Gli Emmanuello non dimenticano
Cosa nostra gelese, assediata, e di conseguenza indebolita dalle molteplici operazioni condotte negli ultimi anni dalle forze dell’ordine, intensificatesi ancor più nel corso dei dodici mesi oramai alle spalle, non smette, però, di tramare: gli irriducibili, del resto, non appaiono rassegnarsi nemmeno innanzi ad un default organizzativo certamente innegabile. Gli interessi delle cosche devono essere preservati e a tal fine tutto è ammissibile: le spesse pareti di una struttura penitenziaria non possono impedire ai soldati di mafia di perseguire i loro obiettivi strategici.
Il gruppo “Emmanuello”, da questo punto di vista, non teme particolare concorrenza su di un territorio controllato per decenni: i fratelli Davide, Nunzio e Alessandro devono scontare lunghissime pene detentive, scaturite da complessi procedimenti penali a loro carico, Daniele, invece, ras indiscusso di quest’entità criminale, e quarto “corsaro” della famiglia, rimase ucciso nel 2007 a seguito di un blitz, generato a sua volta da un’ampia attività d’indagine, condotto nelle campagne dell’ennese, anonimo scenario prescelto dal boss per tutelare la propria latitanza.
Ma gli affiliati alla cosca, strettamente legati all’indiscusso capo, non hanno mai cessato di sostenere la causa del “potere ad ogni costo”: l’indagine “Extrema Ratio” costituisce un’ennesima conferma. Due sarebbero stati i renitenti da abbattere in quest’occasione: l’ex sindaco del comune di Gela, Rosario Crocetta, attualmente parlamentare europeo del Partito Democratico, insieme al giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta, Giovanbattista Tona.
Il primo “peccatore” avrebbe dovuto rispondere di molteplici offese, tra tutte l’aver imperniato due mandati della personale legislatura su di un’intransigente opposizione alle locali cosche, abituate a spadroneggiare nella vasta prateria gelese: addebito rafforzato dalla somma onta del licenziamento imposto a Virginia Di Fede, lavoratrice del progetto R.M.I. (reddito minimo d’inserimento) comunale, tutelata non in omaggio ad uno spirito solidaristico nei confronti di una delle tante disoccupate della città, bensì in quanto moglie di Daniele Emmanuello.
Il progetto dell’uccisione dell’esponente del Pd, tanto inviso a cosa nostra, non si pone nemmeno come assoluta novità: già nel 2003 il massimo consesso degli “stiddari” aveva deliberato un tale atto, arrivando a contattare una sorta di killer professionista, il lituano Minius Marius Denisenko, successivamente rimpatriato dalle autorità italiane; il 24 Aprile dello scorso anno, invece, gli inquirenti pervennero, attraverso l’indagine “Gheppio”, agli arresti di Maurizio Saverio La Rosa e Maurizio Trubia, quest’ultimo, anche in base alle dichiarazioni rilasciate dal collaboratore di giustizia, Carmelo Barbieri, presunto nuovo reggente del clan Emmanuello, orfano intanto dell’intero politbureau: accusati di aver definito tutti i particolari per l’imposizione del colpo decisivo ai danni di Rosario Crocetta, comprese le necessarie dotazioni da sparo, fornite da taluni referenti di stanza in Lombardia.
Il secondo “eretico”, Giovanbattista Tona, attualmente tra i componenti dell’ufficio gip del Tribunale di Caltanissetta, presidente della sezione nissena della Associazione Nazionale Magistrati, doveva necessariamente, perlomeno stando alla disamina degli accusati, rientrare nella lista nera: la condotta professionale assunta non si addiceva, infatti, alle velleità espresse, nel corso di molteplici processi celebrati all’interno del presidio nisseno, dagli imputati appartenenti alla cosca Emmanuello.
Il magistrato, durante la permanenza nel capoluogo di provincia, ha seguito procedimenti, anche assai recenti, legati alle “imprese” degli affiliati al più organizzato gruppo mafioso gelese, come quelli scaturiti dalle inchieste “Cerberus” e “Gheppio”, ed ancora il più risalente dibattimento “Genesis”, causa ultima dell’astio alla base della sentenza di morte. Crocifisso Smorta, abbandonato definitivamente il compito di scudiero di Daniele Emmanuello, ha confermato i piani del sodalizio: Tona andava eliminato perché la sua presenza in giudizio si accompagnava ad una sicura condanna, capacità in grado di suscitare le ire della famiglia “presa di mira”, fino al punto di indurre gli affiliati ad una plateale protesta, maturata al momento dell’apertura di uno dei tanti processi a loro carico, svoltosi lo scorso anno, consistita nella contestuale rinuncia ai mandati da parte di tutti gli avvocati difensori.
