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Liberia: dai diamanti insanguinati alla polvere bianca

Di Gaetano Liardo il . Internazionale

Crimini contro l’umanità, crimini di guerra, violazione del diritto umanitario internazionale. Si possono riassumere in questo modo le accuse che pendono sul capo di Charles Taylor, l’ex presidente liberiano finito nelle mani della Corte Speciale per la Sierra Leone. Il Tribunale, istituito dalle Nazioni Unite per perseguire i crimini compiuti nel corso della guerra civile che sconvolse Sierra Leone e Liberia tra il 1991 e il 1995, è riuscito per la prima volta a portare in aula un ex capo di Stato africano. Taylor, ex predicatore battista, è accusato di aver appoggiato e guidato il Fronte Unito Rivoluzionario (RUF), una forza ribelle che dalle basi in Sierra Leone ha mosso i suoi attacchi contro la Liberia, con l’obiettivo di conquistare il potere. A costo di destabilizzare due stati, di avallare incredibili violenze e di lasciare sul tappeto 500 mila tra vittime e mutilati. 

I capi di imputazione contro Taylor sono undici: atti di terrorismo, omicidio, stupro, violenza e riduzione in schiavitù sessuale, oltraggio della dignità della persona, trattamenti crudeli, atti inumani, utilizzo di bambini soldati, riduzione in schiavitù, saccheggio. Quello contro Taylor «è uno dei casi più difficili e complessi nella storia delle Corti Internazionali », si legge nel rapporto annuale della Corte Speciale. Troppo ampia la gamma di crimini contestati contro il signore della guerra liberiano, e troppo vasta la rete dei coinvolgimenti internazionali. Nonostante sui due paesi dell’Africa Occidentale pendesse l’embargo dell’Onu, il RUF vantava un costante approvvigionamento di armi. Armi pagate con i diamanti estratti illegalmente dalle miniere della Liberia e della Sierra Leone. Diamanti insanguinati che sono serviti ad arricchire i generosi fornitori: dal leader libico Gheddafi, sempre disponibile ad aiutare militarmente i “fratelli” africani, a quello del Burkina Faso Blaise Compaore, dall’ex leader della Costa D’Avorio Felix Houphouet-Boigny, a mercenari e trafficanti d’armi internazionali come il russo Viktor Bout, meglio noto come “il Mercante di morte”. La guerra civile, terminata con la firma di un trattato di pace nel 1995, è stata segnata da una violenza cupa e sanguinaria. Ex miliziani del RUF hanno pure testimoniato davanti la Corte Speciale, che per motivi di sicurezza ha spostato le sedute del processo presso il Tribunale Internazionale dell’Aja, di aver ricevuto l’ordine da Taylor di uccidere e mangiare i propri nemici. Cannibalismo dunque, sulla scia dell’ex dittatore della Repubblica Centraficana Bokassa. Accuse tutte respinte da Taylor, ma che trovano dei riscontri che l’accusa cercherà di far pesare nel dibattimento finale. L’allontanamento dal potere di Taylor, fuggito in Nigeria nel 2003 dove fu arrestato ed estradato, non ha tuttavia pacificato Liberia e Sierra Leone. Nei due paesi, dilaniati dalla violenza della guerra scaturita dalle milizie di Taylor, si addensano ulteriori rischi. Non diversamente dagli altri paesi dell’Africa Occidentale a Freetown e a Monrovia hanno fatto capolino le mafie transnazionali, che da alcuni anni hanno trasformato l’intera regione in un hub per il traffico internazionale di cocaina, sfruttando l’instabilità politica e i contatti sviluppati nel corso della guerra civile. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la risoluzione 1885/2009, ha esteso il mandato della missione Unmil in Liberia fino al prossimo 30 settembre per rispondere alle «minacce alla stabilità regionale, poste in particolare dal traffico di droga, dal crimine organizzato e dal traffico di armi». Timori che si legano a quelle di Christian Tah, il ministro liberiano della giustizia. Droga e tratta di esseri umani stanno riportando la Liberia verso l’instabilità. «A volte le donne sono vendute come oggetti sessuali – dichiara Tah al sito All Africa – e a volte individui che cercano asilo politico nei paesi europei usano la Liberia come zona di transito». 
Per non parlare della facilità delle organizzazioni mafiose di far entrare la cocaina nel paese, dove le forze di sicurezza male equipaggiate e mal pagate preferiscono partecipare ai traffici, piuttosto che contrastarli. Un brutto destino quello della Liberia, nato come paese di gente libera, che dopo aver subito le violenze della dittatura di Taylor, rivede fiorire il mercato dei nuovi schiavi.

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