Cosa Nostra trapanese e la ricerca di Messina Denaro
Il procuratore antimafia di Palermo Francesco Messineo ha fatto sentire la sua voce sul blitz antimafia «Golem 2». Il suo pensiero da inquirente conferma le ipotesi investigative da tempo sostenute dalla Polizia, dal capo della Squadra Mobile, il vice questore Giuseppe Linares. Sono stati i bravi poliziotti della Mobile in un decennio a «catturare» tutti i latitanti di mafia e questo è avvenuto trovando una costante, il legame tra mafia e imprenditoria.
«C’è una profonda diversità riferita all’intero contesto ambientale trapanese – dice Messineo – rileviamo una minore incidenza della classica estorsione mafiosa e una maggiore compattezza ambientale. Ci sono componenti sociali, dell’apparato produttivo che sono più vicine e più coese. A Palermo ci sono state numerose prese di posizione da parte di associazioni esponenziali della società civile, penso ad “Addiopizzo”, Confindustria, Confcommercio, alle associazioni rappresentative delle forze produttive, nel trapanese non c’è inesistenza di queste aggregazioni ma un forte ritardo».
Il procuratore spiega perchè questo ritardo: «Rileviamo soggetti che pur non appartenendo all’ambiente mafioso però supportano ed aiutano le attività dei mafiosi».
Fiancheggiatori ultra fedeli?
«Attorno al latitante Matteo Messina Denaro nel trapanese si muove un circuito di favoreggiatori che definisco volontari, non hanno legami di sangue, non sono affiliati, non traggono alcun vantaggio dalla protezione che danno al latitante, ma lo fanno spontaneamente. Sono soggetti che favoriscono la latitanza del boss per un preciso ritorno, il prestigio che funziona nell’ambiente, non vediamo altri ritorni più diretti, esiste una forma di spontanea adesione al latitante, un fenomeno atipico».
Matteo Messina Denaro punta al comando della mafia siciliana?
«Oggi è l’unico latitante di spicco in libertà, ci sono anche gli agrigentini Falsone e Messina ma non hanno una vocazione ”“generalista”, Matteo Messina Denaro potrebbe candidarsi a capo della mafia, probabilmente vuole continuare ad esercitare potere nella mafia trapanese perchè è un potere lucroso, ha tratto forti interessi economici, come emerso nel caso Grigoli».
Mafia e imprenditoria, insomma.
«La mafia a Trapani non è una mafia predatrice, non ricorre alla violenza per imporre il pizzo, ma è una mafia di affari, di affari condivisi, che vengono gestiti insieme, non c’è bisogno di imporre il pizzo all’imprenditore, con l’imprenditore si fanno affari insieme e se ne condividono i risultati, ovviamente questi affari sono propiziati dalla capacità di penetrazione in determinati ambienti della società che ha la mafia».
Ma attorno al latitante si fa sempre di più terra bruciata.
«Puntiamo a prosciugare la pozza d’acqua dove il pesce, che è il latitante, nuota».
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