Sembravano lontani i tempi in cui il Corriere della sera in un articolo a firma di Alfio Sciacca raccontava del «Libro delle clientele, un file denso di nomi e cognomi di persone da spostare da un ufficio e metterle in un altro, da promuovere o ricompensare, riconducibile all’attuale presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo. Sembravano lontani sino a qualche settimana fa, anche le immagini dello speciale televisivo che La 7 ha dedicato al “metodo Lombardo”: un’inchiesta sull’origine di un sostegno elettorale che della capillarità e della forza territoriale ha fatto il suo punto di forza. Dall’inchiesta televisiva emergeva, fra l’altro, che a Catania persino i patronati erano stati trasformati in luoghi di promozione de Mpa. Era voto di scambio?
No, era solo il modo con cui l’Mpa aveva scelto di stare sul territorio: assistenza e favori. Cambiare tutto per non cambiare nulla: per i più acuti osservatori delle dinamiche politiche e sociali della Sicilia, anche il futuro Governo dello psichiatra catanese Raffaele Lombardo sarebbe stato viziato sul nascere dal “male di Sicilia”: quell’intreccio di diritti resi merci di scambio. La crisi di governo e del sistema Lombardo scatta allo scoccare del 2010 e il nuovo governo sopravvive grazie all’appoggio esterno garantito dall’opposizione, sorpresa ma forse intenzionata dopo anni di isolamento a prendere parte all’ipotetico cambiamento e alle riforme centrali per il rinnovamento dell’isola. Una scissione quella del Pdl – Mpa che avrà conseguenze anche negli equilibri del Pdl nazionale, ieri giunto alla resa dei conti in pubblico fra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini.
Il laboratorio siciliano, ancora una volta, era stato il banco di prova, sebbene indecifrabile, di scelte che riguardano Roma e il Paese intero. Nelle scorse settimane dalla Procura di Catania arriva un primo stop alla favola del riformista autonomista. Una fuga di notizie porta a scoprire che da due anni i carabinieri del Ros conducono nel più stretto riserbo un’inchiesta in cui sono indagati fra gli altri il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, suo fratello Angelo, parlamentare nazionale del Movimento per le autonomie, e i deputati regionali Fausto Fagone, dell’Udc, e Giuseppe Cristaudo, del Pdl-Sicilia. L’inchiesta verte su presunti rapporti con esponenti di Cosa Nostra. Ai due giornalisti che hanno dato per primi la notizia, Francesco Viviano e Alessandra Ziniti, Repubblica Palermo, sono state notificate due informazioni di garanzia emessi dalla Procura di Catania che ipotizzano il reato di rivelazione di segreto istruttorio in concorso. A lungo si discute sull’opportunità di eventuali dimissioni. Il governatore che solo un anno prima, privo di una maggioranza all’Ars, aveva dichiarato” non esiste alcuna legge regionale che mi obblighi alle dimissioni, per togliermi da qui mi dovete sparare” (e in Sicilia non sono frasi che si dicono alla leggera) riconferma il leitmotiv aggiungendo «noi faremo i nomi dei mafiosi presenti in politica». L’annuncio si rivela un bluff, eccetto per le denunce già note sul sistema della gestione dei rifiuti nell’Isola, oggetto di un piano di rinnovamento condiviso e molto atteso anche dal Pd siciliano. L’inchiesta che coinvolge il Presidente della Regione Siciliana, ricalca per alcuni aspetti quella che vede ancora coinvolto l’ex presidente Totò Cuffaro, stesso capo di imputazione: concorso esterno in associazione mafiosa. Cambiano solo le famiglie coinvolte, questa volta sono i clan catanesi collegati ai Santapaola – secondo gli inquirenti – ad avere stretti rapporti, attraverso intermediari, con l’attuale Presidente durante la campagna elettorale per le regionali. Lombardo nega tutto. Già un anno fa però era stato il Corriere della Sera ad anticipare la notizia del “metodo lombardo” attraverso un articolo di Alfio Sciacca sul cosiddetto «Libro delle Clientele », un file denso di nomi e cognomi, di numeri e di voti, che raccontava di un sistema di scambio e prestiti, fra favori e voti, in uso mentre Lombardo era Presidente della Provincia di Catania. Quelle stesse notizie oggi tornano d’attualità e riportano alla luce quell’inchiesta articolata che non ha mai trovato smentite ufficiali.
