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Cosa nostra in cerca d’autore

Di Lorenzo Frigerio il . Recensioni

Si legge tutto d’un fiato “Il Gotha di Cosa Nostra” ed è questo un sicuro elemento di valore, dato che non è scontato per un documento giudiziario essere di così facile comprensione e di immediata e godibile lettura. Come ricorda l’ex presidente della Commissione Antimafia Francesco Forgione nella sua prefazione: “Quando il potere vuole occultarsi usa un linguaggio incomprensibile. Quando vuole essere trasparente, anche con la scrittura di un atto giudiziario, si propone in modo aperto, leggibile in tutte le sue espressioni e le sue dinamiche. La sentenza del giudice Morosini è scritta per essere letta, non solo per motivare le giuste e necessarie condanne dei protagonisti di una storia criminale”.

Il testo in questione è uno stralcio della sentenza di primo grado emessa da Morosini, giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Palermo, al termine del rito abbreviato e rivela tutte le dinamiche interne a Cosa Nostra, a seguito dell’arresto di Bernardo Provenzano, avvenuto l’11 aprile del 2006. Si chiede innanzitutto Morosini se la cattura di Provenzano possa mettere realmente la parola “fine” a Cosa Nostra. E l’operazione “Gotha” che è alla base della sentenza in questione fornisce una prima risposta, purtroppo negativa, pur arrivando a decretare lo smantellamento di una intera rete al servizio dell’ultimo dei capi di Cosa Nostra, una rete dove l’ala militare ha un ruolo sempre più residuale per lasciare spazio ad una assortita batteria di “colletti bianchi”, assolutamente più funzionali agli affari e alle mire espansionistiche del boss di Corleone.

Si racconta l’ambiente mafioso nel dopo Provenzano, anche attraverso una serie di riflessioni sulle acquisizioni investigative che mettono in luce il sempre maggior astio crescente tra Nino Rotolo, boss di Pagliarelli e Salvatore Lo Piccolo, leader della famiglia di San Lorenzo, che si contendono in una battaglia fatta di colpi bassi e strategia il dominio su Palermo, mentre Provenzano si gode gli ultimi mesi di latitanza, standosene nascosto alle porte di Corleone e predicando, invano, un profilo basso, l’unico in grado di preservare l’associazione mafiosa dai rovesci degli ultimi anni, che sono costati uomini e risorse come mai non era successo in precedenza.

Il dissidio sui due boss di prima grandezza verte sulla possibilità o meno di utilizzare i cosiddetti “scappati” per rilanciare il ruolo internazionale della mafia siciliana, messa in ombra dal sempre più rilevante peso planetario raggiunto dalle cosche della ‘ndrangheta. Gli “scappati” sono gli eredi delle famiglie palermitane Inzerillo e Bontade, uscite perdenti sul finire degli anni Settanta dallo scontro con gli emergenti boss provenienti da Corleone, guidati da Riina e Provenzano. A costoro venne fatto dono della vita, a patto che non mettessero piede mai più in Sicilia e se ne andassero per sempre a risiedere in America, sotto la protezione delle famiglie americane. Ora Lo Piccolo vuole fare leva sul loro ritorno per mettere in discussione gli equilibri interni alla Cupola e prendere una volta per tutte il sopravvento, approfittando delle difficoltà di Provenzano.

Ciascuno dei due contendenti si richiama alla tradizione e alle regole ferree di Cosa Nostra; quando arrestano Lo Piccolo in suo possesso viene trovato un foglio dattiloscritto contenente un vero e proprio statuto, con tanto di organigramma, rituali di affiliazione, principi e procedure alle quali attenersi, in caso di trasgressione.

Dietro questa battaglia di schieramenti, si nasconde un motivo ben più prosaico: il recupero di una potenza, un tempo massima, nel commercio internazionale di stupefacenti, a partire dai contatti americani in possesso agli Inzerillo, che possono tornare ad essere utili per rivitalizzare la rotta Palermo – New York per il predominio del mercato delle droghe, oggi saldamente nelle mani degli uomini della ‘ndrangheta.

