Traffico di clandestini a Siracusa: in chiesa la centrale operativa
La polizia di Siracusa sta eseguendo nove provvedimenti di custodia cautelare, emessi dal Gip del Tribunale di Catania, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’illecita permanenza di stranieri nel territorio dello stato italiano, falso ideologico in atto pubblico e false dichiarazioni a Pubblico Ufficiale.
Le indagini, coordinate inizialmente dalla Procura della Repubblica di Siracusa e successivamente dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, ruotano attorno a una presunta organizzazione criminale che aveva la sua base logistica nella chiesa di Bosco Minniti a Siracusa. Il clan, che avrebbe gestito la permanenza in Italia di extracomunitari di origine cinese e nigeriana, produceva e rilasciava, dietro lauti compensi, documenti falsi necessari per ottenere i relativi permessi di soggiorno per asilo politico o protezione, tanto da diventare un punto di riferimento a livello nazionale per i clandestini provenienti da diverse parti d’Italia.
Attraverso questo sistema l’organizzazione sarebbe riuscita ad ottenere la regolarizzazione di numerose ragazze di origine nigeriana, avviate da tempo alla prostituzione in Campania. A due donne è stato contestato anche il reato di riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione. C’è anche padre Carlo D’Antoni, parroco della Chiesa di Bosco Minniti, da tempo impegnato in prima linea nel sostegno ai disagiati e soprattutto agli immigrati, tra gli indagati dell’operazione. Il reato ipotizzato nei suoi confronti dal Gip di Catania, che ne ha disposto gli arresti domiciliari, è associazione per delinquere. Stessi reati sono contestati anche all’avvocato Aldo Valtimora, un professionista assai attivo anche lui nell’azione di sostegno e di assistenza ai migranti, e ad un collaboratore, Antonino De Carlo, che sono stati posti anche loro agli arresti domiciliari. Analogo provvedimento restrittivo è stato eseguito nei confronti di due nigeriani.
A due loro giovani connazionali è stata imposta la misura restrittiva dell’obbligo di dimora.
Per altre due nigeriane, allo stato irreperibili, invece, il Gip di Catania ha emesso ordine di custodia cautelare in carcere per riduzione in schiavitù e sfruttamento.
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