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«La corruzione è dilagante
L’Italia può restare schiacciata»

Di Aldo Cazzullo (Corriere della Sera) il . Interviste e persone

Una nuova Tangentopoli? L’Italia del 2010 come quella del 1992? «No.
Per certi versi, siamo oltre. Allora crollò il sistema del
finanziamento dei partiti. Oggi è la coesione sociale, è la stessa
unità nazionale a essere in discussione, al punto da venire apertamente
negata, anche da forze di governo. Si chiude l’orizzonte dell’interesse
generale e si aprono le cateratte dell’interesse privato,
dell’arricchimento personale, della corruzione dilagante».

«Sono giorni che vado maturando queste parole – dice Giuseppe
Pisanu, capo della segreteria politica di Moro, ministro dell’Interno,
oggi presidente dell’Antimafia -. Esitavo a dirle, perché mi parevano
eccessive. Apocalittiche. Poi mi sono ricordato che in Giovanni il
linguaggio apocalittico è l’altra forma del linguaggio profetico.
Quindi non credo di esagerare se dico che è il Paese a essere corrotto.
C’è la corruzione endemica, denunciata dalla Corte dei Conti; e c’è
quella più strutturata e sfuggente delle grandi organizzazioni
criminali, tra le più potenti al mondo. In ordine d’importanza:
’ndrangheta, Cosa Nostra, camorra». La ’ndrangheta calabrese più
importante della mafia siciliana? «Sì. A Milano controlla il 90% delle
cosche. Ogni anno le mafie riversano su tutta l’Italia fiumi di danaro
sporco, che vengono immessi nell’economia legale con l’attiva
collaborazione di pezzi importanti della società civile: liberi
professionisti, imprenditori, banchieri, funzionari pubblici e uomini
politici a ogni livello. Tiri le somme, e capirà perché l’Italia è così
in basso nelle graduatorie mondiali sulla corruzione e le libertà
economiche».

Ma dell’inchiesta sulla Protezione Civile che idea si è fatto?
«Non parlerei di nuova Tangentopoli. Il contesto è diverso anche se il
fango è lo stesso. Speriamo che si arrivi presto alla verità e senza
vittime innocenti. Diciotto anni fa furono troppe, e la giustizia pagò
i suoi errori perdendo dignità e consenso. Bertolaso è un efficiente
manager dello Stato, che ha lavorato bene; mi chiedo però se, fermi
restando i suoi grandi meriti, non sia rimasto anche lui vittima della
logica dell’emergenza. Lasciamo ai magistrati e agli avvocati la
vicenda giudiziaria. Interroghiamoci piuttosto sul dilagare della
corruzione pubblica e privata e sui rimedi necessari, prima che
disgreghi le basi della convivenza civile e delle istituzioni
democratiche». Dice Pisanu che «il Paese rischia di piegarsi sotto il
peso dell’illegalità. Non sarei così preoccupato se fossi sicuro della
tenuta della società civile e dello stesso patto costituzionale».

Non le dice nulla la coltre d’indifferenza calata sulle
celebrazioni dei 150 anni dell’unità nazionale? «Nel 1961 celebrammo il
centenario all’insegna del miracolo economico e della continuità ideale
tra Risorgimento, Resistenza ed europeismo. Oggi l’idea dell’unità
nazionale è ridotta a mera oleo g r a f i a , quando non è apertamente
negata. Basta guardarsi intorno: crisi generale e immigrazione
maldigerita; riletture faziose della storia risorgimentale e
serpeggianti minacce di secessione; crescente divario economico e
sociale tra il Nord e il Sud del Paese. È un’Italia divisa e smarrita.
Non a caso, le indagini sociologiche ci rivelano un 25-30% di italiani
reciprocamente risentiti e sempre più distanti gli uni dagli altri. Il
peggio è che il risentimento è entrato anche in taluni gruppi politici
e, tramite loro, influenza comportamenti istituzionali e prassi di
governo ». Pensa alla Lega? «Certo, ma non solo. Anche ai vari
movimenti sudisti, da Lombardo alla Poli Bortone a Bassolino: le leghe
prossime venture. In generale, è chiaro che, quando si riduce la
nozione stessa di bene comune, decade lo spirito pubblico, si allentano
i vincoli della legge e si spiana la strada alla corruzione».

Quali allora i rimedi? «Si ponga mano subito alle proposte
anticorruzione di Berlusconi. Al riordino della pubblica
amministrazione. Al taglio dei rapporti incestuosi tra economia e
politica. Al regolamento antimafia per la formazione delle liste».
Sulla legge anticorruzione molti ministri sono perplessi. «Penso e
spero che le perplessità siano state di carattere formale, che non
riguardino l’obiettivo della lotta alla corruzione. Ma, posto che
queste cose si facciano, non basteranno. Secondo me, si dovrà agire più
in profondità: nelle viscere della “nazione difficile”, dove il patto
unitario e il contratto sociale debbono essere rinnovati ogni giorno
come il famoso plebiscito di Renan. Il problema è innanzitutto
politico, e non possiamo certo risolverlo con il bipolarismo selvaggio,
con lo scontro sistematico tra maggioranza e opposizione che ha
trasformato questo primo scorcio di legislatura in una snervante
campagna elettorale. Serve invece il confronto delle idee, serve la
competizione democratica, in cui vince chi indica le soluzioni migliori
ai problemi che abbiamo davanti».

Sostiene Pisanu che «è necessario un profondo rinnovamento del
ceto politico. A condizione che lo si realizzi con strumenti neutrali:
non sia la magistratura ma la politica a guidare il processo, o meglio
siano gli elettori, grazie a una nuova legge elettorale che consenta
ampia libertà di scelta. Il ricambio ci potrà salvare se servirà
davvero a migliorare la qualità della classe politica. Come diceva
Fanfani, “si può essere bischeri anche a diciott’anni”. La Commissione
antimafia da me presieduta darà il suo contributo facendo, dopo le
Regionali, una verifica accurata sugli eletti. Abbiamo il potere di
avvalerci delle strutture dello Stato, delle forze dell’ordine, della
stessa magistratura, e lo useremo. Siamo in grado di fare gli
accertamenti più scrupolosi e approfonditi, e li faremo».

«La questione morale non solo esiste; è antica come le Sacre
Scritture e moderna come la nostra Costituzione – dice Pisanu -. Ne
parla il nuovo libro di Giovanni Galloni, che riferisce l’ultimo
colloquio con Dossetti prima della sua morte, in cui il vicesegretario
della Dc degasperiana ammonisce che, finita l’epoca dei partiti
ideologici, si deve tornare alla cultura politica della Carta
costituzionale. Certamente vengono da lì i valori e le regole di cui
abbiamo bisogno per vincere non soltanto la corruzione ma anche la più
estesa malattia politica che sta mettendo a dura prova l’Italia. Il
pericolo che corriamo mi ricorda la frase che feci riprodurre
suimanifesti della Dc in morte di Aldo Moro. Un pensiero che lo
assillava negli ultimi tempi della sua vita: “Questo Paese non si
salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera,
se non nascerà in noi un nuovo senso del dovere”».

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