Il tesoretto europeo delle mafie
Esportare il riuso sociale dei beni
confiscati, basandosi sull’esperienza italiana, ma a quale Italia
bisogna guardare? Direttamente da Reggio Calabria dopo il Consiglio
dei Ministri che ha approvato varie misure antimafia, il ministro
Maroni non solo ha parlato della nuova agenzia nazionale per i beni
confiscati ma ne ha anche indicato la data di inaugurazione.
«L’agenzia nazionale per i beni confiscati che avra’ sede a Reggio
Calabria sara’ insediata “entro 15 giorni”». Piena
attuazione , quindi, a quella strategia quantomeno fumosa e
controversa che il governo ha portato avanti sul tema: da un lato una
legge che mortifica la 109/96 permettendo la vendita all’asta dei
beni, dall’altro una agenzia che coordini la gestione degli stessi.
Segni di contraddizione nel Paese che quattordici anni fa aveva visto
una formidabile raccolta firme a sostegno di una legge di iniziativa
popolare, all’avanguardia nella riconquista del maltolto mafioso. Ma
se l’Italia si ferma, in Europa la presa di coscienza del valore
della confisca e del riuso sociale sempre timidamente prendere piede.
Prova ne è l’audizone del Commissario designato per gli Affari
interni Cecilia Malmstrom, che oltre ad aver riconosciuto il problema
mafia come un tema importante e comune per l’Unione ha riconosciuto
che il viatico della 109/96 deve essere percorso anche in Europa,
dove le mafie e le loro risorse finanziarie spesso silenziosamente si
diffondo a macchia d’olio. Ne abbiamo discusso con Rita Borsellino,
eurodeputato e sorella del giudice Paolo.
La settimana scorsa l’audizione della
Malmstrom, Commissario designato per gli Affari interni, ha portato
l’Europarlamento a discutere del tema mafia, in che modo?
Durante la seduta c’è stata
un’esposizione molto chiara della Malmstrom, un discorso introduttivo
con linee abbastanza chiare, devo ammettere; ciò che ha provocato la
mia domanda è stato il fatto che si è parlato di terrorismo, si è
parlato di criminalità, si è parlato di immigrazione ma non ho mai
sentito nominare il termine mafia, una criminalità organizzata,
particolare come sappiamo. Mi è sembrato quindi utile davanti al
Commissario designato per gli Affari Interni chiedere lumi sul
mancato pronunciamento su questo tema e se non pensasse che questo
argomento non meritasse una particolare attenzione. E in particolare
ho citato la legge 109/96, una legge di iniziativa popolare che, come
sa, permette il riuso sociale dei beni confiscati.
Cos’ha detto nello specifico sui beni
confiscati?
Devo dire che la commissaria si era
parecchio documentata e ha fatto proprio riferimento a questa legge
italiana parlando di una futura possibile normativa europea su questo
tema. Ha detto che da Commissario si sta adoperando in questo senso,
affinché una normativa comunitaria estenda il riuso sociale dei beni
confiscati a tutta l’Europa. Questo mi ha fatto piacere perché
significa che dell’argomento si era davvero interessata. Il tutto
mentre l’Italia discuteva e approvava la possibilità di mandare
all’asta i beni: questa iniziativa europea mi ha in parte rincuorato.
La risposta positiva del Commissario
Malmstrom e la voglia di intraprendere un percorso europeo sul tema
dei riuso sociale dei beni confiscati, troverà dei problemi, delle
“resistenze” culturali e giuridiche sul percorso?
Le differenze ci sono sicuramente anche
solo a livello di percezione del problema mafia, che non è sentito
allo stesso modo da tutti i Paesi. Ci sono Paesi che, a parte
l’Italia ovviamente, sentono maggiormente la questione o per problemi
di vicinanza, diciamo così, o per problemi di altre mafie, infatti
oggi, giustamente utilizziamo la parola al plurale, e non più al
singolare. Mi riferisco a quei paesi che conoscono il fenomeno e lo
hanno presente nei rispettivi territori, penso ai paesi dell’est
Europa che sicuramente vivono questa situazione. Io so per esempio
che in Albania si sta facendo un lavoro sulla confisca dei beni,
anche di buona lena, perché loro aspirano ad essere riconosciuti
nell’Unione. L’Italia anche da questo punto di vista, come
conseguenza della presenza mafiosa, è all’avanguardia sul tema. E il
fatto che sia stata frutto, quella legge, di una iniziativa popolare,
signfica anche che c’é una coscienza civile. Per questo non si può
pretendere che gli altri paesi abbiano la stessa attenzione, la
stessa coscienza; sicuramente si può e si deve pretendere che questo
non venga considerato un problema soltanto di alcuni visto che le
mafie, ormai, i loro interessi li hanno estesi in tutta Europa.
Quello della legge 109 “europea”
sarebbe il mezzo per colpire la mafia nel potere finanziario dunque?
Esattamente, l’estesione europea della
mafia è frutto soprattutto di investimenti, ecco perché questa
legge consentirebbe di perseguirla a livello continentale: non si
tratta in un Europa di una mafia che ha controllo del territorio, ma
la sua presenza c’è dal punto di vista degli investimenti. Gli
europei devono comprendere che sarebbe, questa legge, conveniente per
loro.
