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“Difesa dell’interesse pubblico”
Se Ddl passa, ricorso alla Ue

Di Stefano Fantino il . Lazio

«Andremo a spiegare le motivazioni al presidente del Senato, speriamo le comprenda e lavori per migliorare il Ddl. Se così non fosse renderemo noto alla seconda carica dello Stato che noi non ci fermeremo». Aveva chiuso così il suo intervento Franco Siddi, prima di imboccare la via per Palazzo Madama, insieme al presidente Fnsi Roberto Natale, accompagnati dal direttore Giancarlo Tartaglia, il presidente dell’Unione cronisti italiani, Guido Columba e il direttore generale della Fieg, Alessandro Brignone. Nel giorno in cui iniziava il dibattito sul Ddl intercettazioni in commissione al Senato il sindacato unitario dei giornalisti ha voluto convocare una manifestazione a piazza Navona e ha incontrato Schifani proprio per sottolineare, ancora una volta, le preoccupazioni per un disegno di legge che colpisce prima di tutto i cittadini.

Dopo tre quarti d’ora la piccola delegazione ha lasciato palazzo Madama: «Il presidente del Senato ha voluto ascoltare direi con serenità le nostre ragioni – ha spiegato Siddi – e  ha assicurato il suo impegno per favorire il massimo confronto sugli emendamenti». Nel discorso è stato posto l’accento sul valore dell’informazione come bene dei cittadini e non dei giornalisti, ed e’ un bene da utilizzare per non nascondere nulla. Questo il fulcro della manifestazione: non una protesta di una categoria, ma la battaglia democratica che coinvolge tutti i cittadini, le vere persone che dovrebbero protestare contro questo disegno di legge. Nel suo discorso il segretario Fnsi Siddi ha spiegato le ragioni dell’opposizione al Ddl intercettazioni «che impropriamente introduce una serie di norme che bloccano il corso della libera stampa e tendono a impedire la conoscenza su fatti che contano per la vita di ogni cittadino e che sono contenuti in atti giudiziari che si vuole tenere segreti fino all’apertura del dibattimento pubblico». E il riferimento a inchieste sul terremoto, ai vari scandali finanziari che hanno toccato lo Stivale, al caso, abnorme, della clinica Santa Rita: tutti casi che l’opinione pubblica in primis avrebbe ignorato se i giornali avessero taciuto.

A benedire l’avanzata del Ddl il presupposto, assolutamente pretestuoso per Siddi, di giustificare tutto con la privacy «senza contare che gli atti del capo del governo non sono tutelati dalla stessa privacy del normale cittadino, né tanto meno quelli di altre persone che rivestono cariche pubbliche». E la sostanziale protezione della “casta politica” impedisce ulteriormente all’informazione di farsi strumento di democrazia. E induce tanti a non dare notizie, al silenzio. Una situazione – denuncia Siddi- «appesantita da emendamenti che riducono a una sottomissione dell’informazione. Per esempio non si possono dare notizie di inchieste salvo che non ci sia una persona colpita da un ordinanza di custodia cautelare». Solo in quel caso se non potrà dare una sintesi, ma non capita quasi mai che si arrivi all’arresto per i politici: una iperprotezione che suona come l’ennesimo tarlo nel sistema democratico.

L’augurio dell’Fnsi è quello che il Senato ritorni su molti aspetti del Ddl: come la norma cosiddetta “D’Addario” che impediva la registrazione privata non autorizzata, per ora accantonata dal Senato. In caso contrario gli intervenuti a piazza Navona hanno detto che subito verrà fatto un esposto alla Corte di giustizia europea dei diritti dell’uomo. Beppe Giulietti, storico portavoce di Articolo 21 e deputato, ha invitato a una presa di coscienza e di azione collettiva. In nome di quanto già ha espresso proprio la corte di Strasburgo: il diritto collettivo e pubblico alla conoscenza è superiore a tutto. La disobbedienza a cui si invitano giornalisti è quella “civile” a favore della Costituzione, per informare come esercizio di democrazia. Si dovranno, nel caso passasse il Ddl «costituire dei collegi di giuristi che difendano tutti insieme coloro che , da giornalisti, disobbediranno a questo insensato attacco alla democrazia».

Un appella rivolto non solo alla categoria, non una battaglia di casta. Per ora mentre nel corridoio che collega piazza Navona  transenne e forze di polizia dividono i manifestanti dall’istituzione, è iniziata la discussione in commissione a Palazzo Madama, che, stando a Schifani, non si arriverà all’esame dell’Aula già la prossima settimana, come ipotizzato inizialmente.

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