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Manette e applausi per il capobastone Tegano

Di Stefano Fantino il . Calabria

Una latitanza finita in applausi quella di Giovanni Tegano, ricercatissimo boss della omonima ‘ndrina reggina che da diciassette anni aveva fatto perdere le sue tracce. Ma gli applausi non sono per i poliziotti che l’hanno scovato lunedì sera in località Terreti, a Reggio, ma per lui, il settantenne che da tempo faceva bella mostra di sé sulle pagine dei trenta maggiori ricercati, sul sito del ministero degli Interni. Un capannello di un centinaio di persone, certamente parenti ma anche gente comune, si sono assiepati presso la questura del capoluogo reggino accogliendo l’arrivo di Tegano come “uomo di pace” prima che questi venisse trasferito in carcere, non prima di ricevere gli applausi dei convenuti. Davanti a questo avvenimento perplesso anche il questore Carmelo Casabona che  in riferimento alla claque di sostegno a Tegano si è espresso dicendo che «Finchè non cambia la testa questa città non avrà un futuro». 

Futuro dietro le sbarre per il capobastone reggino, che in carcere passerà  il resto della sua vita, essendo pendente sul suo capo una condanna all’ergastolo per omicidio, senza contare una miriade di provvedimenti, tra gli altri quelli di associazione mafiosa, estorsione,  usura e traffico di armi.

Un curriculum di tutto rispetto per colui che viene indicato dagli inquirenti come un «boss di alto spessore della ‘ndrangheta», protagonista delle stagioni più cruente della seconda guerra di mafia che insanguinò dal 1985 al 1991 le strade reggine lasciando a terra più di 700 morti. In quella guerra la famiglia Tegano era alleata con la cosca dei De Stefano, ha contribuito a insanguinare Reggio Calabria, contro il cartello ‘ndranghetista che comprendeva le famiglie Condello e Imerti. 

Il settantenne Tegano è stato sorpreso nella serata di ieri quando con alcuni fiancheggiatori, sui quali si stanno svolgendo indagini, stava cenando. Il suo arresto segna significativamente un’era, portando un altro duro colpo alla ‘ndrangheta che negli anni Ottanta aveva messo le basi per diventare l’organizzazione ramificata e potente che è attualmente.

Da quel tredici luglio 1995, data in cui fu diramata la ricerca in campo internazionale del boss, sono passati quindici anni e attualmente tra i capibastone storici solo Domenico Condello è ancora latitante. Anche per il boss cinquantaquattrenne di Archi c’è un ergastolo ad attendere per omicidio, associazione di tipo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, rapina, e traffico d’armi, fin dal 1993 anno in cui si è reso latitante. La sua eventuale cattura con la fine degli storici esponenti della ‘ndrangheta potrebbe spingere inquirenti e forze dell’ordine a formulare nuove ipotesi sulla gestione delle potere tra le ‘ndrine calabresi. La possibilità di una cupola che gestisca gli affari delle ‘ndrine, già sperimentata dopo la fine della seconda guerra di mafia, sarebbe una ipotesi, all’interno della organizzazione storica orizzontale della mafia calabrese.

In questo senso sarà utile approfondire quanto emerso da un nuovo arresto, di queste ore: quello di Rocco Morabito, figlio dello storico capobastone di Africo Giuseppe “U tiradrittu”, catturato a Melito di Porto Salvo. Su di lui pendeva un provvedimento di fermo che la Dda reggina aveva emesso nell’ambito di una inchiesta che analizzava il collegamento tra ‘ndrine della ionica e di Reggio Città: la gestione degli illeciti era affiancata all’utilizzazione di una “cupola” per gestire le definizioni e le decisioni su base provinciali. Che fosse una novità o un qualcosa di simile alle cosiddette “camere di compensazione” che già le ‘ndrine utilizzavano sarà compito degli inquirenti definire.

Vedi il video dell’arresto (da corriere.it)

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