Corruzione, il mutamento nella continuità
A diciotto anni da Tangentopoli quanto conta la corruzione in Italia? La cronaca e i dati che in questi giorni si sono rincorsi su giornali e televisioni non lasciano adito a dubbi, come del resto le analisi super partes di Ong come Transparency International che relegano il nostro paese in un limbo opaco dal quale gli arresti e le inchieste per gli appalti sulle grandi opere di questi giorni, sonoramente pagati dalla corruzione, non sembrano voler sollevare. Eppure qualcosa è sicuramente mutato: quantomeno il quadro sociale entro il quale questi fenomeni corruttivi si muovono, a partire dall’elemento politico, tanto forse e coeso intorno ai grandi partiti di massa durante gli anni di Tangentopoli, tanto sfilacciato ma tuttavia non scomparso ora, che le grandi ossature partitiche hanno ceduto il passo. Lasciando strada a quel perverso interesse criminale, anche mafioso, che ormai accolto nel salotto buono della finanza è spesso pronto a inserirsi nel tessuto finanziario ed economico di un paese gravemente minato dal fenomeno della corruzione, oggi più che mai. Libera Informazione, dopo gli arresti per corruzione nell’ambito delle grandi opera della settimana scorsa, dopo gli allarmanti dati rivelati dalla Corte dei Conti, ha voluto approfondire l’argomento con il professor Franco Cazzola, docente di Scienza Politica presso l’università di Firenze e tra i massimi esperti nazionali sul tema.
Mercoledì scorso la Corte dei
Conti, inaugurando l’anno giudiziario ha diffuso dati molto chiari:
denunce per fatti di corruzione triplicate con un aumento del 229 per
cento. Emergono perché c’è una presa di coscienza oppure
c’è un deciso aumento di questo fenomeno?
Io credo che il tasso di corruzione in
Italia sia abbastanza costante e sempre molto alto come dimostrano
anche i vari indici, tra cui quello di Transparency International,
che progressivamente in questi anni ha sempre più declassificato
l’Italia.
Gli ultimi dati parlano di 63simo posto
nella classifica di trasparenza…
Si esattamente, e negli anni scorsi
eravamo quasi su quei livelli, di certo la situazione non è
peggiorata di colpo, anzi si dimostra che c’è una
progressività. Il fatto che le denunce siano aumentate è, a
mio avviso, un indicatore molto parziale: certo se aumentano
significa che c’è una maggiore presa di coscienza
essenzialmente, non tanto che c’è un aumento della corruzione. non è
un dato che ci può far dire che ce n’è di più adesso di un anno
fa. Possiamo al massimo dire che c’è una maggior consapevolezza da
parte delle persone a cercare di porre un freno a questa cosa.
Una sorta di “eticità a
posteriori” nel denunciare la cosa, ben diversa da quel senso
etico nella cui mancanza il presidente della Corte dei Conti Lazzaro
è alla base del fenomeno. Ritiene che in Italia, a 18 anni da
Tangentopoli, che aveva segnato l’opinione pubblica, non ci siano ancora gli anticorpi verso questa
problematica, uno “scarto morale”?
Assolutamente no, anche perché
la stagione di “Mani Pulite” è stata, dal punto di
vista dell’opinione pubblica, abbastanza breve: ci siamo sentiti
tutti quanti improvvisamente buoni, abbiamo ringraziato la
magistratura e poi ciascuno ha ricominciato a fare come faceva prima
.
Cerchiamo di fare uno spaccato dei
fenomeni corruttivi in Italia: quanto realmente contano e quale peso
hanno sulle spalle dei cittadini?
Non è facile dirlo, ma diverse
persone hanno quantificato come l’ammontare dei “costi” della
corruzione alla collettività equivalga ad una finanziaria di
notevole peso: costi enomi e ovviamente che vanno a vantaggio di una
piccola minoranza, che poi, è rappresentata sempre dalle stesse
persone: alcuni imprenditori, alcuni soggetti politici, alcuni
dirigenti pubblici., la tipologia degli addetti è sempre la stessa.
Parliamo invece di cosa è cambiato,
se è cambiato, rispetto al sistema emerso diciotto anni fa con
Tangentopoli, dentro al quale il ruolo dei partiti era molto
significativo…
Sostanzialmente rispetto al quadro del
1992 la tipologia corruttiva si differenzia per tre importanti
aspetti. Innanzitutto la prima questione riguarda il ruolo dei
partiti in quanto grandi organizzazioni di massa. C’erano e non ci
sono più, il che non vuol dire che oggi si compiano atti di
corruzione o ci si fa corrompere esclusivamente a fini privati e
individuali: oggi non ci sono più le grandi organizzazioni di massa
ma ci sono, per lo più, gruppi clientelari e gruppi familiari di un
certo tipo che fanno politica. La corruzione serve a finanziare,
sostanzialmente, questi gruppi che operano all’interno di diversi
partiti. Non c’é più, dunque, la grande organizzazione, c’è la
micro organizzazione politica, alla quale la corruzione è asservita.
