Il giorno più bello. Quando Milàn l’è un gran Milàn
E’ andata benissimo, meravigliosamente, amici che non avete potuto esserci. Di più non si poteva sperare. Che la Lombardia e Milano avrebbero risposto, non ho mai avuto dubbi. Sin da quella mattina d’autunno che a Roma don Luigi mi chiese a bruciapelo, mentre arrivavo in ritardo all’ufficio di presidenza di Libera, se pensavo che si potesse scegliere Milano come sede della XVgiornata della memoria e dell’impegno. Magnifico, risposi. Perché avrebbe avuto il sapore di una sfida ed ero certo che la sfida sarebbe stata raccolta. Così è stato. Treni e pullman sono stati tanti: ma potevano portare da fuori non più di trentamila persone. Il resto lo ha dato la regione del berlusconismo fatto ideologia. Che sa anche essere generosa, che sa di non essere difesa (politicamente) da nessuno di fronte all’avanzata della ‘Ndrangheta. Il lavoro nelle scuole ha dato i suoi frutti (bravo Lorenzo, soprattutto). Ha pagato la scommessa di non puntare sui grandi numeri e di fare assemblee solo con classi motivate. E poi si sono i visti i frutti della nuova presenza in università. E siccome tanti giovani così non si vedono più, ma proprio più, alle manifestazioni, qualcuno è caduto nell’errore di pensare che ci fossero solo loro. No, c’era anche gente adulta. Dal palco me la sono osservata più volte, piazza Duomo. Erano decenni che non la vedevo così stipata (proprio vero: gli antimafiosi pullulano). Mai, comunque, l’avevo vista così attenta. Anche chi era più lontano, sotto i portoni del Duomo, teneva costantemente la faccia verso ilmaxischermo e applaudiva nei momenti più intensi. Giusta la scelta di recitare l’elenco delle vittime non durante tutto il percorso ma una volta sola, alla fine, con la giusta solennità, come in un sacro rito laico. Devo dire che l’applauso finale a quell’elenco, così lungo, così commosso e solidale, non l’avevo sentito né a Napoli né a Bari. Uno scroscio da brivido. Sono stato colpito dalla qualità dell’ascolto, oltre che dai numeri. E infatti non c’erano i bambini, come in altre occasioni. Perché è bello vederli, i pargoli antimafiosi, ma devo dire che la loro presenza mi suscita sempre qualche interrogativo. Mi spiace solo che il camminare in testa con i familiari (quanti, quale dignità mai raccontabile, quanti nipoti, ormai…) non mi abbia permesso di respirare la gioia del corteo, che mi dicono contagiosa, da epifania. E alla fine, nel pomeriggio, anche i tredici seminari pieni zeppi, dove in alcuni non si poteva nemmeno entrare. Che vi devo dire…E’ bello lavorare per questi risultati, per questi valori, “per” e “con” queste persone. Vedere succedersi su uno stesso palco la moglie di Caponnetto e quella di Ambrosoli, il figlio di due desaparecidos e quello della Politkovskaja…Di altro, in questo post, non voglio parlare. Rimanga integralmente dedicato a un sabato, a una vigilia di primavera che più bella non poteva essere. Poi, tra qualche ora, tornerò su questi schermi. La grande corsa (e fatica) è finita, vi potrò dedicare qualche riga in più.
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