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Appalti, cemento e inerti all’ombra della mafia

Di Rino Giacalone il . Sicilia

L’imprenditore del cemento in assoluto nella Valle del Belice era cresciuto tanto da riuscire a diversificare i suoi interessi. Dal calcestruzzo e dagli inerti il belicino Rosario Cascio, settantenne, era passato anche ad interessarsi di agricoltura, ortofrutta, olivicoltura, produzione di vino, ma anche di commercio e vendita di petroli e di auto. Tutto secondo gli investigatori all’ombrta della potente mafia del latitante Matteo Messina Denaro dopo che era passato anche attraverso una certa vicinanza  con il boss dei boss di Corleone, Totò Riina.

Il maxi sequestro dei beni degli imprenditori belicini Rosario e Vitino Cascio, 76 e 68 anni anni è scattato a seguito del pronunciamento del tribunale delle misure di prevenzione di Agrigento. I due soggetti sono ritenuti socialmente pericolosi per i contatti con le famiglie mafiose della Sicilia Occidentale. Una proposta di sequestro che era stata avanzata dalla Dia e dalla Procura antimafia di Palermo. Oggi siamo dinanzi ad un sequestro ingente che priva le casse di Cosa Nostra di un patrimonio che supera i 550 milioni di euro. Hanno lavorato a lungo gli investigatori della Dia di Trapani in modo particolare, a guardare decine e decine di faldoni, spulciando tra carte societarie di ogni genere e conti bancari, sono stati gli “specialisti” di quel gruppo che all’interno della Dia trapanese ha messo a segno altri colpi, come quando fu individuato il “tesoro” nascosto dell’imprenditore di Castelvetrano Giuseppe Grigoli, il presunto prestanome del super boss latitante Matteo Messina Denaro. Anche Rosario Cascio ha molte cose che lo fanno ritenere vicino alla cosca dei Messina Denaro. spregiudicatezza e arricchimento deriverebbero proprio dall’appartenenza alla “famiglia” del “massanstissima” della mafia del Belice. Gli investigatori della Dia di Trapani che hanno letto migliaia di carte ne sono convinti. I risultati di questa operazione sono stati illustrati a Palermo durante una conferenza stampa cui hanno partecipato investiogatori della Dia e della Guardia di Finanza, anche le fiamme gialle hanno dato un loro apporto. Ma nella lotta alla mafia ancora una volta è il “gruppo” la sinergia tra gli investigatori che vince: le indagini sul patrimonio di Rosario e Vitino Cascio sono state condotte per lungo tempo dal pool apposta creato dentro la Dia di Trapani per dare la caccia ai patrimoni illeciti, a guidarlo il colonnello delle Fiamme Gialle Rosolino Nasca. Una maxi rapporto finito poi sui tavoli del giudici delle misure di prevenzione di Agrigento che infine hanno disposto la confisca.

Gli affari di Cascio. Cemento e inerti, un monopolio che gli ha permesso di entrate dentro mille e passa cantieri pubblici e privati della Sicilia Occidentale, “conquistando” commesse pubbliche per svariati miliardi di vecchie lire. Le sue imprese, secondo i giudici del tribunale delle misure di prevenzione ma prima ancora secondo i rapporti investigativi antimafia che lo hanno riguardato, sono state “armi” a disposizione della mafia, quella “sommersa” che per imporsi non ha più bisogno di sparare, manovra attraverso società imprenditoriali, gestendo casseforti di gran valore per il loro contenuto in termini di denaro. Il sistema funziona ancora così nel 2010 mentre ci si racconta di arresti e sequestri che avrebbero indebolito Cosa Nostra. La mafia non è battuta e non è finita, grazie a norme che per esempio depenalizzano certi reati o abbassano la soglia di punibilità, la mafia ha potuto rimettere in piedi nuove aziende e nuove società, per coprire i posti vuoti lasciati da quelle confiscate. Il sistema nel sistema che poi esiste consente di portare alla liquidazione e al fallimento le imprese confiscate. Circostanza emersa nel caso dell’impero dell’imprenditore Rosario Cascio. Tra il 1993 ed il 2000 l’imprenditore infatti aveva subito un altro sequestro e una conseguente confisca, durante il periodo dell’amministrazione giudiziaria queste società subirono un brusco rallentamento della loro crescita, una netta diminuzione del volume degli affari, questo perchè si era interrotto il filo di collegamento tra le imprese e la mafia: quando nel 2001 Cascio tornò in possesso di queste aziende le cose tornarono subito come erano un tempo, imprese che riacquistarono subito terreno e potere.

I precedenti.

Non sono poche le indagini che si sono interessate all’imprenditore Rosario Cascio: il delitto del colonnello Giuseppe Russo (fu prosciolto), quella sui collegamenti con Riina e il cosiddetto ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra, l’odierno pentito Angelo Siino. Cascio fu coinvolto nell’operazione antimafia Petrov (ma fu assolto), solo nel 2005 fu condannato in via definitiva a sei anni di carcere per avere fatto parte di Cosa Nostra dal 1988 al 2004. Appalti, cemento e inerti le attività prevalenti condotte da Cascio all’ombra della mafia. Ci sarebbe stato un castello fatto di imprese compiacenti che avrebbero lavorato fianco a fianco al gruppo imprenditoriale dei fratelli Cascio, così che se non erano loro ad arraffare appalti e commesse potevano farlo altri ma sempre soggetti e imprese a loro disposizione. Pochi, secondo le indagini, gli imprenditori e gli operatori economici della Valle del Belice che sono stati in grado a sottrarsi al controllo fatto dai Cascio che poco alla volta è finito con il diventare icapace di pilotare il sistema, creando addirittura un consorzio di imprese, cercando di dare parvenza legale a ogni cosa, con la costituzione del consorzio “Unicav”, dove dentro ovviamente c’erano le imprese a disposizione dell’organizzazione.

Il sequestro.

Si tratta di imprese intere o di quote sociali. Calcestruzzi Belice con sede a Montevago (400 mila euro), Calcestruzzi Clemente, Montevago (103 mila euro), ditta Cascio Rosario di Partanna (edilizia), ditta Accardo Maria di Partanna (ortorfutta e olivicola), Calcestruzzi srl di Montevago (46 mila euro), Atlas Cementi di Mazara, Inerti srl di Menfi, ditta di trasporto Trasped, Vini Cascio srl di Castelvetrano, Efebo car di Castelvetrano (concessionaria d’auto), Castelpetroli di Castelvetrano (impianti distribuzione carburante), Saturnia (agricoltura) di Partanna, Olivo snc di Partanna, terreni e fondi rustici a Manicalunga di Castelvetrano, a Partanna, Menfi, fabbricati a Partanna, Menfi. Nel sequestro sono comprese anche imbarcazioni, autovetture e conti correnti presso diverse banche.

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