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Camorra: 11 arresti e sequestri da 500 mln ai Mallardo

Fonte: Ansa il . Campania

Al fisco dichiaravano redditi annuali di 2-3 mila euro. Dietro gli inverosimili guadagni ufficiali degli affiliati di un potente clan del Napoletano, c’era, in realta’, un impero finanziario costruito su un reticolo societario in grado di occultare i proventi illeciti dei Mallardo. Soldi reinvestiti in alberghi e centri commerciali della costa laziale. Oggi sono state arrestate 11 persone, (8 colpite dal 416 bis per la prima volta), e sono stati sequestrati beni per 500 milioni di euro. Resta latitante Giuseppe Dell’Aquila, noto come ‘Peppe ‘o Ciuccio’, fra i destinatari delle ordinanze di custodia. L’operazione che sgomina la propaggine laziale di un gruppo criminale operativo, tradizionalmente, a Giugliano in Campania, e’ il frutto di 2 anni di indagini coordinate dalla Dda di Napoli. E l’esito e’ stato apprezzato dai ministri Roberto Maroni e Angelino Alfano: ennesimo successo dello Stato e durissimo colpo alla criminalita’ organizzata.

A illustrarne i particolari, a Napoli, il procuratore capo di Napoli Giovandomenico Lepore, il capo della Dda, Sandro Pennasilico, il questore di Latina, Nicolo’ D’Angelo, il capo della Squadra mobile Cristiano Tatarelli, il comandante del Nucleo di Polizia tributaria di Roma Vito Augelli, e il comandante del Gico Roberto Piccirinni. Hanno collaborato anche la Squadra mobile e il Commissariato di polizia di Formia e la compagnia della Gdf di Fondi. E’ noto che la camorra avesse ramificazioni nel Lazio e in altre regioni, ha spiegato Pennasilico, ”non si conosceva, pero’, la dimensione del fenomeno, sottovalutata in passato. Sbaglia chi coltiva la pia illusione che la camorra resti in Campania”, di fronte alla ”invasione” del territorio nazionale. Se il capo della Dda auspica poi che si mantenga l’indipendenza di pm e agenti nelle indagini, Lepore punta l’attenzione sulle intercettazioni: ”Sono utilissime e vanno mantenute, servono a controllare il territorio”. Cento perquisizioni, l’impegno complessivo di 600 agenti, accertamenti finanziari complessi, intercettazioni, e dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: si risale cosi’ al patrimonio di un sodalizio criminale ben strutturato nel basso Lazio, e a due ‘holding’ imprenditoriali, ora sgominate. Un reticolo societario – 30 le societa’ sequestrate (oltre a 198 terreni, 456 fabbricati, 49 rapporti bancari e 27 fra moto e autoveicoli) – serviva a far perdere le tracce dei proventi illeciti del clan.

Difficili gli accertamenti: la dichiarazione dei redditi ufficiale di Antonio Pirozzi, uno degli arrestati, era ad esempio di 2.900 euro, da 10 anni. Dietro c’era un patrimonio ancora oggetto di indagini: sono tuttora al vaglio conti con centinaia di migliaia di euro. Le holding erano gestite direttamente, o attraverso dei prestanome (decine e spesso incensurati), da soggetti collegati al clan. Facevano capo a Giuseppe Dell’Aquila, e ai suoi fratelli Domenico, Giovanni e Pietro Paolo; ai due omonimi Antonio Pirozzi e Antonio Pirozzi; a Carmine Maisto e Domenico Petito. Il clan aveva effettuato investimenti fra l’altro lungo la costa laziale (a Terracina, Sabaudia, Fondi, Lariano e Anzio), a S. Nicola Arcella (Cosenza) e Cento (Ferrara).

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