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Narcos, la vittoria di Guzman e la contrapposizione Zetas-Gulfo

Di Stefano Fantino il . Internazionale

La geopolitica del potere dei narcos in Messico sembra aver subito, nelle ultime settimane, alcune importanti variazioni. Sono molteplici le spie che avallano queste considerazioni, anche se mettere un confine netto al poter di un cartello rispetto a un rivale è sempre impresa difficilmente attuabile. Infatti, se da un lato viene annunciata la definitiva egemonia territoriale di un cartello, quello di Sinaloa, sul territorio di Ciudad Juarez, dall’altro si deve, obbligatoriamente, rilevare come le scissioni interne a un altro cartello, quello del Gulfo abbiano portato a una forte lotta intestina tra il cartello stesso e il suo ex braccio armato, i Los Zetas. Fenomeno, questo, che ci fa ben capire come siano precari gli equilibri tra cartelli e, se vogliamo, effimere quelle analisi che ritengono di poter porre punti fermi sulla geopolitica del potere dei narcos. 

A smuovere le acque sono state alcune dichiarazioni dell’intelligence statunitense operante vicino al confine su cui è posta anche la città di Ciudad Juarez: secondo gli americani dopo due anni di conflitti in una guerra che ha lasciato sul campo più di cinquemila morti, il controllo del traffico di droga che passa per la città messicana sarebbe ora quasi totalmente nelle mani del cartello di Sinaloa. «Il cartello di Sinaloa è certamente la più potente organizzazione per il traffico di droga nel mondo», questa la dichiarazione a suggello di una conclusione cui i servizi sono arrivati sfruttando informazioni riservate prodotte da agenti che sotto copertura si sono messi in contatto con gli uomini di “El Chapo” Guzman, storico leader del cartello. Sbarazzarsi della concorrenza avrebbe significato imporre il predominio al locale cartello di Juarez, guidato da Vicente Carillo Fuentes, sottraendo negli ultimi due anni la leadership nel controllo dei carichi di droga. Su questo versante è arriva la conferma della sezione texana di El Paso, dell’FBI, tramite una dichiarazione del portavoce Andrea Simmons, che ha confermato che «la quasi totalità dei carichi di droga che arriva a Juarez è controlla dagli uomini di Guzman». Dichiarazione peraltro confermata dal capo della polizia federale Facundo Rosas, che ha parlato di «teoria valida». Pur sempre teoria che anche la Dea, tramite la sua portavoce Carmen Coutino non intendere confermare, dicendo che secondo loro fonti non è ancora sicuro che il cartello di Sinaloa abbia preso possesso e dominio del “corridoio di Juarez”. 
Sulla base di queste voci si innesta anche il numero di arresti che ha visto colpire il cartello rivale, e le gang ad esso fedeli, in maniera nettamente superiore rispetto a quello di Sinaloa. I 7500 soldati inviati da Calderon in comune accordo con le forze di supporto Usa hanno militarizzato Ciudad Juarez senza rendere meno cruenta la guerra e i dati sugli arresti fanno supporre l’esistenza, smentita dal governo federale, di un accanimento mirato a non intaccare più di tanto il potere di un cartello, quello guidato da Guzman, storico ed estremamente potente. Parallelamente per uno scontro che, secondo alcuni, sembra essersi risolto in favore di uno dei contendenti, da qualche settimana è iniziato un conflitto di grandi proporzioni, tra due ex alleati. 
Un nuovo capitolo di violenza si è aperto tra il cartello dello Gulfo e la sua ex propaggine armata, i Los Zetas. Veri e propri mercenari, fuoriusciti dai corpi speciali messicani, i Zetas hanno ora preso coscienza della loro potenza militare e si sono sganciati dal cartello al cui sono stati per diversi anni. Stabilendosi, in sostanza, come cartello a se stante e scatenando una vera e propria guerra contro i precedenti datori di lavoro. Una guerra combattuta anche sui muri con l’esposizione di numerosi manifesti che annunciavano una alleanza di sangue tra ex cartelli rivali, Gulfo e altri cartelli minori insieme a La Familia e il cartello di Sinaloa. Per contrastare i Zetas, ormai autonomi e rinforzati lungo il confine, al centro di tutto infatti sarebbe la città di Nuevo Laredo, da 1200 ex mercenari rincasati dalle parti più disparate del Messico. Ridisegnando ancora una volta i confini di potere e le nuove alleanze, che dopo la caduta di alcuni leader hanno visto per l’ennesima volta rimescolarsi i cartelli, con l’unico obiettivo di non cedere il passo a chi cerca di usurpare il loro maggior interesse: il controllo del mercato della droga.

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