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20 marzo,2010:
Milano, Italia

Di Lorenzo Frigerio il . Lombardia

Come ricorda l’ultima relazione della Commissione Parlamentare Antimafia, le mafie sono presenti a Milano e in Lombardia da tempo e, oggi più che mai, rappresentano una pericolosa minaccia per la convivenza civile e democratica. Risale agli inizi degli anni Sessanta il progressivo insediamento delle cosche dovuta all’applicazione della misura del soggiorno obbligato, che porta in Lombardia, a Milano soprattutto, molti uomini delle cosche. Da quel momento è un lento diffondersi della presenza mafiosa, prima con il controllo delle bische e del contrabbando, poi con i sequestri di persona, per finire ai nostri giorni con il controllo del mercato della sostanze stupefacenti e le infiltrazioni negli appalti pubblici.

A testimonianza dell’inquinamento del sistema finanziario ed economico milanese, l’11 luglio del 1979, viene ucciso da un killer della mafia italoamericana Giorgio Ambrosoli, il coraggioso ed inflessibile avvocato liquidatore della banca privata italiana di Michele Sindona, crocevia di operazioni di riciclaggio delle cosche. Il posto di Sindona viene poi preso da Roberto Calvi che porta il Banco Ambrosiano al fallimento per ripianare gli investimenti fatti per conto della mafia.

A metà degli anni Novanta, il bilancio finale della lunga stagione di inchieste della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano è di quasi tremila persone condannate per associazione mafiosa, oltre al sequestro di ingenti patrimoni: cifre di gran lunga superiori a quelle che si registrano nello stesso periodo in realtà a tradizionale insediamento mafioso come Palermo e Napoli.

Nello stesso periodo, i riflettori dell’opinione pubblica a Milano sono puntati sulle molte inchieste di Tangentopoli. Proprio le inchieste sulla corruzione evidenziano come il sistema mafioso prosperi grazie al costante rapporto con politica e istituzioni. Oggi assistiamo ad una pericolosa rilettura di quel periodo storico i cui esiti rischiano di essere una faziosa condanna della magistratura e un’assoluzione collettiva postuma di un’intera classe politica, dimostratasi più sensibile ai propri interessi che a quelli dei cittadini.

Altro segnale inquietante della presenza mafiosa in città è dato dall’attentato di via Palestro, nella stagione della cosiddetta “trattativa” tra Stato e antistato, quando il 27 luglio del 1993 una bomba ad alto potenziale distrugge parte del Padiglione di Arte Contemporanea e provoca la morte violenta del vigile urbano Alessandro Ferrari, dei pompieri Carlo La Catena, Sergio Pasotto, Stefano Picerno e del cittadino marocchino Driss Moussafir.

Tutti i documenti ufficiali di magistratura e forze dell’ordine, licenziati recentemente, raccontano di una presenza capillare e diffusa delle cosche in città e nella regione, a motivo della centralità dell’una e dell’altra nei processi decisionali economici e politici del nostro paese.

La Lombardia secondo le statistiche è la prima regione per traffico di cocaina e delle altre sostanze stupefacenti, Milano è la piazza dove si fa il prezzo delle sostanze per tutto il nord Europa. La Lombardia è  la prima regione per segnalazione operazioni sospette in tema di riciclaggio all’Ufficio Informazione Finanziaria e offre numerose e diversificate possibilità di reimpiego dei capitali accumulati illecitamente dalle cosche.

La Lombardia è  la terza regione per numero di aziende confiscate alla criminalità  organizzata. La Lombardia è  la quinta regione per numero di beni immobili confiscati, anche se negli ultimi anni si è trovato in posizioni più elevate, tenendo conto delle singole annualità relative alle confische. Milano e la Lombardia sono il crocevia dei tanti traffici illeciti delle mafie transazionali che oggi prosperano sulla caduta delle frontiere in Europa e movimentano ingenti masse di denaro e merci di tutti i tipi, compresi gli esseri umani.

Se non fossero sufficienti i motivi di ieri e di oggi per spiegare i perché del prossimo 20 marzo a Milano, non mancano anche altre ragioni più inerenti al futuro prossimo della città, della regione e del paese in riferimento al contrasto dei gravi fenomeni della corruzione e delle mafie. Nel 2015 la città  e la regione saranno la sede di un grande evento internazionale. Expo 2015 movimenterà non solo presenze e relazioni, ma anche ingenti quantità di risorse, sulle quali è prevedibile abbiano già puntato le organizzazioni criminali. Durante il percorso di avvicinamento all’esposizione mondiale, se è importante rafforzare il versante della repressione delle infiltrazioni criminali, è altrettanto strategico presidiare il versante delle prevenzione con pratiche di legalità, non solo destinate ai decisori pubblici ma anche alle diverse componenti della società, nella logica di una piena e matura corresponsabilità.

Perché le mafie siano sconfitte, perché la corruzione venga debellata, perché  l’illegalità venga rifiutata, occorre trasformare i tanti “legami di legalità” in “legami di responsabilità”. Il termine “legame”, infatti, indica una continua tensione, una ricerca forte e autentica di relazione, un rapporto dove sentimento e ragione devono intrecciarsi continuamente. Sapremo, noi tutti, a partire dalle nostre stesse vite, trasformare i “legami di legalità” in “legami di responsabilità”, perché si possa insieme ragionare su un domani, libero dalle mafie, dalla corruzione, dalla violenza, dall’illegalità alle quali troppo spesso ci abituiamo?

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