In Italia alla legge per il riuso
sociale ci siamo arrivati con una iniziativa popolare, come ci si
arriverà in Europa, ferma restando la necessità della necessità di
estendere una sensibilità verso questo tema?
Io penso che il processo, in Europa,
possa essere di tipo inverso a quello che si è svolto in Italia. Nel
nostro paese è stata una popolazione sensibile che aveva subito
sulla sua pelle le conseguenze tragiche della presenza mafiosa,
ancora di più negli anni precedenti alla formulazione di questa
legge, colpita dalle stragi del ’92 e del ’93, che si erano estese al
di fuori dei confini siciliani. Questo ha permesso una grande
mobilitazione popolare guidata da Libera che ha portato a
sensibilizzare la politica e le istituzioni. Io non credo che nei
paesi europei si possa fare un percorso simile perché sicuramente è
più “semplice” e agevole sensibilizzare i parlamentari europei,
rappresentanti dei vari paesi, che poi possono sensibilizzare i loro
concittadini. Perchè, non essendo la presenza mafiosa così
drammaticamente visibile come in Italia, sarebbe difficoltoso il
percorso contrario; io mi accorgo, per esempio, che di fronte a
queste mie richieste sono più attenti i rappresentanti di alcuni
paesi, per esempio la Spagna , che ha vissuto il problema del
terrorismo o paesi che già hanno cominciato ad avere contatto con le
mafie, come la Germania, che ha visto la strage di Duisburg. Credo
che si debba quindi partire dalla sensibilizzazione del Parlamento e
delle Istituzioni europee per assumere una decisione che poi abbia
una ricaduta su tutti i paesi.
Il tutto mentre in Italia la 109 viene
depotenziata gravemente dalla possibilità di mettere all’asta i
beni…
Questa è una situazione paradossale.
Per cercare di impedire che questa legge venisse approvata la
mobilitazione popolare c’è stata ancora una volta, tante categorie,
associazioni, si sono espresse, attorno al rifiuto di questo
cambiamento, eppure il governo e certa politica hanno lo stesso
portato avanti questa situazione. Mentre allora si prese atto della
mobilitazione popolare e le si diede una soluzione consequenziale,
questa volta si è agito nonostante la mobilitazione.
Durante l’audizione di cui sopra, si è
parlato anche di immigrazione, come ricollega al tema a recenti
sviluppi di cronaca che lo vedono intrecciato a quello delle mafie?
Spesso l’agire può essere dettato
dalla scarsa conoscenza, ma non penso in questo caso, per fatti che
avvengono in Italia e di cui è impossibile non avere delle chiavi di
lettura. Tre giorni fa ho partecipato a una missione a Rosarno, con
il gruppo S&D cui appartengo, a verificare di persone i perché è
accaduto quello che è successo. Abbiamo avuto una chiara chiave di
letture: la ‘ndrangheta ha manovrato una situazione e ha gestito da
sempre la riduzione in schiavitù degli immigrati, e organizzandone
il lavoro. Cose che analizzeremo in un studio che verrà scritto dopo
questa missione.
Cosa ne viene fuori?
Nel momento in cui questi lavoratori
non servivano più perché la loro presenza non era più convenienti,
perché conviene non raccogliere le arance ma farle marcire
sull’albero, per il diverso modo in cui l’Europa ora elargisce i
contributi, non più sulle arance raccolte ma sull’estensione del
terreno coltivato, dovevano liberarsi di queste persone, un peso
ormai. E hanno scatenato un conflitto su un territorio che vedeva una
convivenza tollerante nei confronti di questi migranti. Con la
conseguenza che volevano: sono stati presi dalla polizia e portati
via. Una mafia che utilizzava a suo piacimento queste persone.
In queste settimane la cronaca ha
offerto anche parecchi spunti sul tema della giustizia, non solo dai
palazzi ma anche riguardanti le minacce ai magistrati nisseni, ad
esempio…
Emotivamente non posso che seguire
attentamente ciò che accade, soprattutto a Caltanissetta, dove un
pugno di magistrati, coraggiosi, determinati e coerenti ha deciso di
scoprire la verità. Hanno avuto il coraggio di rimettere in
discussione e soprattutto di rimettersi in discussione perché c’era
stata una sentenza definitiva su via D’Amelio, ma loro hanno avuto
forza di aprirsi a questi nuovi elementi dopo averli verificati. Non
è un caso che ricominci l’attacco ai magistrati non solo dal punto
di vista mediatico e istituzionale ma anche militare, da parte di una
mafia che diventa arrogante perché deve tutelarsi, nel momento in
cui si riaprono le indagini.
Pensa che sia una strategia il fatto
che la minaccia fisica si sommi spesso alla delegittimazione?
Certo anche togliere gli strumenti con
normative che disarmano i magistrati. Un attacco concentrico che
viene sferrato da tre parti, in mezzo si trovano loro completamente
senza mezzi, eppure vanno avanti, forti della loro coerenza.
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