Trieste: minacce di morte a Roberto Giurastante
La testa mozzata di un capretto è stata ritrovata davanti l’abitazione dell’ambientalista triestino Roberto Giurastante, presidente dell’associazione Greenaction Transnational. Per Giurastante, che da anni denuncia con la sua associazione il traffico di rifiuti illeciti pericolosi a Trieste, non è la prima intimidazione. Quella della scorsa settimana, tuttavia, indica che si sta alzando il tiro contro gli ambientalisti triestini. La dinamica, infatti, è quella tipica della criminalità organizzata. Le minacce, denuncia Greenaction Transnational, sono «spesso e stranamente sottovalutate dagli organi inquirenti, che tracciano un quadro estremamente preoccupante su questo nordest italiano, terra di confine dove all’ombra delle coperture istituzionali si sono potuti svolgere traffici illeciti di ogni genere».
Le documentate e ripetute denunce di traffici di rifiuti tossici hanno esposto l’associazione ambientalista. Nel 2005 una nota dell’associazione Amici della Terra, di cui Giurastante faceva parte, riportava che l’azione di contrasto alle ecomafie, portata avanti dagli ambientalisti in Friuli Venezia Giulia, avrebbe potuto determinare «incrementi di rischio per le persone più esposte per essersi direttamente occupate di tali questioni in veste di esponenti o collaboratori dell’associazione». Tra questi risultavano: Alessandro Claut, Fabio Longo, Paolo G. Parovel e Roberto Giurastante. Minacce ed intimidazioni che non tardarono ad arrivare. Il sito internet messo fuori uso, pressioni di varia natura, scritte apparse sui muri e diretti contro Giurastante. Le denunce fatte all’autorità giudiziarie, tra l’altro, non hanno avuto un seguito. Archiviate perchè la cerchia dei potenziali autori sarebbe stata molto ampia a causa delle inimicizie che Giurastante, con le sue iniziative, si sarebbe attirato.
Dopo l’ultima minaccia è calato il silenzio sull’intera vicenda. Silenzi politici e istituzionali, affermano da Greenaction, silenzi che «favoriscono di fatto questo genere di intimidazioni ed i loro autori, e segnalano anche nell’estremo nordest climi quantomeno preoccupanti verso esponenti “troppo” attivi della società civile».
Una situazione da non sottovalutare nel paese in cui le ecomafie sono uno tra i business più allettanti per le mafie nostrane. Grandi guadagni e rischi minimi, capacità di operare anche in quelle realtà dove le mafie “non esistono”. Solo ufficialmente, perché minacce del genere sono di natura chiaramente mafiosa, e le istituzioni dovrebbero tutelare chi, come le associazioni ambientaliste, portano avanti un’azione di denuncia e di tutela del territorio, non solo ambientale ma anche morale.
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