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Gli studenti a Milano contro le mafie

Di Giovanna Caltanissetta il . Atti e documenti, Lombardia

Ore 8,30 arriviamo a Milano, la giornata è plumbea ed anche abbastanza uggiosa, almeno così sembra a noi studenti arrivati dal sud, da Bari, da Napoli, da Foggia, da Roma, da Palermo e così via. La stanchezza è tanta, per chi ha viaggiato tutta la notte sui treni o sui pullman speciali, però non si poteva mancare a questo importante appuntamento per dire ancora una volta il nostro No alle mafie e per ricordare le vittime innocenti delle mafie. Già al concentramento di Porta Venezia, la giornata comincia a colorarsi un po’, cominciano a spuntare le prime bandiere colorate di Libera, le divise colorate degli scout, le facce dipinte degli studenti e i mille volti della gente comune. Poi pronti via si parte, nonostante la pioggia battente, tutti insieme verso piazza Duomo, tutti dietro lo striscione d’apertura con lo slogan di questa quindicesima edizione della giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, “Legami di legalità, legami di responsabilità”. Ad aprire il corteo i parenti delle vittime, più di cinquecento, tra loro Claudio Fava, Nando Dalla Chiesa, Elisabetta Caponnetto, Benedetta Tobagi e la vedova dell’avvocato Ambrosoli, ucciso proprio a Milano l’11 luglio del 1979. Il corteo composto e silenzioso nella sua parte iniziale, si fa più rumoroso e colorato nello spezzone studentesco, con i ragazzi a cantare a squarciagola “I cento Passi”, ricordano così Peppino Impastato che ha sfidato la mafia e la sua stessa famiglia nel paese siciliano di Cinisi.

Passando in via Palestro, tutto il corteo si stringe in un minuto di silenzio per ricordare la strage del 1993, quando con un autobomba la mafia colpì anche qui nella “Milano da bere”. Allora trovarono la morte tre vigili del fuoco, Carlo Lacatena, Stefano Picerno e Sergio Pasotto e un vigile urbano, Alessandro Ferrari, accorsi sul luogo dell’attentato per fare il proprio dovere, e il cittadino marocchino Driss Mussafir, venuto in Italia in cerca di dignità e lavoro, vi trovò, invece, la morte. Poi si riprende il cammino verso il cuore della città milanese, mentre la testa è già entrata in piazza Duomo.  Si passa vicino a Piazza Fontana, anche qui un minuto di silenzio, per ricordare altre vittime innocenti di una strage che nel 1969 ha segnato la storia del nostro Paese, e sulla quale ancora oggi restano molti nodi irrisolti.  Per finire si cerca di entrare tutti dentro piazza Duomo, colma in ogni suo spazio, dal palco inizia la lettura dei nomi delle 900 vittime innocenti di tutte le mafie, a scandirne i nomi parenti, cittadini e qualche politico. A seguire l’intervento conclusivo di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, il quale sottolinea l’importanza dell’impegno di ciascun individuo nella lotta alle mafie, invita a non lasciare soli i magistrati e le forze dell’ordine. Poi l’appello alla “ribellione civile”, «dobbiamo ribellarci all’impotenza – prosegue don Ciotti – far in modo che a diventare normale non sia la corruzione, l’illegalità diffusa, la “furbizia”, ma che a diventare normale, nel nostro Paese, sia l’onestà, la trasparenza e il rispetto delle leggi». Si chiede, ancora una volta, che il 21 marzo di ogni anno, diventi per legge, la Giornata Nazionale della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime di tutte le mafie. Questa richiesta, per la prima volta in quindici anni, viene fatta da una città che non solo non si trova nel sud del nostro Paese, ma da una città, Milano, che oltre a trovarsi oltre il Pò è anche  il centro economico e finanziario dell’Italia. Per questo Milano, città della borsa è diventata anche la città degli investimenti della criminalità organizzata, per questo la “scommessa” di Libera di portare, per la prima volta, la giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie al Nord, per ribadire e sottolineare che il problema delle mafie non è un problema circoscritto al meridione italiano. Scommessa che appare senza dubbio vinta, e non solo dal punto di vista dei numeri; tornando verso i pullman, infatti, noi ragazzi abbiamo il cuore pieno di speranza e di felicità. A Milano, in tanti abbiamo detto no alle mafie e in tanti abbiamo preso l’impegno di dare il nostro piccolo contributo per sconfiggere questo male che avvelena le nostre vite, il nostro Paese e il nostro futuro. Siamo felici di aver compiuto i nostri primi cento passi verso la legalità, siamo felici di aver capito di non essere soli, ma che forti i legami tengono uniti  la società civile di questo Paese. Gli studenti insieme agli insegnanti, gli amministratori insieme ai sindacati, i politici insieme alla gente comune.

Ma siamo nell’era della virtualità, l’era nella quale il telefonino di ultima generazione ci tiene (dis)informati sui fatti, su tutto quello che si dice, o meglio non si dice in Tv. Così sul pullman di ritorno, un velo di grigiore torna tra noi, uno studente mi dice «Ho detto a mia madre di aver partecipato ad una grandissima manifestazione, con migliaia di altre persone, che Milano si era colorata dei colori dell’Antimafia. Ma lei mi è sembrata abbastanza scettica sulla veridicità delle mie parole, perché il Tg1 non ha detto nulla dell’evento – quindi mi chiede e si chiede – come fare sapere a chi guarda solo la Tv, dell’esistenza di tanta gente comune che tutti i giorni si impegna per rendere l’Italia un Paese migliore e per sconfiggere la mafia?». Dopo un primo momento di stupore – possibile che il Tg1 non abbia parlato della manifestazione di Milano? – gli dico che, dato che di questi eventi e di queste persone, non se ne parla nemmeno nei Tg, siamo noi a doverci impegnare ancora di più nelle scuole, nei quartieri per informare tutti del  fondamentale lavoro fatto da studenti, insegnati, sindacalisti, politici e gente comune che quotidianamente si impegnano nella lotta alle mafie, siamo noi a dover diffondere le notizie del lavoro dei magistrati e delle forze di polizia che sprezzanti di ogni pericolo combattono la criminalità organizzata. Siamo noi a dover dar vita a progetti e percorsi di formazione e di informazione, perché non sia vano il sacrificio delle 900 persone di cui abbiamo celebrato il ricordo a Milano e perché la lotta alle mafie diventi patrimonio e terreno di impegno di tutti i cittadini italiani al sud come al nord. La Memoria di ciò che è stato e l’Impegno per fare in modo che le cose migliorino sono gli unici modi per sconfiggere le mafie e il sistema nel quale si alimentano.

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