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Primo anno di dopoterremoto: “Le mani sull’Abruzzo interno”

Di Angelo Venti (da site.it) il . Abruzzo



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Le risate degli sciacalli della
“cricca”, intercettate dalla Procura di Firenze, danno la misura
della sorte che attende l’ormai ex “Isola felice”. Criminalità
organizzata e comitati di affari all’assalto di una regione che
aveva già dimostrato di essere impreparata a fronteggiare tali
fenomeni: ad attirarli è il piatto ricco della ricostruzione, a
spianargli la strada è il modello di intervento scelto dal
Dipartimento di protezione civile.

Ad un anno dal sisma, per
comprendere cosa è successo e cosa succederà, è utile ricordare le
tappe principali. All’alba del 6 aprile, la strategia di Bertolaso
è stata quella di esautorare gli enti locali dei loro poteri,
disarticolare le forze dell’ordine nel loro funzionamento,
militarizzare il territorio. Contemporaneamente, metà degli abitanti
sono stati trasferiti sulla costa e gli altri, per sette lunghi mesi,
tenuti chiusi nelle tendopoli e sottoposti a controlli e divieti,
come quelli di assemblee o volantinaggi. Così, in un territorio
spopolato e con le comunità distrutte e disperse, tutta la prima
emergenza è stata gestita come uno dei tanti Grandi eventi, con il
suo corollario di sperperi e favori. Emblematico, sul modello del G8
alla Maddalena, è l’appalto dei bagni chimici nelle tendopoli.
Sono 3.500 quelli noleggiati, al prezzo di 80 euro al giorno: secondo
le indagini ne risulterebbero circa 1.600 in più del necessario,
quasi 4 milioni di euro al mese sprecati. E resta da chiarire anche
il ruolo di diverse ditte campane, già impegnate nell’affare
rifiuti e arrivate a L’Aquila – chiamate dalla protezione civile –
all’alba del 6 aprile.

Ma accadono altri episodi ben più
inquietanti. A poche ore dall’annuncio della Procura di inchieste
per crolli sospetti, Il giorno di Pasqua e Pasquetta decine di camion
e ruspe trasportano a Piazza d’Armi proprio quelle macerie per
triturarle in due enormi macchine tritasassi: centinaia di metri cubi
di detriti – e di prove – vengono così fatti sparire. Subito dopo la
Dna crea un pool antimafia per l’emergenza Abruzzo. Ed è in questo
scenario che parte il Progetto CASE: con la promessa “Dalle tende
alle case entro settembre“, si avvia la costruzione di 4.700 nuovi
alloggi. Grazie al potere di ordinanza e di deroga, il Dipartimento
aggira le leggi ordinarie, non solo urbanistiche e ambientali, ma
anche quelle su appalti e subappalti: con il pretesto dell’emergenza,
Bertolaso gestisce così altre centinaia di milioni di euro senza
controlli, nemmeno della Corte dei conti.
Quello degli scarsi
controlli è uno dei nervi scoperti e chiama in causa le
responsabilità del governo. Ad aprile il Decreto Abruzzo disponeva
«permeanti controlli antimafia sui contratti pubblici e sui
successivi subappalti e subcontratti», da effettuarsi a partire
dalle Linee guida indicate dal «Comitato di coordinamento per l’alta
sorveglianza delle grandi opere» e che per garantire l’efficacia
dei controlli antimafia è prevista la «Tracciabilità dei relativi
flussi finanziari». Il decreto prevedeva pure l’obbligo di
istituire la «White list», una lista delle imprese “oneste” cui
rivolgersi per il conferimento di subappalti; la costituzione della
Sezione specializzata «per la prevenzione e la repressione dei
tentativi di infiltrazione mafiosa», e del Giger (Gruppo interforze
centrale per l’emergenza e ricostruzione).

