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Mafie o speranze: due Italie che si sfidano

Di Claudio Fava* il . L'analisi

Non servirà solo a sapere come finirà, quante regioni a noi e quante regioni a loro: il voto del 28 e 29 marzo  servirà a mettere questo Paese davanti allo specchio per capire quanto sia affezionato all’immagine un po’ logora, un po’ trasandata che gli restituisce la cronaca di questi giorni.

Un’immagine sdoppiata, come se dentro lo stesso grembo stessero crescendo due Italie diverse. C’è quella di Milano, di sabato 20, una giornata di memorie e di responsabilità, il repertorio dei morti di mafia ricordato e raccontato per continuare a vigilare sul presente, su una nazione in cui le cosche e le mafie continuano ad essere una presenza avida, un chiodo conficcato sui pensieri e le vite di milioni di italiani. E poi c’è l’Italia napoletana, della manifestazione del PdL, che dà il benvenuto al capo del governo e alla sua compagnia di giro affidandosi a un maestro di cerimonia d’eccezione come Nicola Cosentino, un notabile della politica locale che i magistrati vorrebbero in galera per l’amicizia con i camorristi, e che i parlamentari vogliono al suo posto nel governo del paese.

Cosa vedremo quando ci guarderemo allo specchio domenica e lunedi? La piazza di Milano o gli amici napoletani? Conteremo solo voti, consiglieri e governatori o proveremo a scommettere su un’idea della politica che si riprenda tutte le parole che le sono state rapinate? Clandestini, ci dice la corte di Cassazione, sono i figli italiani dei marocchini col permesso di soggiorno scaduto; clandestini, diciamo noi, sono i mafiosi che abitano le istituzioni. Si esce dalla crisi, dice questo governo, regalando all’impresa italiana più arbitrio sulla sorte (e sul licenziamento) dei lavoratori; si esce dalla crisi, diciamo noi, pretendendo che la più grande impresa italiana si impegni a non raddoppiare la produzione licenziando cinquemila operai.

Potremmo continuare. Invece ci fermiamo qui, ai primi titoli delle cose che ci aspettano. E che ci riguardano tutti, a sinistra. Non so come la pensiate voi sulle elezioni francesi: a me piace soprattutto quella foto che racconta la vittoria della gauche con l’immagine di tre donne sorridenti, allegre, risolte. Sono le segretarie dei tre partiti della coalizione. Al di là delle cose condivise, in quel modo pudico e rispettoso di stare insieme, e di stare bene insieme, senza ospiti né padroni di casa, c’è molto da imparare per il centrosinistra italiano.

*Fonte: Il Manifesto

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