Questa è la prima differenza rispetto a Tangentopoli, elemento già
messo in luce da molti anche se in tanti dicono che questo approccio,
rispetto a quello del 1992, sia rivolto alla ricchezza personale: non
è vero, serve per la carriera di gruppi politici. Il secondo
elemento di continuità, che io ritengo il più importante, emerso
solo recentemente, e per certi versi il più inquietante è il
connubio o la sovrapposizione tra reato di corruzione e criminalità
organizzata.
Cerchiamo di approfondire questo
aspetto…
Il discorso è molto semplice , è la
dimostrazione che la criminalità organizzata mafiosa ha fatto un
salto di qualità di un certo tipo: adesso ha un aspetto semi-legale,
usa gli stessi strumenti illegali che usava anche prima, corrompe,
usa la violenza, costringe ad agire in determinati modi, ma dispone
di una quantità di denaro tale da poter investire per opere
visibili, diciamo. Questo vuol dire una compenetrazione tra
criminalità organizzata e società e sistema economico, e quindi
anche sistema politico e amministrativo, che probabilmente, anzi
sicuramente, 15-20 anni fa non c’era, tanto è vero che si diceva, e
tutti gli esperti lo dicevano, che «dove c’era la mafia non c’era
corruzione». oggi non è più così.
Il salto di qualità che tutti
riconosco alla mafia, che è diventata imprenditrice da tempo e
investitrice negli ultimi anni in maniera preponderante, ha creato
una sorta di legittimazione della mafia stessa che può entrare,
grazie alla corruzione, in circuiti finanziari di tutto
rispetto?
Certamente, il capitale accumulato in
tutti questi anni lo può, ripulito, spendere in modo “legale”,
però con l’abitudine di usare strumenti illegali per cui, entrare
nel mondo della corruzione, per la criminalità organizzata non è
certo un problema, ma una cosa ovvia.
E sul tema come incide il contesto
normativo italiano?
Ecco la terza differenza, questa non
più imputabile alla società per certi aspetti e nemmeno
alla criminalità: il cambiamento del quadro normativo e legislativo.
Ovvero, oggi tutta una serie di cose non rientra più nei reati di
corruzione. Se c’è una legge che dice che bisogna seguire, o una
serie di leggi, che dicono che si devono seguire certe procedure per
affidare dei lavori e a un certo punto subentra un’altra legge che
dice che in certi casi non è necessario seguire quelle procedure e
si può “fare alla svelta” e questi casi diventano la normalità
e tutto diventa “emergenzial-ovvio”, allora è chiaro che tutta
una serie di comportamenti che prima sarebbero stati comportamenti
illegali e illeciti, oggi siano tranquillamente legali e leciti.
D’altronde in questi giorni si
è parlato spesso di questo nel quadro degli appalti per le
grandi opere, una novità in Italia?
Su questo aspetto porrei grande
attenzione, non è solo un fenomeno degli ultimi tempi. Abbiamo
cominciato con gli anni Novanta a rendere tutto improvvisamente
emergenziale e non prevedibile. Io ricordo sempre, anche ai miei
studenti, due fatti. Primo le Colombiadi, che come ricorderà vennero
gestite con procedure d’urgenza ed emergenziali perché la cosa non
era prevedibile, sebbene si sapesse esattamente quando sarebbero
avvenuti questi festeggiamenti. Abbiamo affidati lavori, tra il ’90 e
il ’92, con procedure non più corrette. Secondo esempio, gli stadi
per il campionato del mondo di calcio in Italia: avevamo diversi anni
per fare gli stadi, si è detto invece che anche questa era una cosa
emergenziale. La nostra abitudine di trasformare tutto in emergenza,
in non prevedibile, risale ad anni fa, diciamo che negli ultimi anni
la cosa si è estremamente perfezionata, abolendo procedure pubbliche
e creando una serie di procedure opache.
Sempre il procuratore Ristuccia della
Corte dei Conti ha denunciato una situazione per cui, in virtù
di alcune scelte politiche contenute nel decreto anticrisi, il
procuratore della Corte dei Conti si potrà muovere solo su
specifiche e concrete notizie di reato. Come si può ovviare a questa
azione fatta sempre a posteriori?
La Corte dei Conti non ha mai
esercitato un elemento di controllo, è sempre arrivata quando
la situazione era già avvenuta e basta andare a vedere quante
sentenze sono state emesse e quante sono passate effettivamente
all’incasso, e vediamo come la maggior parte delle cose non abbia
avuto un esito. Quindi, ha ragione Ristuccia a lamentarsi di questo,
ma forse bisognerebbe anche pensare a come funziona il sistema della
Corte dei Conti.
Quanto potrebbe aiutare la lotta alla
corruzione l’accettazione della direttiva europea che punisce la
corruzione tra privati?
Secondo me sarebbe molto utile anche
perché, e questo spiega perché non l’abbiamo ancora recepita e
trasformata in norma, tutta quella enorme area grigia che si è
venuta a creare negli ultimi quindici-venti anni in Italia, metà
pubblica e metà privata, in cui non si capisce se vigono le
procedure private o le procedure pubbliche; se si creasse il reato di
corruzione “privata”, diciamo così, è chiaro che questa
ambiguità viene a cadere, per cui corruzione è corruzione, senza
distinguo. Questo quindi spiega perché “noi” non abbiamo tanta
voglia di recepire questa direttiva.
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