Alfio Sciacca è un profondo conoscitore delle vicende etnee e firma di punta per la Sicilia sulle pagine del Corsera. «Per quegli articoli – dichiara Alfio Sciacca – ho ricevuto ben due volte, attraverso Tv nazionali e agenzie annunci di querele da parte dell’attuale Presidente della Regione, cui non è stato dato seguito. Quell’inchiesta – racconta Sciacca – rappresentò, con largo anticipo sulle vicende attuali, una sorta di radiografia dell’impero politico e clientelare che era in vigore a Catania, nel periodo della presidenza della provincia da parte di Lombardo. Il tutto con un dato davvero unico. Per la prima volta – commenta Sciacca – ci siamo trovati di fronte ad un fatto singolare: il ritrovamento su web di un file autentico (sul quale abbiamo fatto adeguate e approfondite verifiche) che conteneva tutta la rete di rapporti che sostenevano e entravano in contatto con l’allora Presidente della Provincia e il movimento de Mpa. Da infermieri che chiedevano di essere trasferiti di reparto, a studenti che ambivano ad un impiego sino a personaggi appartenenti a forze armate e istituzioni». Tutti si rivolgevano all’Mpa che come un santo benediva e collocava tutti dove desideravano. In cambio? un consenso elettorale che non si era mai visto per un partito cosi giovane come l’Mpa. “Più che un database – ricorda Sciacca – ci sembrò un “brogliaccio” un documento in fieri, che serviva per operare nell’ufficio in cui lavorava anche il fratello di Lombardo, Angelo, oggi coinvolto nell’inchiesta per le sue sospette frequentazioni con clan catanesi. Qualcuno, per leggerezza o sottile rivalsa, ha introdotto in un sistema in rete, quel documento che è diventato di pubblico dominio.
All’epoca e ancora oggi rimane, a mio avviso, un file di estremo interesse, non sotto il profilo penale, di cui eventualmente si occuperà la procura di Catania, ma per il suo valore politico e sociale. Noi era mai capitato di trovarsi di fronte ad uno spaccato del modo di operare e organizzare scientificamente la presenza politica sul territorio”. E’ risaputo, ricorda Sciacca, che questi documenti sono presenti in molti partiti e in molte agende della politica locale e nazionale, ma trovarsi di fronte ad un fatto concreto è insolito. “E’ stato lo stesso Lombardo – dichiara Sciacca – con i suoi proclami di rinnovamento, riforma e etica a chiamare in causa il suo passato. Potremmo dire: il passato lo insegue e l’ha raggiunto”. “Il Lombardo dell’ultimo anno – commenta Sciacca – ha messo al centro dell’azione di Governo parole chiavi che servono alla Sicilia più di ogni altra cosa. Ha denunciato con forza le illegalità del sistema dei rifiuti, ha violato il mandato elettorale che lo legava all’Udc e Pdl e ha ottenuto appoggio esterno dal Pd”. “Il plebiscito elettorale – commenta – è stato ottenuto con quel sistema paraclientelare. Io non metto in dubbio- dichiara il giornalista – che oggi Lombardo può essersi convertito ma se questo è un cambiamento politico ed etico, il Presidente lo dimostri ripresentandosi alle urne. Facendosi scegliere dagli elettori su questo programma, e non su quello che lo legava all’Udc e al Pdl.
Questo sistema paraclientelare che lo ha eletto non è coerente con i proclami e le intenzioni dell’attuale governo Lombardo, tanto più che è un sistema ancora vivo e operativo: a Catania, c’è ancora la fila davanti agli uffici di formazione professionale de Mpa, si ricorre ancora a questo partito per avere un trasferimento di lavoro o una prima occupazione”. Sciacca precisa infine “saluto con favore un’opera di rinnovamento purché vada di pari passo con una riforma c
ulturale anche dell’elettorato che è chiamato a scegliere i politici”. Il libro delle clientele infatti svela certamente una politica dei favori e dei diritti negati ma anche un elettorato pronto a votare chi per primo offre qualcosa in cambio.