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Giustizia, la necessità di una azione radicale

Di Stefano Fantino il . Progetti e iniziative

Un invito a rompere gli idoli, a dimostrare di vivere la radicalità. Per Giancarlo Caselli, procuratore capo di Torino sta in questo il rimedio e la risposta che la gente può dare al problema crisi della giustizia, ormai sulla bocca di tutti da sembrare un luogo comune, ma, in vero, reale e preoccupante. 

E in mezzo alle plurime problematiche della giustizia, l’appello di Caselli non è rivolto solo ai presenti ma a quanti non si rassegnano a vivere in maniera qualunquista questi tempi. Strozzata da un bilancio in caduta libera, la giustizia vede rincorrersi norme e decreti che ignorano la carenza di effettivi, mezzi e strumenti, sulla quale si deve intervenire per potere incidere davvero. Le parole del procuratore arrivano in una giornata che ha visto lo sciopero del personale ausiliario, impiegati e cancellieri, che in maniera massiccia hanno aderito per dare un sentore di allarme. Cosa, peraltro, già fatta dai magistrati, stessi, in concomitanza con l’apertura dell’anno giudiziario, con l’uscita dall’aula.  

Proprio la mancanza di mezzi, rende, dice Caselli, «illusorio» il cosiddetto “processo breve”, sbrigativa e affascinante definizione di un qualcosa che tutti vorrebbero ma che senza le risorse appare poco meno di un’utopia. Soprattutto, e su questo il procuratore capo di Torino insiste, all’interno di una azione legislativa che tenta di far rientrare «il pm sotto controllo dell’esecutivo» e si appella tanto alla sicurezza per poi tradirla in maniera perentoria. Il riferimento chiaro è alla legge sulle intercettazioni, che «piccona il vero baluardo della sicurezza» e le scelte in campo di “clandestinità” che permetteranno di celebrare processi “per poveracci”. 

Un tema quello dei clandestini che appassiona parecchio Caselli: un novum negativo è infatti definito il reato che permette di agire penalmente contro una persona punendo il suo status; una novità perché «si abbassa la qualità della democrazia violando il principio di legalità». 

I contorni, grigi per Caselli, di questa realtà politica sarebbero diretti a regolare la giustizia secondo una «inefficienza efficente» tanto scomposta e disorganizzata nel gestire il sistema italiano, quando feconda nel perseguire i fini personale di altre persone. Da qui lo slancio di Caselli a difendere la magistratura, «patrimonio di tutti i cittadini e non privilegio di casta». E la conclusione, con il rimedio: l’indignazione e la voglia di radicalità per cogliere le problematiche e fare massa critica contro l’apatia, l’indifferenza e il qualunquismo.

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