Sigilli ai patrimoni dei clan
‘Dirty investments’ atto secondo. Dopo il maxi sequestro di beni per un valore di circa 35 milioni di euro eseguito nell’ottobre dello scorso anno dagli uomini della squadra Mobile nei confronti degli affiliati alle cosche Megna e Russelli di Papanice coinvolti nell’operazione antimafia ‘Perseus’, la scure della giustizia si è abbattuta su altri patrimoni, stimati complessivamente in circa 8 milioni di euro, che sarebbero stati accumulati grazie ai traffici illeciti dei clan.
La seconda parte dell’operazione ‘Dirty investments’ è scattata all’alba di venerdì scorso, quando gli agenti della squadra Mobile della Questura, coordinati personalmente dal dirigente Angelo Morabito e dal vice Cataldo Pignataro, hanno apposto i sigilli ai beni di Vito Mazzei, 34 anni, di Papanice, e di Roberto Bartolotta, 46 anni, di Crotone, il primo ritenuto affiliato alla cosca Megna e il secondo al clan capeggiato da Leo Russelli. Per quanto riguarda Mazzei la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Crotone (Sessa presidente, Favale e Carè giudici) ha ordinato direttamente la confisca dei beni per i quali era già stato richiesto il sequestro nell’ottobre dello scorso anno. Si tratta, in particolare, dell’esercizio commerciale “Pelletteria abbigliamento da Mardok 2 di Elia Francesca”, ubicato nella frazione Papanice; di un terreno e di una villa a due piani fuori terra oltre seminterrato, in corso di costruzione in località Granato a Cutro.
Vito Mazzei è stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro nel novembre 2008 e successivamente tramutato in ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’operazione ‘Perseus’ condotta dalla squadra Mobile di Crotone contro i clan di Papanice con le accuse di associazione mafiosa, detenzione illegale di armi da fuoco, estorsione ed altro. Il 10 marzo scorso, al termine del processo celebrato davanti al giudice distrettuale dell’udienza preliminare con il rito abbreviato, Mazzei è stato condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione. L’uomo, inoltre, è stato sottoposto alla misura della sorveglianza speciale per la durata di 1 anno e 6 mesi.
Dagli atti del procedimento ‘Perseus’ ed in particolare dalle conversazioni intercettate e dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Domenico Bumbaca, Luigi Bonaventura, Vincenzo Marino, Angelo Salvatore Cortese, “emerge pienamente il ruolo di uomo d’azione della cosca e partecipe di azioni delittuose con l’uso di armi, nonché la sua partecipazione assidua alla vita associativa ed alle riunioni per la ripartizione degli utili”. Mazzei appare “figura rappresentativa del sodalizio, ha partecipato ad alcuni incontri realizzati al fine di risolvere gli attriti interni alla consorteria, riconducibili al dissapore di Megna Luca nei confronti di Russelli Pantaleone che stava intensificando i rapporti con la famiglia Grande Aracri di Cutro. In particolare viene indicato come uno dei soggetti che ha partecipato a due assalti a furgoni portavalori avvenuti tra il 2004 e il 2005, e come persona attiva nello spaccio di stupefacenti”. Dopo la morte di Luca Megna, Mazzei avrebbe tenuto le fila dell’organizzazione.
Nei confronti di Roberto Bartolotta, invece, il Tribunale ha ordinato il sequestro di un distributore di carburanti ubicato in corso Messina a Crotone; due magazzini, rispettivamente di 10 e 18 metri quadrati, nella lottizzazione Santa Maria delle Grazie; un immobile di 40 metri quadrati nella lottizzazione Samà; un appartamento di 6,5 vani e un immobile di 24 metri quadrati in località San Giorgio a Crotone; un immobile di 164 metri quadrati e un terreno di 20 are in località San Leonardo a Crotone; conti correnti bancari. “La soggettività criminale mafiosa di Bartolotta e la sua pericolosità – affermano i giudici – risultano dal provvedimento del Tribunale di Crotone che il 21 gennaio scorso lo ha sottoposto alla sorveglianza speciale per la durata di due anni; da tale decreto emerge che Bartolotta è uno dei sodali che gode piena fiducia del boss Pantaleone Russelli (con il quale ha anche legami di parentela) essendo stato il primo ad essere informato della scarcerazione del Russelli; inoltre, quale esponente di rilievo della cosca mafiosa, ricopre ruoli di particolare responsabilità quali la gestione delle ingenti somme di denaro provento delle diverse attività illecite del sodalizio, nonché il controllo e la supervisione delle agenzie per scommesse sportive finanziate dal Russelli; dagli atti è emersa altresì da un lato la partecipazione del Bartolotta a varie attività estorsive, dall’altro lato che il medesimo si era approvvigionato di armi dallo stesso fornitore che aveva procurato alla cosca la partita di armi ritirata da Aracri Rocco e le occultava in due box presso il proprio ufficio.
Gli elementi di cui sopra consentono di ritenere sicuramente che Bartolotta Roberto rivesta un ruolo preminente di spicco nella consorteria mafiosa dei Papaniciari, svolgendo in particolare il ruolo di fiduciario del capo cosca”. Anche Bartolotta, al termine del processo con il rito abbreviato contro i principali esponenti dei clan di Papanice, il 10 marzo scorso è stato condannato dal gup distrettuale a 8 anni di reclusione. Nel sottolineare la grande attenzione riservata dalle forze di polizia e dall’autorità giudiziaria alla lotta contro i beni accumuluti dalla criminalità organizzata, il questore di Crotone Giuseppe Gammino, nel corso di una conferenza stampa, ha affermato che i provvedimenti emessi dal Tribunale confermano pienamente le risultanze investigative nei confronti di due soggetti ritenuti elementi di spicco delle cosche locali”; così come era già avvenuto nell’ottobre del 2009, quando è scattata la prima fase dell’operazione ‘Dirty investments’ che ha portato al sequestro di beni per 35 milioni di euro. In quella occasione il Tribunale ritenne di effettuare ulteriori accertamenti sulla richiesta di sequestro avanzata dallo stesso Questore nei confronti di Mazzei e Bartolotta, all’esito dei quali ha deciso di adottare i provvedimenti eseguiti venerdì.
Il vice dirigente della squadra Mobile di Crotone Cataldo Pignataro ha evidenziato che “ad appena due anni dall’inizio della faida di Papanice, la risposta giudiziaria è stata immediata, prima con gli arresti già sfociati in numerose condanne, poi con l’aggressione ai patrimoni”. Pignataro ha ricordato che all’interno della squadra Mobile è stato costituito un apposito gruppo investigativo del quale fa parte anche personale del Servizio centrale operativo e della Divisione anticrimine che si è occupato prevalentemente di individuare i patrimoni delle cosche per arrivare alla loro confisca. Il pool ha fatto le pulci alla situazione patrimoniale di ognuno degli affiliati al clan Russelli, ha individuato gli artifici per intestare fittiziamente i beni o per reinvestire i capitali in attività economiche pulite e lucrose. Soprattutto edilizia, come nel caso dell’imprenditore Antonio Campisi, ma anche pompe funebri. Perno dell’indagine, nella quale è stata travasata l’esperienza ch
e aveva già portato al sequestro dei beni della cosca Vrenna-Corigliano-Bonaventura è stato il boss Leo Russelli che anche in questo caso ha dimostrato la sua scaltrezza criminale.
e aveva già portato al sequestro dei beni della cosca Vrenna-Corigliano-Bonaventura è stato il boss Leo Russelli che anche in questo caso ha dimostrato la sua scaltrezza criminale.
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