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Se la colpa è di chi muore

Di Norma Ferrara il . Umbria

 Montare una passerella in un oleificio è una attività ordinaria, un lavoro come un altro, cosa c’entra con la morte? Cosa c’entra un boato assordante con le fiamme, il sangue, la paura che toglie il fiato in una normalissima giornata di lavoro a Campello sul Clitunno, in Umbria? Ce lo racconta la prima contro inchiesta dedicata alla strage della Umbria Olii, l’azienda dove quattro lavoratori sono rimasti uccisi dall’esplosione di un silos, il 25 novembre di quattro anni fa. Un processo che è ancora alle fasi preliminari, un imprenditore, Giorgio Del Papa, che non si ritiene responsabile di quell’esplosione e anzi chiede il risarcimento ai familiari delle vittime. 35 milioni di euro a vedove e figli: una storia che non ha precedenti. Dal 1950 in Italia sono 100mila i lavoratori che non hanno fatto più ritorno dai loro familiari. Ieri all’interno della Carovana per il lavoro sicuro promossa da Articolo 21, alla presenza dell’ex ministro del lavoro Cesare Damiano, è stata presentata la proposta di legge che chiede l’istituzione di una giornata in memoria delle vittime sul lavoro.  Con Fabrizio Ricci, autore del libro “Se la colpa è di chi muore” (Castelvecchi editore, gennaio 2010) parliamo della drammatica e insolita storia della Umbra Olii e di legislazione in materia di sicurezza sul lavoro.

Partiamo dalla fine. Anno 2010. A che punto si trova il processo in corso contro la Umbria Olii per la morte di quattro lavoratori: Tullio Mottini, Vladimir Todhe, Maurizio Manili, Giuseppe Coletti?

Il processo è iniziato solo tre anni dopo la morte dei lavoratori dello stabilimento che raffina olio di oliva nel Comune di Campello sul Clitunno, il 24 novembre del 2009; di gran lunga in ritardo rispetto ad altri processi, penso a quello della Thyssen-Krupp di Torino. Dopo quest’attesa, in realtà, soltanto domani si entrerà nel vivo del procedimento giudiziario per la morte dei quattro operai. Sino ora, infatti, ci sono state delle udienze di carattere burocratico – procedurale. La difesa dell’imprenditore in questa vicenda si è contraddistinta per una linea insolita, di contrattacco, con la conseguenza ricerca di scappatoie o ostacoli che hanno rallentato il normale iter processuale. Di ostacoli sul percorso della giustizia per accertare le responsabilità di queste morti sul lavoro ce ne sono stati e ce ne saranno, a mio avviso, molti altri.

Perché questa scelta da parte della difesa che rappresenta in aula l’imprenditore a capo dell’azienda Umbria Olii, Giorgio Del Papa?

Del Papa è intimamente convinto di essere una vittima di questa vicenda e di essere, come dire, al centro di una sorta di attacco su più fronti: da parte dei mezzi d’informazione, della politica, della procura, dei sindacati, della Regione. In tutte le occasioni in cui ha rilasciato pubbliche dichiarazioni o interviste ha espresso questa posizione. Quello che caratterizza in maniera unica questa storia è il fatto che l’imprenditore abbia chiesto, di contro, un risarcimento di 35 milioni di euro alle vittime – da qui il titolo del mio libro “Se la colpa è di chi muore”. Per la prima volta un imprenditore non solo ritiene di non essere responsabile della morte di quattro lavoratori avvenuta dentro la sua azienda ma accusa i lavoratori morti, di essere i colpevoli dei danni causati alla sua azienda con l’esplosione dei silos. Questa richiesta, va da sé, oggi pende sulle spalle delle vedove e dei figli. La scelta di mettere in atto tutte queste strategie difensive che hanno rallentato l’iter è legata a questa convinzione personale. Convinzione che però cozza prepotentemente con gli elementi che sono emersi nel corso delle indagini.

Nel libro viene fatta una ricostruzione di questi elementi che dimostrano le responsabilità dell’imprenditore nella vicenda. Quelli riscontrati dai periti della procura di Spoleto. Puoi dirci, in sintesi, quali sono?

I fatti sono questi. C’è una azienda metalmeccanica, la ditta di Maurizio Manili che sta lavorando per conto della Umbria Olii per effettuare dei lavori di manutenzione straordinaria. Alla Umbra Olii infatti, è stato chiesto da parte dell’agenzia delle dogane di istallare alcune passerelle sopra i giganteschi silos (dove è contenuto l’olio che l’azienda raffina) per effettuare i campionamenti sulla qualità. Questa azienda lavora da quattro giorni, dentro la Umbria Olii con alcuni suoi operai. Giunti al sabato, intorno all’ora di pranzo, gli operai stanno installando l’ultima passerella, incidendo con il saldatore elettrico. Il Silos in pochi secondi salta in aria. Questo accade perché nell’ultimo Silos era contenuta una quantità molto elevata di un gas, fortemente esplosivo, che si chiama esano. Sulla mancata informazione circa la presenza di questo gas si gioca la vicenda processuale. Secondo i periti della procura di Spoleto l’imprenditore avrebbe dovuto informare i lavoratori della Manili della presenza di questo gas e redarre quello che si chiama: documento di valutazioni dei rischi.

