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Il dolore può generare speranza

Di Angela de Lorenzo* il . Calabria

Sembrava un nonno, un parente accorso da lontano per portare  sostegno a chi vive un dolore troppo grande per poterlo sostenere  da solo. Quando don Luigi Ciotti, presidente e fondatore di ‘Libera –  Associazioni, nomi e numeri contro le mafie’ è entrato a casa dei  coniugi Francesca e Giovanni Gabriele, i genitori di Dodò –  l’undicenne rimasto vittima di un attentato mafioso avvenuto in un  campetto di calcio in contrada Margherita lo scorso 25 giugno –  sembrava proprio uno di famiglia. È riuscito immediatamente a  creare un’atmosfera di serena familiarità e confidenza, sebbene  fosse la prima volta che incontrava quelle due persone  profondamente provate.  Si è accostato alla tragedia che ha colpito quella umile ed  incolpevole famiglia di un’internata contrada di campagna con  delicatezza, ma senza rinunciare al suo tono deciso e allegro.  Ancora una volta è riuscito a regalare il sorriso e la speranza, a  convincere che, nonostante tutto, bisogna trovare la forza di  ricostruire sulla distruzione morale e materiale che  quotidianamente la ’ndrangheta perpetra ai danni degli individui e  dell’intero territorio.  Per don Ciotti, stabilito l’appuntamento nel territorio crotonese,  incontrarli è stato uno dei primi pensieri e quel suo auto-invito in  casa Gabriele è stato accolto immediatamente con entusiasmo  soprattutto da Francesca, la mamma di Domenico. Ad aspettare  don Luigi Ciotti, c’erano anche don Massimo Sorrentino, il parroco a  cui Domenico faceva da chierichetto e al quale era particolarmente  affezionato e le sue maestre. Presente anche il responsabile del  coordinamento provinciale di Libera, Antonio Tata, e Davide Pati,  della direzione nazionale dell’associazione.  Già in diverse occasioni ‘Libera’ aveva dimostrato di avere a cuore  la sorte di questa sfortunata coppia e l’incontro con il suo fondatore  non ha fatto altro che confermarlo. Don Ciotti a Iannello, infatti, non  ha portato solo parole di conforto, ma anche proposte costruttive  finalizzate a sublimare la triste sorte toccata a Dodò e il dolore dei  suoi genitori in una serie di stimoli capaci di scuotere le coscienze e  far sperare in quel cambiamento che il territorio aspetta da tempo,  ma nel quale forse ormai crede poco. Tra questi stimoli, c’è l’idea  ambiziosa di organizzare una partita di calcio di beneficenza tra le  vecchie glorie della Juventus, la squadra per cui tifava Domenico, e  la nazionale cantanti. I genitori di Dodò hanno espresso il desiderio  che i fondi raccolti vengano devoluti per la costruzione di una  palestra nella scuola di Margherita, “era un sogno per Domenico –  ha raccontato papà Giovanni a don Ciotti -. Voleva che la sua scuola,  che è molto vecchia, avesse una palestra vera. Si lamentava di  dover svolgere con i suoi compagni le lezioni di educazione motoria  in spazi angusti che fungevano da palestra”.  I genitori di Dodò hanno raccontato a don Luigi la loro storia  d’amore, i loro problemi quotidiani, le difficoltà economiche e la  mancanza di un posto di lavoro fisso; gli hanno fatto vedere le foto di  famiglia, i ricordi più belli. Tra lacrime e sorrisi, hanno preso con  orgoglio i quaderni di Domenico, le fotografie di quando era piccolo  e quelle raffiguranti le tappe più importanti della sua breve  esistenza: la prima Comunione, i compleanni, le feste di carnevale,  le recite e poi il premio ‘Pucciarelli d’Afflitto’, che vinse, proprio un  mese prima dell’agguato, come miglior alunno della scuola.  Orgogliosi di quel figlio che non c’è più, hanno cercato in tutti i modi  di farlo conoscere al fondatore di ‘Libera’ e per questo hanno riletto  insieme a lui i suoi pensieri, ciò che scriveva in lettere e temi  profondi: Dodò voleva un lavoro dignitoso per i genitori, una scuola  migliore per lui e i suoi compagni, sognava la legalità e la giustizia,  la fine della povertà, ripudiava la mafia come gli avevano insegnato  a fare i suoi insegnanti e la sua famiglia… Dodò voleva vivere in una  Calabria migliore.  Per i due coniugi è stato come un viaggio tra i ricordi più preziosi,  accompagnati dalla mano di una persona carismatica, che ha  saputo trasmettere loro il coraggio di partire da lì, da quel  patrimonio di felicità, per trovare la forza di lanciare un esempio  contro la violenza, nonostante portino in cuore una ferita che farà per  sempre male.

*da Il Crotonese

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