Questo ad aprile 2009. Otto mesi dopo,
quando il lavori del Progetto CASE dovevano essere già ultimati, del
decreto sulla «Tracciabilità dei flussi finanziari» non vi è
traccia, mentre il decreto che stabilisce composizioni e compiti
della “Sezione specializzata” e del “Gicer” è stato emanato
solo il 3 settembre e fino a metà ottobre risultava ancora giacente
presso la Corte dei conti. E’ il Prefetto a fornire un’altra data
certa: la prima riunione della «Sezione specializzata» si è tenuta
solo l’11 novembre. Di fatto si ammette si ammette che nell’intera
fase del soccorso e della ricostruzione leggera si sono spesi oltre
un miliardo di euro senza attivare strumenti essenziali di controllo
e contrasto previsti sin da aprile. Non è un caso che ad oggi le
imprese escluse da appalti e subappalti siano pochissime. Eppure non
sono mancati casi sospetti, come quello dell’Impresa Di Marco,
impegnata nel movimento terra nel cantiere di Bazzano. Il titolare
risultava socio anche nella Marsica plastica srl insieme a elementi
riconducibili alla criminalità organizzata siciliana e ad uno degli
arrestati a Tagliacozzo nella Operazione Alba d’oro, definita dagli
stessi inquirenti, tre settimane prima del terremoto, come «il primo
caso conclamato di presenza mafiosa in Abruzzo». Appresa dai
giornali la notizia il prefetto convocò una irrituale conferenza
stampa in cui difese la ditta, salvo poi vedersi costretto, 70 giorni
dopo, a ritirargli il certificato antimafia.
Ma è successo anche
di peggio. A luglio, le forze di polizia arrestano un latitante
all’interno di uno stabilimento di una grande azienda locale
aggiudicataria di un cospicuo appalto e accertano che il latitante
lavora per un’altra impresa subappaltatrice priva di
autorizzazione. Vengono allora disposti accessi in due dei circa
cento cantieri aperti e si individuano 132 ditte sospettate del reato
di subappalto non autorizzato. A metà novembre, il Dipartimento
inserisce nell’ordinanza 3820 un semplice comma che di fatto
cancella tale reato: così le forze dell’ordine si vedono sottrarre
tra le mani le prove già raccolte.

Per i subappalti senza gara un caso
indicativo è quello del’on. Filippo Piccone, coordinatore del Pdl
abruzzese, che ha appena fatto eleggere a Presidente della provincia
il suo pupillo. Con una sua ditta, la Korus, si è aggiudicato in Ati
con altre due aziende almeno tre forniture e messa in opera di
infissi in alluminio per quasi due milioni di euro. Solo per una di
esse la Protezione civile indica il 25 settembre come data di firma
del contratto: eppure la mattina del 26 settembre gli infissi
dell’onorevole Piccone venivano già scaricati nel cantiere di
Bazzano, dal tir dell’azienda di suo padre Ermanno. Quest’ultimo,
risulta socio anche della Rivalutazione Trara srl, insieme
all’onorevole pdl Sabatino Aracu e Dante Di Marco, lo stesso a cui
è stato ritirato il certificato antimafia per il movimento terra
proprio nel cantiere di Bazzano.
Sarebbero oltre 300 le imprese
siciliane, calabresi, pugliesi, napoletane e abruzzesi da
“accertare”, comprese diverse con sede al nord ma intestate a
figli o a nipoti di mafiosi o camorristi di seconda e terza
generazione.

A dare la misura dei rischi è Olga
Capasso, Pm della Direzione nazionale antimafia: “Non ci sono solo
i Casalesi ma anche mafia e ‘ndrangheta“, ha confermato il 25
gennaio – Quello dell’Aquila è uno dei nodi più grossi a livello
nazionale“. Per la Capasso occorrono più forze dell’ordine e più
sostituti: “Il quadro è già allarmante con l’emergenza,
figuriamoci con la ricostruzione durante la quale oltretutto gli
appalti sono dati ai comuni e dal momento che in Abruzzo la
corruzione è endemica, c’é anche questo pericolo“. La Pm
denuncia le condizioni degli uffici ospitati presso il tribunale dei
minori: “è saltata la corrente elettrica, poi è tornata, ma nel
frattempo sono andati fuori uso i pc“.

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