Un “grande fratello” per i computer di pm e giudici
Giovedì scorso una sgradita sorpresa per magistrati e giudici del Palazzo di Giustizia di Trapani. I loro computer erano in tilt come lo erano, e lo avrebbero presto scoperto, anche quelli dei quasi tutti i Palazzi di Giustizia della Sicilia. E questo perchè il ministero di via Arenula ha deciso di «ammodernare» i suoi apparati. In che modo? Portando sotto la gestione di un solo server e di una sola società, gruppo Telecom, il controllo dei computer dell’amministrazione giudiziaria. L’operazione di «traslazione», così viene chiamata, del controllo remoto, dal server locale a quello centrale, ha però bloccato i pc dei diversi uffici.
L’accaduto ha portato a scoprire che la decisione del ministero non piace tanto all’interno del mondo giudiziario. Intanto c’è di mezzo l’efficienza del servizio, come si è capito già dal suo avvio, con i pc inutilizzabili per molte ore, fino a ieri alcuni magistrati hanno confermato che si è molto rallentato il lavoro dei pc collegati alla rete del ministero della Giustizia, alcuni magistrati, e non sono pochi, hanno deciso di acquistare personal computer per potere lavorare con maggiore autonomia. Ma non solo per questa ragione. La circostanza che a livello «remoto» qualcuno possa immettersi, senza essere visto, nei pc di procure e tribunali, non suscita un gran chè di entusiasmo. Anche prima esisteva il controllo «remoto», ossia qualcuno che per manutenzione poteva immettersi nella rete, ma a poterlo fare erano soggetti di ditte incaricate,operanti presso ogni Tribunale, che dunque lavoravano in loco e potevano godere di rapporti di fiducia perchè pm e giudici ne avevano conoscenza personale. Personale poi risultato indispensabile in questi giorni, è toccato a loro mettere riparo ai danni che avevano fermato i computer. Personale che paradossalmente per via delle nuove procedure rischia il posto di lavoro. I nuovi tecnici saranno virtuali.
In nome dell’ammodernamento è spuntato una specie di «grande fratello», occhi che possono guardare dentro i computer di pm e giudici. «Finiremo – dice un pm – che sul computer dell’ufficio terremo l’indispensabile e ci porteremo per lavorare un nostro personale pc, in assenza di garanzie certe sulla inviolabilità dei computer». Ultima curiosità. La «traslazione» dai server locali a quello centrale (che non si sa nemmeno dove si trovi) è cominciata interessando gli uffici giudiziari siciliani e toscani, guarda caso quelli oggi più esposti nella lotta alla criminalità e agli «intrecci» pericolosi con la politica.
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