Sulla passerella c’era anche Maurizio Manili, l’imprenditore della ditta di manutenzione, se avesse saputo della presenza del gas, di certo non sarebbe salito…

I periti sottolineano soprattutto questo. Se è vero che la presenza di quel gas era nota, di certo Manili non sarebbe salito sui silos (nè avrebbe fatto salire i suoi lavoratori) con una fiamma ossidrica; Manili e i suoi operai pensavano infatti che dentro i silos vi fosse l’olio d’oliva, e notoriamente questo non esplode, anche se gli si mette accanto una fiamma ossidrica. Il problema è che dentro c’era questo gas e queste quattro vite sono saltate in aria.

Un altro aspetto drammatico di questa vicenda è che i dipendenti della Umbra Olii, nei giorni successivi all’incidente, tendono a prendere le parti dell’imprenditore, nell’intento di conservare il proprio posto di lavoro, si presume… perché?

Questo è uno degli aspetti più tristi della vicenda. Almeno una parte dei dipendenti della Umbra Olii, quelli che sottoscrissero le famose lettere rese pubbliche nell’estate del 2008, presero le difese di Del Papa e anche nelle aule giudiziarie, interloquendo con i familiari delle vittime, hanno espresso la loro posizione. Da un certo punto di vista questa paura è comprensibile, per la centralità che ha un posto di lavoro, per le famiglie, oggi. Dall’altra però davanti alla morte di quattro persone, francamente, tutto il resto è davvero secondario. Questa posizione dei lavoratori della Umbria Ollii lascia un po’ a riflettere, per la drammatica situazione in cui si giunge talvolta: quella di mettere dei lavoratori contro altri.

Nel tuo libro ti occupi ampiamente anche dell’attuale legislazione in materia di sicurezza sul lavoro. Dal Testo Unico, alle ultime modifiche, passando per il decreto “salva manager”. Qual è situazione attuale per i lavoratori?

Il pure importante lavoro che è stato svolto sulle modifiche alla controriforma del Testo Unico, hanno comunque portato delle modifiche che cambiano la situazione per i lavoratori. Con la salita al Governo di Berlusconi, il ministro Sacconi, ha subito detto di voler mettere mano al Testo Unico. Inizialmente la riforma proponeva un cambiamento radicale: un’impostazione secondo la quale prima di tutto la colpa è del lavoratore, se poi questo non ha colpe, allora questa ricadrà sull’imprenditore. Un impianto che rovescia il principio secondo il quale la responsibilità è sempre dell’ imprenditore. Questa norma è stata bloccata, grazie all’intervento del Presidente della Repubblica e alla grande pressione che si è sviluppata intorno da parte di partiti, regioni, sindacati, assoc
iazioni, anche nel centro – destra. Questo non toglie che nella riforma, che poi è diventata legge, rimangono tanti arretramenti rispetto al TU voluto dal governo Prodi. Le sanzioni, ad esempio, sono state dimezzate. Se prima erano previsti da 8 a 16 mesi di carcere per l’ imprenditore che non predispone il documento di valutazione dei rischi, adesso ci va da 4 a 8. Si è evitato il peggio ma pure evitando il peggio sono state fatte delle concessioni. Confindustria si è dichiarata soddisfatta del risultato…

Ieri durante la presentazione della proposta di legge per l’istituzione di una giornata in memoria delle vittime del lavoro, Cesare Damiano ha ricordato inoltre la stretta correlazione fra lavoro nero e sicurezza sul lavoro. Spesso aziende che operano nell’illegalità mettono maggiormente a rischio la vita dei lavoratori. Qual è situazione per l’Umbria?

In Umbria c’è un elemento di contrasto a questo fenomeno che è rappresentato dal Durc, documento unico di regolarità contributiva. Dal post – sisma è stata introdotta questa regola per cui tutto il meccanismo di appalti e subappalti va certificato in maniera chiara. Questo ha ridotto in parte il margine di lavoro nero nella nostra regione. Ciò non toglie che questo fenomeno ci sia. Ricordo, non molti anni fa, la storia di un lavoratore straniero, trovato morto, abbandonato per strada nei pressi di Assisi; era caduto da un’impalcatura, era irregolare non aveva copertura ed si era preferito abbandonarlo per strada … Ecco questo rischio c’è sempre, nonostante tutto.

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