NEWS

La lezione dell’immigrato
non si tratta con i ricattatori

Di Giovanni Marino (Repubblica Napoli) il . Campania

C’è una parte della città che viene a patti con i delinquenti. Ci sono persone dalla vita assolutamente regolare, apparentemente senza macchie, che intavolano serrate trattative con uomini della camorra. O, se va bene, di una loro vicina “succursale” mafiosa.

Lo scopo, è riottenere una macchina, vecchia o nuova poco importa, rubata dalla stessa organizzazione criminale. Pagando meno di quanto occorrerebbe per riacquistarne un’altra (leggi).
A questi uomini, che probabilmente incontriamo ogni giorno e con i quali magari abbiamo pure buoni rapporti di lavoro o amicizia, neppure per un attimo viene in mente l’idea di denunciare i ricattatori. Di segnare una netta e distinta linea di confine tra loro e noi. Tra società civile e criminalità. Di comportarsi correttamente. Di dare un segnale inequivoco a capi e capetti della mala: siete feccia, con voi nessun rapporto, ci penseranno magistratura, polizia, carabinieri e finanza a stroncare l’odioso ricatto. 
No, ci si infila in una oscura strada dove la linea di confine diventa opaca, indistinta, grigia. Sbiadisce fino a scomparire. 

Descrivono tutto questo, con la dirompente forza che viene da un documento audio, i tre file pubblicati da www.napoli.repubblica.it. e l’inchiesta di Elio Scribani che potete leggere integralmente sia sul sito, sia sull’edizione napoletana di “Repubblica”. 

Perché se, da una parte, tutto questo giro illecito già si conosceva con il termine di “cavallo di ritorno”, sentire la viva voce di delinquenti e cittadini che trattano, colpisce. Eccome. Uomini che nulla hanno a che fare con la camorra umiliati nella trattativa, prostrati, incapaci di ribellarsi. Minacciati e a tratti sbeffeggiati da chi, invece, dovrebbe temere una possibile reazione, una denuncia, un arresto. 
Nulla. Certi dell’impunità, gli uomini del racket fissano tariffe, appuntamenti, modalità di restituzione. Come in un normalissimo business. Un affare. 

Quelle parole segnano esattamente l’attuale distanza che oggi esiste tra una città infestata, scossa e inquinata dal crimine e una città normale. Sul nostro sito si è subito scatenata una intensa discussione tra chi invita alla ribellione contro queste forme di criminalità e chi, invece, continua a sottostimarle e concentra il suo commento soprattutto sul fatto che il “cavallo di ritorno” è pratica vecchia e ben risaputa. Quasi a dire: si sapeva, appunto, c’è di peggio, tiriamo avanti.

A questi va ricordato un piccolo episodio di cronaca di pochi giorni fa. Un immigrato, sì un cittadino straniero, un ucraino, ha subìto una richiesta estorsiva, una mini tangente, da due vigili urbani. Una sproporzione di forze, uomini delle istituzioni contro chi vive, mai come adesso, nell’incertezza dei propri diritti e in una terra lontana dalla sua.
Ebbene, il cittadino ucraino non ha esitato a denunciarli. Trovando adeguata e pronta sponda nel generale Luigi Sementa, ex carabiniere anticamorra, che in breve ha fatto arrestare quelle divise infedeli. 

No, l’ucraino non ha fatto calcoli, si è comportato subito nel segno della legalità. Non così può dirsi per i tanti napoletani che alimentano il racket del “cavallo di ritorno”. E’ questo non è neppure un giudizio. Lo dicono i fatti. Lo raccontano queste crude intercettazioni.

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link