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«Diciassette anni di depistaggi»

Di Claudia Fusani (L'Unità) il . Basilicata

«Diciassette anni di depistaggi. E
oggi, ancora, ognuno continua a raccontare cose diverse E a dare
coperture a uno scandalo imbarazzante dove sono coinvolte varie
persone che molto probabilmente ancora vivono da queste parti.
Nonostante il ritrovamento del cadavere, questa storia è ancora un
giallo». Don Marcello Cozzi è il coordinatore di Libera a Potenza e
al mistero di Elisa Claps ha dedicato alcuni capitoli del suo libro
“Quando la mafia non esiste – Malaffare e affari della mala in
Basilicata”. È arrivato a Potenza tre anni dopo la scomparsa della
ragazza. Da allora non ha mai smesso di indagare sul caso mescolando
la tenacia di padre Brown con l’intuizione di un commissario
Montalbano.

Don Marcello, dopo 17 anni di silenzi,
colpi di scena uno dietro l’altro. Martedì 16 il ritrovamento del
corpo mummificato di Elisa nel sottotetto della chiesa della
Santissima Trinità…

«…nel luogo dove da subito fu detto
che doveva essere cercato».

Perché lì?

«Perché l’ultima volta fu vista
entrare nella chiesa la mattina di domenica 12 settembre 1993. Aveva
sedici anni. Era stata promossa agli esami di riparazione e un suo
amico, Danilo Restivo, poco più che ventenne, voleva farle un regalo
e le dette appuntamento in chiesa».

(Danilo Restivo ha oggi 38 anni, vive
in Inghilterra vicino a Londra. È stato condannato per false
dichiarazioni per il caso Claps. Nel novembre 2002 viene fermato, e
subito rilasciato, da Scotland Yard per l’omicidio della sarta vicina
di casa. Restivo è figlio di un notabile di Potenza. A Potenza lo
chiamavano “il parrucchiere” perché aveva il vizio di tagliare
ciocche di capelli alle ragazze sugli autobus
).

Don Marcello, diciassette anni di
depistaggi. Perché?

«L’ispettore di polizia Grimaldi nel
giugno 1994 scrisse il primo e finale rapporto sulla scomparsa di
Elisa. Parlò già allora di omicidio, movente era di tipo sessuale,
e indicò le responsabilità di un gruppo di persone».

In questi anni di ricerche, in cui
ha raccolto anche molte confidenze di amici e conoscenti di Elisa,
che idea s’è fatto?

«Di un tentativo di violenza a cui la
ragazza ha reagito e che ha provocato un raptus in chi ha tentato di
aggredirla. La ragazza muore e tu che ne sei responsabile e
appartieni a una famiglia in vista, chiedi aiuto per farti coprire».

Il corpo di Elisa poteva essere
trascinato nel sottotetto da una persona sola?


«Impossibile. Il 12 settembre era
domenica, via vai di gente in chiesa, Elisa e Danilo vengono visti
entrare intorno alle 11 e 30 dalla porta sul retro della chiesa che
s’affaccia sul corso principale di Potenza. Danilo si fa medicare la
mano intorno alle 13 e 45 in ospedale a Potenza per una caduta. Al
sottotetto si arriva passando dalla sacrestia, dall’appartamento del
sacerdote, occorre salire fino al terzo piano, andare in terrazza e
da lì nel sottotetto. Percorso lungo e stretto. Impossibile
trascinare un corpo fin lassù da soli».

Un sottotetto anche se murato non è il
posto migliore per far sparire un cadavere.

«Magari questo è stato detto
all’omicida per tranquillizzarlo Ecco perché parlo di più complici
e più responsabilità. Come quelle di chi nei primi anni ha
provveduto a dire che Elisa era finita in Algeria, in Albania, in
Brasile, una fuga d’amore, era incinta, ostaggio della tratta delle
bianche».

Don Mimì è stato il parroco di quella
chiesa per trent’anni. Quel 12 settembre disse messa alle 12.30 poi
partì per le terme. È morto l’anno scorso. Con quali segreti?

«Era un sacerdote molto all’antica,
difficile parlare con lui. Certo il cadavere è stato nella sua
chiesa per 17 anni».

Di nuovo oggi, due sacerdoti sembrano
avere un comportamento omertoso.

«L’ho detto: verità e sconti per
nessuno».

Don Marcello, da gennaio, reale
scoperta del cadavere, ha raccolto qualche segreto?

«Si, li ho detti alla polizia. E sono
coperti dal segreto».

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