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Lavoro: disoccupazione, precariato

Di Stefano Busi il . Umbria

Membri delle Istituzioni, leader sindacali locali e nazionali, personalità del terzo settore di più  varia ispirazione culturale e politica hanno delineato un quadro lavoro e disoccupazione che non pare azzardato definire desolante: disoccupazione in crescita esponenziale, ricorso sempre più massiccio alla cassa integrazione, flessibilità che diviene precarietà, e assurge ad essere un dato strutturale del mercato del lavoro, incapacità della classe dirigente, sia politica che imprenditoriale, nel mettere in campo strategie di rilancio lungimiranti ed efficaci. Una crisi profonda, che prima che economica è sociale e culturale; una deflagrazione i cui effetti si sentiranno per almeno i prossimi 7-8 anni.

Siffatto lo scenario, si pone con forza l’interrogativo: che fare? Come individuare delle soluzioni a questa fase di difficoltà? Insomma, come uscire dalla crisi salvaguardando non solo l’impianto del Welfare –State, ma l’idea stessa di società intesa come comunità solidale, fondata su principi di legalità e giustizia sociale? Occorre sicuramente rilanciare lo sviluppo industriale-manifatturiero ma, come suggeriva Rinaldini (FIOM) riferendosi al comparto dell’automobile, con un occhio di riguardo per le problematiche ambientali ed energetiche, intimamente connesse con lo sviluppo tecnologico. Non c’è sviluppo tecnologico però senza investimenti seri in formazione, ricerca e sviluppo: se da un lato lo Stato ha il dovere di investire nelle scuole e nelle università, anche le imprese devono riprendere ad impiegare gli utili in ricerca e sviluppo, anziché imbarcarsi in avventure finanziare rischiose e profittevoli solo per le rendite dei singoli.

Accanto a misure di tipo strutturale sulla produzione, si rende necessario intervenire su due aspetti, uno riferito al mercato del lavoro e l’altro alla politica dei redditi: va eliminata la precarietà come fenomeno persistente del tessuto lavorativo, è ormai chiaro infatti che la flessibilità si traduce sempre (o quasi) in una situazione di assoluta insicurezza per migliaia di lavoratori, per i quali è impossibile progettare la propria vita in un orizzonte temporale che superi pochi mesi. Sul piano dei redditi, si torna a parlare di forme di reddito minimo garantito come intervento di sostegno sicuramente non esaustivo, ma di sicuro impatto sulla qualità della vita dei soggetti più colpiti dalla crisi.

Una discussione ricca quindi, che ha visto la partecipazione attiva dell’uditorio, attento e preparato. Nello spazio dedicato agli interventi, sono state molte le sollecitazioni ai rappresentanti del mondo sindacale e istituzionale, che non si sono sottratti al confronto ed anzi hanno tentato di fornire delle spiegazioni e garantire il proprio impegno. L’impressione insomma è stata quella di un incontro denso di contenuti, in un terreno sicuramente difficile e impervio; un punto di partenza importante per la messa a sistema di quelle competenze, culture, sistemi valoriali che in questi tre giorni stanno facendo strada insieme, ma soprattutto una buona occasione per proporre delle soluzioni. Nel silenzio della politica e dell’economia, spetta alle forze sociali caricarsi dell’onere di indicare un percorso di uscita dalla crisi. Una strada da attraversare insieme.

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