Pacchetto sicurezza e diritto d’asilo
Si può ancora parlare di accoglienza nel nostro paese? L’Italia rispetta la normativa internazionale sul diritto d’asilo ai rifugiati? Leggendo il rapporto realizzato dal Centro Astalli, sede italiana del Jesuit Refugee Service, la risposta è allarmante. Le scelte governative in materia di sicurezza hanno indebolito sensibilmente le politiche di accoglienza e di integrazione. I respingimenti dei migranti forzati, definiti clandestini, in seguito all’accordo siglato con la Libia del colonnello Gheddafi, hanno ridotto sensibilmente il flusso di migranti nel nostro paese, ma hanno, contestualmente, eroso la credibilità dell’Italia e la legalità internazionale. La maggior parte dei migranti respinti, infatti, hanno tutte le credenziali per richiedere asilo politico nel nostro paese. Respingerli in Libia non significa altro che affidarli ad un regime dittatoriale che non pratica il rispetto dei diritti umani. I migranti vengono arrestati e condotti in prigioni dell’orrore nel deserto dove sono trattati in modo disumano. Molti muoiono durante il tragitto dalla coste libiche alle prigioni – lager. I sopravvissuti vengono per lo più rivenduti come schiavi dagli stessi poliziotti libici alle organizzazioni criminali che gestiscono la tratta degli esseri umani. Una soluzione, quella individuata dal governo Berlusconi, in aperta violazione degli accordi internazionali siglati dall’Italia e della morale, per “pacificare” le città italiane invase dalle delinquenza dei “clandestini”.
«I respingimenti in Libia – scrive padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli – non fanno più notizia: sono una prassi abituale, una procedura come un’altra, che ormai viene espletata a buona distanza dalle nostre acque territoriali, il più delle volte senza il coinvolgimento diretto delle nostre navi». Una questione grave che spinge La Manna a «chiedere che venga garantita nuovamente la possibilità di chiedere protezione in Italia per chi arriva via mare, in accordo con quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra e dalla nostra Costituzione».
L’effetto diretto dei respingimenti in Libia è stato la diminuzione dei richiedenti asilo. In calo, segnala il Centro Astalli, gli arrivi dalla Somalia e dal Corno d’Africa in generale, oltre che dal Pakistan e dell’Afghanistan. Costante, invece, il numero dei migranti provenienti dalla Nigeria e dal Ghana, le regioni dell’Africa dove i “mercanti di uomini” gestiscono la fruttuosa tratta. La sede del Centro Astalli a Roma è spesso il primo punto di contatto e di informazione su cui i migranti possono contare, ma è anche il termometro che consente di verificare l’effettiva possibilità di integrazione consentita nel nostro paese. La mensa del centro, ad esempio, lo scorso hanno ha distribuito più di 77 mila pasti caldi ad oltre 16 mila utenti. L’età media dei migranti che frequentano il centro è compresa tra i 21 ed i 30 anni, pari al 67% del totale, la maggioranza del quale uomini. «La sensazione – si legge nel rapporto – è che sia aumentata anche la precarietà e la fragilità di chi arriva: il periodo medio durante il quale ogni utente frequenta la mensa si è allungato sensibilmente, superando in molti casi i 6 mesi solitamente previsti». Le donne, anche se in minoranza, sono le più vulnerabili. Durante il tragitto per l’Italia, infatti, hanno maggiormente subito la crudeltà dei “mercanti di uomini”, utilizzate come oggetti sessuali e ripetutamente umiliate. Per aiutarle a superare il trauma delle violenze subite, il Centro Astalli ha previsto un centro di accoglienza per le donne rifugiate. Anche in questo caso nell’ultimo anno la permanenza al centro si è allungata: «la procedura per il riconoscimento dello status è più lenta, ma soprattutto molti fattori ostacolano, in particolare per una donna sola, il percorso di integrazione: problemi di salute, fragilità psicologiche, difficoltà a trovare lavoro e alloggio».
Il riconoscimento dello status di rifugiato, tuttavia, non risolve i problemi dei migranti. «Un buon numero dei lavoratori stagionali di Rosarno – sottolinea padre La Manna – aveva in tasca un permesso di soggiorno per asilo politico». «Solitamente si pone l’accento solo sul dovere dello straniero di integrarsi» aggiunge La Manna, non considerando che il processo di integrazione è un percorso che deve essere condiviso da chi arriva e da chi dovrebbe accogliere. Un invito al mondo della politica affinchè intervenga a tutela dei migranti, riconoscendo loro uguali diritti ed opportunità, riformando quelle norme che sanzionano gli sfruttati, gli ultimi, criminalizzandoli.
Un invito, nel paese della memoria corta, a riconoscere ai migranti il coraggio dimostrato, a Castel Volturno come a Rosarno, nel ribellarsi con fierezza all’oppressione mafiosa. Quel coraggio e quella dignità che, purtroppo, manca ancora a molti italiani.
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