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Gioventù bruciata

Di Giovanni Marino (da Repubblica.it / Napoli) il . Campania

Un giorno di non molti anni fa il prefetto Renato Profili, scomparso di recente, disse di getto in una intervista che, a suo parere, la situazione criminalità era difficilmente recuperabile. Il rappresentante del governo a Napoli parlava in margine all’ennesimo episodio delinquenziale che aveva turbato (non molto in verità) la città e sconcertato (abbastanza) l’opinione pubblica nazionale. Profili aggiunse: “A Napoli intere generazioni sono perdute alla legalità”.
Frase forte in assoluto, che suscitò dibattiti e qualche (molto sociologica e poco realistica) indignazione. 
Ma frase terribilmente vera e drammaticamente attualissima.

E’ dai piccoli episodi, più che dalle macro vicende, che si coglie il tessuto sociale di una metropoli. Quanto accaduto in questi giorni a Capodimonte è uno specchio della realtà e conferma, purtroppo, la cupa profezia di Profili.

Nella quiete del bosco di Capodimonte 4 ragazzini, il più piccolo di 9 anni, il più grande di 17, hanno dedicato la loro giornata ad assaltare coetanei per depredarli del cellulare. Il tutto, agendo con modalità da sicari adulti della camorra: coltello piazzato di taglio alla gola di una piccola vittima, pistola a gas e pallini di gomma puntati sul volto del malcapitato. 
Non un gioco da “Arancia meccanica”, si sono affrettati a spiegare gli investigatori, ma un vero e proprio raid delinquenziale per ottenere il bottino: i telefonini e poterli rivendere ai ricettatori per un pugno di euro.
Ma è il dopo che lascia intendere come la mentalità della camorra sia ormai radicata in molte, troppe, giovani teste, forse davvero perdute per sempre.

Individuati dalla polizia a cavallo, gli autori del crimine si erano già disfatti della refurtiva e non hanno fatto una piega. Gelidi e “professionali” hanno scaricato ogni colpa sul più piccolo che, dal canto suo, nulla ha obiettato. Hanno dunque usato il calcolo, una fredda strategia giudiziaria: accusiamo il “bambino”, assolutamente non imputabile: nessuno passerà un “guaio”, ci terremo il bottino e avanti col prossimo colpo. Tutti ancora liberi di colpire.
Pentimento e rimorso non abitano in quei ragazzini. La polizia, sconsolata, ne ha spedito uno ai Colli Aminei (il diciassettenne) e ha riaffidato gli altri tre (bimbo compreso) ai genitori che, tra l’altro, non risultano neppure pregiudicati. Ma poco importa: la sottocultura del male ormai è troppo diffusa e sedimentata a Napoli e nel suo sconfinato hinterland e, bisogna ammetterlo, il prefetto Profili non si sbagliava. Ad essere ottimisti quella frase potrebbe essere “corretta” in questo modo: non tutti, tra i più giovani, sono più recuperabili; alcuni, nonostante la giovane età, sono già persi alla legalità.

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