I due giovani su cui scommettere per rinsaldare nuovamente l’alleanza con le famiglie di New York sono Nicola Mandalà di Villabate e Gianni Nicchi, il giovane che Rotolo sta facendo crescere al suo fianco. Sono le nuove generazioni sulle quali i vecchi boss fanno affidamento per non perdere ulteriore terreno nel mercato globalizzato della droga. Ora sono entrambi in galera.

Il libro rende omaggio alla competenza delle forze dell’ordine che, grazie ad appostamenti, intercettazioni e attività di indagine altamente professionali, riescono a mettere con le spalle al muro i capi delle cosche vicine a Provenzano. Dall’inchiesta emerge in tutta evidenza lo stato di tensione interna alle famiglie, pronte a scatenare una nuova guerra intestina, per regolare confini e competenze, per tracciare il nuovo corso della mafia all’inizio di nuovo secolo.

Non c’è solo l’analisi della lotta per la supremazia interna a Cosa Nostra in questo libro, perché largo spazio viene dedicato alla dimensione economica della mafia e alle relazioni con il mondo della politica. Nel libro-sentenza si leggono diversi passaggi dai quali emerge la nuova dimensione della mafia siciliana, una mafia che tenta con leve nuove di giocare in proprio anche una partita politica dai contorni difficili, alla ricerca del miglior interlocutore possibile, ben al di là dei rigidi schieramenti di partito.

Una mafia pronta a giocare le proprie risorse in spericolate avventure finanziarie che però deve gestire contando sull’apporto di una rete di professionisti più attenti al proprio tornaconto che all’adesione al vecchio codice mafioso: “Con un giro d’affari che si espande senza soluzioni di continuità in ogni angolo della penisola, Provenzano e l’azienda Cosa nostra gestiscono attività di varia natura, possono dare lavoro e toglierlo, concorrono alle decisioni collettive. In Sicilia, finiscono per diventare un interlocutore credibile per un vasto proletariato urbano che attende per i suoi problemi risposte più efficienti di quelle fornite dal circuito istituzionale. Il resto lo fa lo scadimento progressivo del senso della legalità che si annida in ogni angolo della pubblica amministrazione e tra quegli operatori economici, non solo siciliani, che vivono il rispetto delle regole come un fastidio e sono disposti a concludere affari con chiunque pur di conseguire vantaggi economici”.

Si raccontano anche i meccanismi di estorsione, praticati con certosina precisione, all’insegna del motto “pagare meno, ma pagare tutti” che contraddistingue il periodo della reggenza di Provenzano. Il quadro della Palermo estorta è un quadro desolante, che solo ultimamente le nuove esperienze di Confindustria siciliana e delle associazioni Addio Pizzo e Libero Futuro hanno messo in crisi, aprendo ad un domani più incoraggiante.

Si ribadisce nel libro, a fronte delle dinamiche in atto che portano la mafia a farsi impresa, la centralità nella battaglia contro le cosche delle misure di contrasto patrimoniale: l’aggressione ai beni e ai capitali della mafia è la frontiera cruciale lungo la quale si gioca larga parte del risultato finale nella partita contro la criminalità organizzata.

E qual è  il futuro che attende Cosa Nostra, dopo che i recenti arresti hanno di fatto decapitato la Cupola e le aspirazioni di vecchi e giovani boss? Morosini è abbastanza certo della risposta a tale proposito: “Il futuro chiede una nuova classe dirigente al posto dei vecchi e sanguinari capi. Il futuro non c’è senza i “propri uomini” nelle istituzioni; senza il supporto di consulenti per le questioni legali, gli investimenti, l’occultamento dei fondi; senza l’abilità nel manovrare l’immenso potenziale economico dell’organizzazione”.

Ci sono quindi tutti gli ingredienti di comple
tezza e scrittura nella sentenza di Morosini che risulta vincente anche per un pubblico non di addetti ai lavori, ma attento all’evolversi di un fenomeno che riguarda tutti da molto vicino, purtroppo.

Piergiorgio Morosini

Il Gotha di Cosa Nostra

La mafia del dopo Provenzano
nello scacchiere internazionale del crimine

Rubettino Editore, Soveria Mannelli (CZ) 2009

pp 206 

€ 14,00

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