Perché siamo stati a Milano
“Legami di legalità, legami di responsabilità” sono quelli che uniscono i tanti studenti, amministratori, rappresentanti del mondo della scuola, della politica, del sindacato, giovani e adulti che anche quest’anno si sono dati appuntamento per la “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”. Legami che saldano il fondamentale lavoro dei magistrati e delle forze di polizia all’impegno culturale e sociale, altrettanto necessario: i progetti sui beni confiscati, i percorsi nelle scuole, l’informazione approfondita, la testimonianza dei famigliari delle vittime. Legami che avvicinano il Nord al Sud in una dimensione sempre più ampia di consapevolezza e corresponsabilità.
Siamo stati a Milano, il 20 marzo, per ribadire che le mafie e le tante forme d’illegalità, corruzione e abuso non sono un problema circoscritto, ma un furto di bene comune che ci colpisce tutti e al quale tutti possiamo e dobbiamo ribellarci.
Ad accoglierci c’è stata la Milano motore economico del Paese, ma anche una città che ha dimostrato di saper sviluppare gli anticorpi alla criminalità e alla corruzione, offrendo testimonianze di coraggio e generosità. Il primo nome che viene in mente è quello di Giorgio Ambrosoli, fedele alla giustizia al punto di sacrificare la vita ai suoi principi, principi che traggono forza solo dalla nostra coerenza, responsabilità e adesione vera. E certo non possono essere dimenticate le vittime innocenti delle bombe mafiose del 27 luglio 1993, in via Palestro. Tre vigili del fuoco, Carlo Lacatena, Stefano Picerno e Sergio Pasotto e un vigile urbano, Alessandro Ferrari, accorsi sul luogo dell’attentato per fare il proprio dovere, e il cittadino marocchino Driss Mussafir, colpito dalle bombe mentre sostava in strada su un giaciglio di fortuna. Venuto in Italia in cerca di dignità e lavoro, Driss ha trovato la morte così come tanti altri immigrati trovano l’emarginazione, il rifiuto, lo sfruttamento.
Anche per loro siamo stati a Milano, perché nella sua essenza la lotta alle mafie è lotta per i diritti, per una giustizia fondata sulla prossimità. Questo ci chiedono le vittime delle mafie, un impegno che anche in Lombardia trova espressioni vere e trasversali: accanto alle numerose associazioni, ai gruppi di volontariato, c’è il lavoro di tanti bravi e onesti amministratori, esponenti del mondo della scuola, della cultura, del sindacato. C’è una Chiesa davvero attenta alla storia delle persone e pronta, per voce del suo Vescovo, a denunciare la deriva dal sociale al “penale”, richiamare una sicurezza che sappia coniugare regole e accoglienza. E con lei la voce di altre Chiese, ugualmente impegnate a saldare solidarietà e giustizia, dimensione spirituale e impegno civile. Come non manca, a Milano, la sensibilità inquieta della città aperta alla dimensione internazionale. Sono state numerose, il 20 marzo, le persone arrivate da paesi di tutta Europa e dall’America Latina: associazioni, famigliari delle vittime, giornalisti della carta stampata e delle televisioni. A testimonianza di una consapevolezza che cresce e va sostenuta e alimentata, di un impegno che deve attraversare i confini, valorizzare le differenze e superare le “diffidenze”, nel segno dei diritti, della corresponsabilità, del comune desiderio di giustizia.
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