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A Rosarno non si vota
Le cosche incombono

Di Toni Mira (Avvenire) il . Calabria

La ’ndrangheta non si arrende
e sta mettendo in piedi a Rosarno dei ‘movimenti politici’ per le prossime
elezioni comunali. Per cercare di riconquistare il municipio. Proprio
per questo nel Comune calabrese, diventato famoso per la rivolta degli
immigrati, è meglio che non si voti. Quindi il commissariamento per
infiltrazione mafiosa, che va avanti da un anno, deve proseguire per
altri sei mesi. Saltando la tornata elettorale del 28 e 29 marzo. Anche
perché proprio la questione immigrati è meglio che sia gestita dall’amministrazione
straordinaria. Tutto questo lo scrive il ministro dell’Interno Roberto
Maroni nel decreto di proroga dello scioglimento. Lo scenario descritto
è inquietante. «Il percorso per il recupero della legalità e dell’efficienza
è ancora lungo – si legge nella relazione del prefetto di Reggio
Calabria, allegata al decreto –; a mero titolo esemplificativo si
evidenziano il degrado di quel territorio e il susseguirsi di atti intimidatori,
danneggiamenti, furti, compiuti ai danni del Comune stesso ». Fatti
gravissimi, ancor di più in questi mesi, nei quali il Comune è gestito
da tre commissari straordinari inviati dalla stessa prefettura.

  ’Ndrangheta mai doma,
dunque, come conferma il tentativo di condizionare il voto. «Vengono
evidenziati – si legge nel decreto del ministro –, in vista della
prossima campagna elettorale, preoccupanti segnali di avvio della formazione
di alcuni movimenti politici composti da personaggi molto vicini ad
ambienti malavitosi che negli anni hanno instillato nel contesto ambientale
un vincolo di assoggettamento ed intimidazione». Parole molto gravi
che denunciano un ruolo diretto, una sorta di scesa in campo, di uomini
della cosca PesceBellocco, che domina il territorio rosarnese. Proprio
per questo non si deve votare. «L’effettiva presentazione di tali
liste – prosegue, infatti, il documento –, ove il rinnovo degli
organi avvenisse in occasione delle prossime elezioni comunali, rischierebbe
di pregiudicare il lavoro svolto dalla commissione straordinaria per
restituire l’azione amministrativa dell’ente ad un percorso di legalità
ed estraneità ai condizionamenti mafiosi». A maggior ragione dopo
i fatti di quaranta giorni fa, quasi sicuramente provocati, ma certamente
poi gestiti, dalle cosche locali. Che non hanno alcun interesse al recupero
di un clima sereno. E il ministro lo evidenzia. «In considerazione
dei recenti disordini posti in essere da parte della comunità straniera
e della situazione di grave tensione creatasi con la popolazione di
Rosarno, si pone l’esigenza che l’organo di gestione straordinaria
prosegua la sua attività di mediazione con la comunità locale». Si
spera con più mezzi e forza, visto che in questo anno ben poco si era
riusciti a fare, come conferma la pesantissima situazione di sfruttamento
degli immigrati sfociata poi nella rivolta del 7 gennaio. Due questioni,
quella delle liste ‘infiltrate’ e quella degli immigrati, strettamente
legate. Infatti, come risulta ad Avvenire, alcuni esponenti di queste
liste sono stati tra i protagonisti della protesta dei rosarnesi contro
i lavoratori stranieri. Comparendo più volte in tv, facendosi anche
intervistare. E, quindi, non è da escludere che tutto sia stato giocato
proprio in chiave di raccolta di consenso. In vista delle elezioni,
ma anche tipico dell’operare delle cosche, fondamentale per il controllo
del territorio.

  Quella degli immigrati
non è, però, l’unica emergenza che deve essere affrontata con energia.
Non meno inquinata è la gestione dei beni confiscati alla ’ndrangheta:
non utilizzati e lasciati in stato di abbandono dalle amministrazioni
che hanno guidato il Comune di Rosarno. Evidentemente per non ‘offendere’
i boss. «Deve essere riesaminata, nel suo complesso – scrive Maroni
–, l’anomala gestione, condotta dalla precedente amministrazione,
dei procedimenti amministrativi concernenti i beni confiscati alla criminalità
organizzata, per i quali non è stata formalizzata la relativa trascrizione
degli atti di destinazione e conseguentemente non sono state avviate
le necessarie procedure per il riutilizzo dei beni». Che spesso sono
rimasti in mano ai mafiosi, come accertato da alcune inchieste che hanno
visto coinvolti gli ex amministratori comunali. Ma ora si vuole voltare
pagina. «È stata accertata la necessità di un intervento di ristrutturazione
dei beni per i quali sono stati richiesti appositi finanziamenti alla
Regione Calabria. L’esecuzione dei descritti progetti ha richiesto
l’avvio di procedure volte a garantire la massima trasparenza, atteso
che le ingenti somme necessarie per la realizzazione dei relativi lavori
susciterà certamente un forte richiamo per gli imprenditori locali
legati» ai mafiosi.

  Non solo sospetti. Il
quadro descritto dal ministro è quello di un paese ancora dominato
dalle cosche. Soprattutto negli appalti. «In ordine ai lavori di riqualificazione
dell’area urbana – si legge ancora–, l’organo di gestione straordinaria
ha messo in rilievo alcuni episodi, come l’abbandono dei lavori da
parte della società aggiudicataria non appena assunta la consegna del
cantiere, che evidenziano il condizionamento criminale cui sono tuttora
sottoposte alcune ditte». A Rosarno devono lavorare solo le ditte ‘amiche’
dei mafiosi. Politica e affari, sempre ‘loro’, ma non può e non deve
essere così.

  

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