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28 aprile in piazza Navona contro Ddl intercettazioni

Di Norma Ferrara il . Lazio

«L’unica cosa che potete fare, voi giornalisti italiani, è andare in piazza nel modo più compatto che potete, a combattere per la libertà di stampa perché, questo è il messaggio per i cittadini, ogni volta che i giornalisti vengono imbavagliati aumentano corruzione e abusi». Cosi Seymour Hersh, giornalista e vincitore di vari premi Pulitzer, a Ginevra, alla sesta Conferenza mondiale del giornalismo investigativo, porta all’attenzione del grande pubblico internazionale, difficoltà e anomalie, di quello che sembra essere un vero e proprio “caso Italia”. Domani davanti al Senato, un altro atto di questa battaglia, portata avanti da cittadini e giornalisti, per la libertà di stampa e contro il Disegno di legge sulle intercettazioni. Il punto della situazione con il presidente della Federazione nazionale della stampa, Roberto Natale.  

Domani, 28 aprile, sit – in davanti al Senato promossa dalla Fnsi contro il Disegno di legge sulle intercettazioni. Niente è cambiato…? 

Ci ritroveremo in piazza Navona, davanti al Senato, perché proprio domani arriva nell’aula di giustizia del Senato il Dsegno di legge sulle intercettazioni. In questi mesi avevamo sollecitato ripetutamente modiche rispetto al brutto testo uscito dalla Camera, ma le modiche sono riuscite soltanto a peggiorarlo. 

 Quali modifiche sono state ignorate  e in cosa il testo è  peggiorato? 

Sono state inasprite sanzioni e pene. Non è stato raccolto nessuno dei suggerimenti che avevamo avanzato, per esempio quello del ripristino “dell’udienza –  filtro”, vale a dire di quella udienza in cui il magistrato, una volta resi pubblici gli atti, sentite accusa e difesa, può decidere di stralciare, filtrandole,  le parti che riguardino terze persone non coinvolte nell’inchiesta oppure persone coinvolte nell’inchiesta, ma per aspetti attinenti alla vita privata, Questa è una proposta capace di contemperare da un lato il diritto dell’opinione pubblica a conoscere fatti di rilevanza pubblica e dall’altro quello delle persone a vedersi coinvolti sotto il profilo privato Nulla di tutto questo è stato accolto dalla Commissione giustizia al Senato, nessuna apertura si è verificata negli emendamenti apportati dal Governo e dal relatore di maggioranza, senatore Centaro, che pure si era mostrato disposto a fare delle modifiche in questo senso, nei mesi precendenti.  

Nessun miglioramento, quindi si va verso l’approvazione di un testo che limiterà maggioramente la libertà di stampa nel Paese? 

Si, è un testo nel quale sono ancora presenti pene di  natura detentiva e sanzioni di tipo economico. per chi viola le disposizioni . Non solo è stata introdotta una nuova previsione di reato, quella di registrazione abusiva, ribattezzata, con qualche fondatezza, “norma D’addario”,. Una norma finalizzata ad impedire che possa accadere che,  all’insaputa di una persona,  si registrino le sue dichiarazioni. Se pure pensata sulla vicenda della Escort entrata a Palazzo Grazioli, questa norma avrebbe l’effetto di colpire il giornalismo d’inchiesta che talvolta è anche costretto a ricorrere allo strumento della camera nascosta per fare il proprio lavoro. Non ci piace fare le spie, ma talvolta, l’uso della telecamera nascosta, è l’unico modo per acquisire informazioni importanti; pensiamo allle inchieste sul funzionamento di alcuni uffici pubblici, come accaduto durante Report, trasmissione ad alto standard qualitativo, oppure al cosiddetto fuori onda televisivo, fra i più noti in queste ultime settimane, quello della presidente della Giunta Regionale del Lazio, Renata Polverini, con il sindaco di Latina, Zaccheo. Li siamo di fronte ad un’intrusione nella vita privata o è di rilevanza pubblica quello che i due si stavano dicendo? Anche questo tipo di informazione verrebbe stroncato se dovesse diventare legge l’emendamento proposto al Disegno di legge dall’onorevole Centaro. 

Se non dovesse essere sufficente questa mobilitazione contro il Ddl, cosa accadrà? 

Manterremo altissima la mobilitazione contro il Ddl Alfano, se non dovesse essere sufficiente utilizzeremo tutti gli strumenti in nostro possesso; lo sciopero, che per coerenza facemmo già il 30 giugno del 2007 contro l’allora Disegno di legge Mastella; la disobbedienza civile e professionale per sostenere i colleghi che volessero continuare a dare notizie, e qualora il Ddl dovesse essere trasformato in legge, faremo ricorso immediato alla Corte europea, la quale ha già una serie di pronunciamenti consolidati a difesa dell’importanza del diritto di cronaca. Non solo, la Corte Europea ha considerato preminente il diritto all’informazione, anche in caso di intercettazioni abusivamente raccolte. Noi invece in Italia, più moderatamente, parliamo della possibilità di usare le intercettazioni disposte in maniera legale, dalla magistratura, dalle autorità giudiziarie. Non abbiamo nessun timore, quindi,  che la Corte Europea non ci darà ragione. Questa battaglia la vinciamo.   

Anche dall’estero giornalisti, politici e intellettuali, si sono espressi negativamente, non solo contro il Ddl intercettazioni, ma su tutta la linea tenuta dal Governo italiano in materia di giustizia e informazione. Ultimo, il 24 aprile scorso, Seymour Hersh, vincitore di vari premi Pulitzer e icona vivente del giornalismo investigativo denunciando le anomalie italiane, ricorda: le notizie vanno date, anche quando sono scomode ai potenti. Questo a suo avviso è un dato culturalmente acquisito nel giornalismo italiano? 

Credo che sia uno degli aspetti di fondo della situazione che stiamo vivendo in questi anni. Non c’è mai stata una tradizione del giornalisimo italiano particolarmente netta nel rivendicare il diritto dovere di dare informazioni scomode al potere. In altri termini c’è sempre stato nella storia del giornalismo italiano, un intreccio piuttosto stretto fra il lavoro dell’informazione e poteri di altro tipo: il potere politico tramite la Rai o i poteri economico finanziari per quel che riguarda la grande carta stampata. Il conflitto d’interesse del Presidente del consiglio aggiunge una gravità specifica, notevole, e adesso siamo di fronte ad una stretta  ulteriore che, in maniera assai evidente, tenta di impedire il lavoro dell’informazione. Lo abbiamo visto in molte occasioni l’ultima, è bene tenerne memoria, nella campagna elettorale regionale quando sono state chiuse quattro trasmissioni per un mese. E’ anche per questo che dall’estero continuano a guardare alla situazione italiana, e anche con occhi preoccupati. Gli incontri all’interno del sindacato internazionale dei giornalisti mostrano una crescente tendenza del cosiddetto modello italiano a presentarsi come esempio da seguire in altri paesi, in quelli di debole democrazia e anche in quelli di più consolidata democrazia. Certe forme di populismo mediatico sono affascinanti per chi è al potere, e dunque, l’Italia rappresenta non solo un’anomalia ma rischia di rappresentare sempre più un modello al quale si guarda con ammirazione. 

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