì, ma anche memoria e impegno.

Un’occasione
per rilanciare la necessità di un nuovo sviluppo che includa i
cittadini stranieri, nel caso di specie africani ma anche le ultime
generazioni di cittadini stranieri ma comunitari che non necessitano
del permesso di soggiorno ma solo di un contratto regolare. Tutti cittadini
stranieri che hanno ampiamente dimostrato di essere una ricchezza per
il paese in termini di risorsa soprattutto sociale, oltre che lavorativa.
Dunque il diritto al lavoro, un diritto di tutti e per tutti, senza
discriminazione alcuna. Ecco la forza del massaggio lanciato da Rosarno
e per Rosarno in cui la crisi del settore agricolo ha trasformato i
rigogliosi aranceti e uliveti, un tempo floridi e fonti di ricchezza,
in sacche di illegalità e di lavoro sommerso. La cittadina della piana
di Gioia Tauro, adagiata sulla collina, bagnata a nord dal fiume Mèsima
e ad est dal fiume Metramo, oggi reca i segni di una grave e avanzata
crisi agricola e non solo, che aggrava l’influenza del crimine organizzato,
sempre in agguato laddove lo stato di bisogno rende la preda più facile
e vulnerabile, e riduce quelle fonti di ricchezza ostaggio di pratiche
di sfruttamento e vessazioni.

In occasione
della festa che celebra il lavoro come un diritto fondamentale, come
valore comune emblema del patrimonio di civiltà di un paese, che
riscopre il senso più profondo e nobile del primo articolo della nostra
Costituzione: “L’Italia è una  Repubblica Democratica fondata
sul lavoro”, sono ancora una volta i cittadini immigrati ad insegnare
l’importanza della denuncia di prevaricazioni e ingiustizie e sono
ancora una volta i cittadini di Rosarno a sottolineare l’importanza
della manifestazione di carattere nazionale in un paese tacciato di
essere la peggiore espressione della Calabria nel mondo. Invece no,
non è così. Rosarno non è un’altra Italia ma è espressione di
un’Italia. Non è solo quella in mano al crimine mafioso e allo sfruttamento
che attanaglia il Mezzogiorno, ma è anche una cittadina che lavora
onestamente e alacremente ogni giorno, che difende con orgoglio la propria
identità e la propria storia e che tramanda tracce di prestigiosa grecità.  

Patria dell’amico,
discepolo e segretario personale di Platone, Filippo di Medma, Rosarno
fu una colonia fondata da Locri nel VI sec. a.C.. A nord di essa un
secolo dopo fu fondata Hipponion, l’antica Vibo Valentia. Entrambe
le colonie combatterono vittoriosamente fianco a fianco contro Locri,
nel 422 a. C. prima che la sua popolazione si trasferisse a Nicotera.
A poca distanza da questo comune vibonese, sfocia oggi nel mare il fiume
che conserva ancora il nome Mèsima. Dopo la scomparsa di Medma nel
II sec. d.C., la prima nota relativa a Rosarno risale al 1037, quando
sorgeva a protezione della Piana e fungeva da luogo di passaggio obbligato
verso la Sicilia. Il nome ha origini bizantine dal nome che subisce
variazioni nelle susseguirsi delle generazioni Rousare, ossia 
“il paese dei membri della famiglia Rùsari” ). Una storia assolutamente
degna di nota, come quella di ogni luogo della Calabria, che non può
essere offuscata, che non deve essere dimenticata. Quella storia di
cui bisogna tenere conto nel tracciare ogni percorso di cambiamento
che disegni un futuro, conservando la sua antica e nobile identità.

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