Traffico di rifiuti tossici in Friuli Venezia Giulia
Roberto Giurastante presidente di Greenaction Transnational non usa mezzi termini nel denunciare il sistema che ha fatto diventare Trieste la provincia più inquinata d’Italia. Un sistema di connivenze e collusioni che ha avvelenato l’intera regione. Le denunce fatte, nel silenzio dell’informazione, hanno esposto l’attivista che la scorsa settimana ha ritrovato la testa mozzata di un capretto davanti la sua abitazione. Un messaggio chiaramente mafioso.
Lo scorso 6 aprile ha subito una minaccia in puro stile mafioso. Potrebbe parlarci di questa brutta vicenda?
E’ stata una sgradita sorpresa questa. Una caso che, diciamo così, mi ha lasciato perplesso, anche per la sottovalutazione che è stata fatta di questo gesto da parte delle istituzioni. Perché dal 6 aprile, da quando è capitato il fattaccio, non si è vista una grande solidarietà proveniente dalle istituzioni. Anzi ora non c’è praticamente nessun messaggio, il che non può che lasciare perplessi perché siamo di fronte a intimidazioni mafiose. Io ritengo che debba essere compatta la reazione della società civile, e naturalmente le istituzioni sono l’architrave della società civile.
Questa non è la prima volta che lei ha subito delle minacce, ma forse questa è la minaccia più cruenta che ha ricevuto..
Non è la prima volta che ho subito minacce, e non è la prima volta che il nostro gruppo di ambientalisti viene sottoposto a queste pressioni. Anzi possiamo dire che sono aggressioni, pressioni, intimidazioni che sono continuate nel tempo e che vanno avanti da molti anni. Più noi ci rifiutiamo di cedere e continuiamo nelle nostre giuste battaglie per la tutela dei diritti civili e della legalità, e più si intensificano manifestazioni intimidatorie. Certo questa però è quella con un messaggio sicuramente più cruento. Finora ho trovato comunque minacce di morte con biglietti, mail, scritte in luoghi pubblici, ma è la prima volta che trovo questo messaggio chiaramente mafioso davanti la porta di casa mia.
Con la sua associazione ha denunciato il traffico di rifiuti che investe Trieste e in generale il Friuli Venezia Giulia. Ce ne vuole parlare?
Si, ne parlo tranquillamente perché è proprio a seguito di queste nostre azioni che veniamo attaccati e aggrediti. Si tratta di un traffico di rifiuti che non avviene solo a livello locale, ma si è sviluppato nel corso degli anni con caratteristiche internazionali. E’ un sistema che riguarda lo smaltimento illecito di rifiuti ed altre azioni illecite a danno della collettività, che vedono purtroppo un forte coinvolgimento qui a Trieste degli apparati di governo. Questa è una cosa che noi abbiamo denunciato a più riprese. Il traffico di rifiuti ha portato ad un vero disastro ambientale che è pressoché sconosciuto in Italia, perché se ne parla poco, anzi non se ne parla. Siamo gli unici che abbiamo tirato fuori queste cose, e abbiamo svolto delle inchieste in profondità.
Un traffico di rifiuti che ha trasformato la piccola provincia di Trieste, la più piccola provincia italiana per intenderci, 212 chilometri quadrati, nel territorio più inquinato a livello nazionale. Inquinamento delle aree del territorio e inquinamento anche del Golfo di Trieste con discariche a mare. Discariche di rifiuti tossico-nocivi che provenivano non solo da queste terre, ma anche dal resto d’Italia, che hanno portato a delle situazioni di una gravità estrema. Situazioni che sono state nascoste dalle amministrazioni pubbliche e quindi dalle istituzioni.
Per quale motivo?
Adesso non si sa come affrontare questa emergenza. Trieste è uno dei siti inquinati nazionali, ufficialmente riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente, ma non si vogliono cercare le responsabilità di chi ha devastato questo territorio, i responsabili dell’inquinamento. Noi ci siamo impegnati anche per questo, perché è giusto che paghino i responsabili, e non è giusto che i cittadini, che hanno dovuto pagare pesantemente sulla loro pelle questa devastazione, debbano anche accollarsi i costi delle bonifiche. Bonifiche molto difficili. Parliamo di inquinamenti che coinvolgono il Carso, chi venisse a Trieste si troverebbe difronte a delle grotte con laghi di idrocarburi. Si troverebbe difronte a delle discariche come quelle della Valle delle Noghere, due chilometri di discarica con cinque metri di spessore. Sopra queste aree sono state realizzate strutture con insediamenti industriali, attività produttive. Sono delle situazioni che bisogna vedere, perché altrimenti è difficile immaginarle, però drammatiche e nascoste.
Quale interesse possono avere le amministrazioni locali a nascondere queste situazioni?
E’ molto semplice, e questo noi l’abbiamo anche messo in evidenza portando, naturalmente, documentazioni e prove. Dietro questo sistema c’era una larga intesa istituzionale. Le discariche sono state realizzate in accordo fra tutte le amministrazioni pubbliche, locali e nazionali. Venivano autorizzate discariche a mare, discariche nelle aree balneari, discariche dove venivano buttate, ad esempio, le pericolosissime ceneri degli inceneritori, e tutto questo in zone frequentate da bagnanti, lungo la costiera Barcolana, la costiera turistica principale di Trieste. Considerate che stiamo parlando solo delle discariche a mare. Zone di mare di oltre 20 chilometri di discarica fino al confine con la Slovenia. E’ una situazione drammatica, con le amministrazioni pubbliche che autorizzavano queste discariche, con i rappresentanti del governo che le autorizzavano. La Prefettura, la Regione Friuli Venezia Giulia, i ministeri erano a conoscenza della realizzazione di queste discariche.
