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A Milano l’Italia che non dimentica

Di Norma Ferrara il . Lombardia

E’ accaduto di nuovo. E stavolta, non se l’aspettavano in molti, a Milano, al nord. Per la quindicesima volta, familiari delle vittime delle mafie, ragazzi/e di tante scuole d’Italia, associazioni, singoli cittadini, sindacati studenteschi hanno marciato insieme nella giornata che dalla memoria rinnova l’impegno quotidiano contro tutte le mafie.  Sono partiti all’alba, qualcuno la notte precedente, per arrivare ai piedi del Duomo, in quella città in cui, secondo il prefetto, “la mafia non esiste”. E allora? E allora la migliore risposta civile e tangibile a chi non vede, nega o non vuol vedere l’hanno data proprio i centocinquantamila partecipanti al corteo promosso anche quest’anno da Libera e Avviso Pubblico. Il cielo era grigio nel capoluogo lombardo il 20 marzo, ma la primavera è arrivata con un giorno d’anticipo. A portarla le bandiere, i cartelloni, le lenzuola colorate, i sorrisi limpidi, i cori di tantissimi giovani arrivati da tutta l’Italia. 500 pullman, due treni speciali  e anche molti cittadini milanesi. La città ha risposto, aspettava solo che qualcuno gli permettesse di farlo. “E’ il noi che vince – dichiara poco dopo la lettura dei 900 nomi delle vittime di mafie – Don Luigi Ciotti e voi siete meravigliosi – prosegue rivolgendosi ai giovani arrivati in piazza Duomo. La ricchezza della democrazia è data da chi porta avanti un impegno per il bene comune. In questa giornata c’è la voglia di trovare nel ricordo: in troppi sono morti per mano mafiosa, ma ci affidano le loro speranze interrotte. Questa giornata è da anni un piccolo contributo per fare la storia di questo Paese a partire da quelle speranze, facendole camminare sulle nostre gambe”. 
Da quindici anni animatore di questa marcia che definisce “tappa sociale di un cammino antimafia”, l’instancabile Don Luigi Ciotti, ha ricordato che proprio a Milano, nel 1982 nacque il primo coordinamento antimafia composto da  presidi e insegnanti a testimoniare il profondo e longevo impegno che in molti in questa città hanno profuso nella lotta contro le mafie sin dagli anni ’80. Anche Milano porta con sé, profonde ferite, causate dai clan mafiosi e da troppi silenzi. Un nome su tutti, Giorgio Ambrosoli, avvocato dall’altissima coerenza etica e professionalità, vittima del volto economico – finanziario di una mafia che era già, negli anni del crack Sindona, ampiamente inserita nei piani alti del sistema bancario ed economico del Paese. Ma anche le vittime della strage di via Palestro, durante gli anni di quella che oggi abbiamo imparato a chiamare “trattativa” fra mafia e Stato, e ancora agenti di scorta, e uomini che hanno scelto di combattere le mafie, a tanti chilometri dal profondo nord, in cui ancora queste non erano visibili.  Li ricorda tutti, uno per uno, Don Luigi Ciotti dal palco che si trova proprio di fronte al Duomo, mentre il corteo ancora fatica ad entrare in piazza, e si susseguono gli appelli, di Simona Dalla Chiesa (che ha coordinato gli interventi dal palco) per poter far accedere tutti i partecipanti nella maestosa piazza. Un pensiero affettuoso va anche all’anima di Emergency, Teresa Strada, che manca a questa piazza moltissimo – commenta Ciotti e a Potenza, che oggi vive un momento doloroso. Ci stringiamo – dice il presidente di Libera – all’altra piazza fatta di familiari e amici di Elisa Claps. “Il modo migliore per fare memoria è di impegnarsi di più, tutti – continua  – a partire dalla politica che deve essere al servizio dei cittadini, rappresentanza delle loro voci. Le piazze come questa dirà Ciotti, servono per incontrarsi e costruire e non per creare consenso. Parla della crisi, Don Ciotti, e la definisce, senza dubbio, “non una economica, ma una dei diritti”. 
Ci sono molti diritti negati, violati, dalle mafie, dalla corruzione, dalle varie forme di razzismo, ma anche da una politica, spesso, assente e distratta. Serve stare accanto a chi lavora per tutelare questi diritti e riaffermarli ogni giorno. “non si possono lasciare soli magistrati e forze dell’ordine”. Dall’articolo 3 della Costituzione, al diritto “ad un lavoro sicuro, perché non si può morire di lavoro, né per il lavoro” (ricorda i tanti morti sul lavoro e i14 imprenditori che nel nord – est si sono suicidati perché non riuscivano a portare avanti le attività) ai reati contro l’ambiente e al “mancato riconoscimento di questi come reati penali”, alle risorse pubbliche, come l’acqua, che “sono beni comuni, da conoscere, da difendere”, al riconoscimento dei diritti della persona, maggiore attenzione per i migranti e l’accoglienza come valore.  Un lotta contro le mafie, quella portata avanti in questi anni nel Paese, con la partecipazione di tantissime realtà che operano nel sociale e dell’apporto di enti locali, di forze dell’ordine, magistratura e politica che è sempre più una battaglia per i diritti.  Principi base che vengono calpestati dalle mafie, non sono in Italia, ma anche all’estero. “Le mafie si sono globalizzate – dichiara  – e noi abbiamo risposto con la globalizzazione dell’antimafia; Con una rete in Europa, Flare, e una in America Latina, tanto che oggi in piazza Duomo, come lo scorso anno a Napoli, ci sono trenta delegazioni di paesi europei, ma soprattutto familiari di vittime delle mafie all’estero, anche i loro nomi sono stati letti fra i 900 che compongono il lungo elenco della XV Giornata a loro dedicata”. 
“Infine, sottolinea il presidente di Libera, è alla politica che dobbiamo chiedere di tornare ad essere politica con la P maiuscola. “Abbiamo bisogno di una politica che possa fare a meno di rispondere a codici etici, ma che sappia rispondere alla propria coscienza. Che sappia scegliere i candidati, non solo in relazione alla vicende giudiziarie, ma anche tenendo conto dei comportamenti e delle frequentazioni.  Ma ricordiamoci anche – commenta  – che prima di chiedere agli altri di fare la propria parte, dobbiamo farci un esame di coscienza e cercare di fare sempre più, tutti, la nostra parte”.  “Speranza – conclude Ciotti – discende da Spes,”piede”. Usiamo allora i nostri piedi, le nostre gambe, per continuare a camminare e sperare”. 

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