Quindi lei sta parlando di discariche illegali rese legali da autorizzazioni amministrative?
Discariche illegali ma regolarmente autorizzate dallo Stato. Cosa possiamo dire, un’ecomafia di Stato. Questa è la situazione triestina che è un po’ diversa da quella di altre zone d’Italia, dove pure ci si trova difronte a situazioni estremamente critiche. Per spiegarmi ancora meglio, i rifiuti tossico – nocivi, parliamo di rifiuti che comprendono anche scorie radioattive, venivano trasportati sotto scorta dalle forze dell’ordine, quindi Guardia di Finanza, Polizia o Carabinieri, e scaricati nell’ambiente. Qui non c’era la camorra dietro, c’erano direttamente le forze dell’ordine che si occupavano della gestione e quindi dello smaltimento di questi rifiuti. Altrimenti non si sarebbe potuto inquinare, ad esempio il Carso in quella maniera. Non è che puoi prendere e trasportare fanghi industriali, liquami o idrocarburi come è capitato, e scaricarli direttamente nelle grotte. Anzi, creando addirittura nelle imboccature delle grotte il bocchettone su cui agganciare la manica di discarica della cisterna. Tutto autorizzato regolarmente dal Comune di Trieste, dalla Provincia di Trieste, dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Questo è il dramma per cui non si deve semplicemente scavare in questa porcheria, perché vengono fuori i nomi dei responsabili che portano alle istituzioni.
In seguito alle vostre denunce come si è comportata la magistratura?
Purtroppo ci sono stati degli interventi che non hanno portato risultati. Tutte le nostre denunce non hanno avuto seguito in quanto la maggior parte dei reati sono stati ritenuti prescritti. Stiamo parlando di una realtà che è un disastro ambientale, ma la magistratura non ha mai perseguito questo reato, il disastro ambientale, che non va in prescrizione. Si è semplicemente considerato che ogni singola discarica veniva trattata come cosa a sé stante, che non faceva parte di un sistema più ampio che collegava tu
te le discariche realizzate. Parliamo di un traffico di milioni e milioni di sostanze inquinanti. L’Autorità giudiziaria ha ritenuto che il reato ci stava nel momento in cui non veniva più scaricato il materiale inquinante, e alcune di queste discariche non sono più in funzione dalla metà degli anni ’80 o dagli inizi degli anni ’90, quindi il reato è prescritto al massimo dopo sette anni e mezzo. Questa è l’interpretazione che qui è stata data dall’Autorità giudiziaria di questo massiccio inquinamento. Quindi non c’era la possibilità per i magistrati di individuare nessun responsabile, perché i reati non erano più perseguibili.
Noi abbiamo sempre chiesto che venisse perseguito il reato di disastro ambientale, a quel punto si sarebbero potute portare avanti le indagini senza prescrizioni e sarebbe venuta a galla la verità. Peraltro la stessa Autorità giudiziaria negli anni più bui di questo massiccio inquinamento era informata di quanto stava avvenendo. Potete anche immaginarlo, non è che si realizzano enormi discariche costiere, scaricando ogni giorno centinaia di tonnellate di rifiuti, senza che nulla di tutto questo venga visto dalle forze dell’ordine o dall’autorità giudiziaria. Avveniva tutto alla luce del sole. Tutti vedevano, tutti sapevano, ma nessuno faceva nulla per bloccarlo.
La politica era “coinvolta” in questi traffici legalizzandoli, la magistratura non è stata in grado di intervenire, e l’informazione?
E’ stata debolissima. Su alcune di queste discariche non c’è stata nessuna informazione, tanto che venivano considerate addirittura discariche normali dove anche i cittadini potevano andare a portare i loro rifiuti. Non c’è stata una reale opposizione che poteva sorgere in base ad una corretta informazione. Quei pochi che già all’epoca avevano sollevato il problema, soprattutto delle discariche realizzate a mare e nelle zone balneabili, non hanno potuto fare niente e anzi hanno subito delle ritorsioni per essere intervenuti a tutela della collettività. All’informazione è stato messo il bavaglio, ma non è che la cosa sia poi migliorata nel corso degli anni. Ancora oggi ci troviamo con una informazione decisamente limitata su quello che è accaduto. Il passato è meglio non tirarlo fuori perché altrimenti emergono tutte le porcherie che sono state nascoste. Anche quello che si sta verificando adesso, perché il sistema dello smaltimento illecito dei rifiuti è continuato negli anni. L’ultima delle grandi discariche da noi denunciata risale al 2000, e anche in questo caso ci siamo trovati a vedere, da parte dei media locali, una diffusione di notizie addirittura contrarie alla verità. Per cui alla fine chi ha realizzato quella discarica, per semplificare, è stato quasi definito un eroe. Quelli che hanno denunciato questa discarica, cioè noi, sono stati quasi criminalizzati.
C’è qualcosa quindi che ovviamente non funziona. Abbiamo ottenuto risultati combattendo questo sistema di illegalità istituzionalizzata solo rivolgendoci alle istituzioni comunitarie. Denunce alla Commissione Europea che hanno portato a numerosi provvedimenti di infrazione, dall’inquinamento del Golfo di Trieste all’inquinamento della Valle delle Noghere, discariche costiere, terrapieno di Barcola, discariche nella Muggia. Abbiamo, insomma, ottenuto dei risultati solo però rivolgendoci alle istituzioni comunitarie. Forse per questo si spiega la reazione nei miei confronti, abbiamo rotto questo muro di omertà portando dei risultati che ovviamente sono negativi per il sistema responsabile di questo disastro ambientale.
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