Mentre Rosario Crocetta doveva pagare in prima persona per i danni arrecati, soprattutto a livello economico, alla “Emmanuello s.p.a.”, con ramificazioni anche in terra tedesca, il giudice, Giovanbattista Tona, avrebbe dovuto patire il dolore arrecato dall’omicidio della cugina, vicedirettrice di una filiale bancaria a Mussomeli, erroneamente scambiata dagli “strateghi” del gruppo per la sorella dello stesso.
Il parlamentare europeo del Pd convive oramai da anni con il rischio di subire ritorsioni, tanto da disporre sia in Italia che in Belgio, sede del massimo consesso europeo, di una scorta, a differenza del magistrato originario di Milena, in provincia di Caltanissetta, il quale, pur disponendo della necessaria tutela personale, diretta conseguenza dei delicati procedimenti sostenuti, fra i quali uno relativo all’omicidio Borsellino ed altri inerenti le vicende Berlusconi, Dell’Utri e Contrada, non aveva ricevuto particolari segnali di ostilità: nell’Ottobre del 2006 il momentaneo allontanamento della madre, Alba Angilella, dovuto ad una momentanea perdita di memoria, mise in ambasce gli ambienti giudiziari nisseni, preoccupati di una possibile ritorsione nei confronti del gip.
Il blitz “Extrema Ratio” ha, così, colpito maggiorenti del clan “Emmanuello”, già detenuti a causa di ulteriori pendenze, Francesco Vella, Nicola Casciana, Massimo Carmelo Billizzi, Paolo Portelli e Domenico Vullo, destinatari di un avviso di garanzia in carcere sono stati, invece, Emanuele Argenti (di Guido), Salvatore Terlati, Emanuele Bassora ed Alessandro Gambuto.
I risultati conseguiti dalla Squadra Mobile di Caltanissetta e dal Commissariato della Polizia di Stato di Gela, in attesa di una conferma da parte della magistratura, sono stati agevolati dalle confessioni rese dal collaboratore di giustizia, Crocifisso Smorta, e dal contenuto di una dettagliata missiva fatta pervenire alle autorità da uno dei tanti compagni di cella dei soldati degli Emmanuello, in specie di Emanuele Argenti, il quale avrebbe dovuto operare da intermediario fra il compagno di “sventura” e Francesco Vella, a quest’ultimo, infatti, spettava la divulgazione all’esterno degli ordini: ogni data successiva al 20 Gennaio poteva rivelarsi utile allo scopo di “fare la cosa”.
Gli inquirenti non hanno fatto alcun cenno all’identità dell’autore della lettera rivelatasi utile all’avvio delle indagini: si dovrebbe trattare di un detenuto nisseno, non originario di Gela, recluso insieme ad Emanuele Argenti all’interno del penitenziario agrigentino, “Petrusa”, a causa di reati inerenti il traffico di sostanze stupefacenti; oggi, intanto, si apprende del trasferimento in una località segreta di Emanuele Puzzanghera, arrestato nel corso dell’operazione “Plutone”, diretta al contrasto del mercato degli stupefacenti entro i confini di Caltanissetta, deciso ad intraprendere una piena collaborazione con le forze dell’ordine.
Ogni minimo appoggio può, in questa fase, dimostrarsi assai utile difronte ad individui, quali quelli raggiunti dai provvedimenti dell’inchiesta, “Extrema Ratio”, dispost
i a tutto pur di primeggiare: gli stessi che sono giunti all’aggressione fisica di Giuseppe Cassarino, ospite del penitenziario di Caltanissetta, ove attende le evoluzioni giudiziarie del blitz “Cerberus”, violentemente picchiato dagli stessi “progettisti” dei due attentati, perché sospettato di aver descritto taluni importanti particolari ai magistrati incaricati di seguire l’inchiesta: gli “Emmanuello”, del resto, non dimenticano.
i a tutto pur di primeggiare: gli stessi che sono giunti all’aggressione fisica di Giuseppe Cassarino, ospite del penitenziario di Caltanissetta, ove attende le evoluzioni giudiziarie del blitz “Cerberus”, violentemente picchiato dagli stessi “progettisti” dei due attentati, perché sospettato di aver descritto taluni importanti particolari ai magistrati incaricati di seguire l’inchiesta: gli “Emmanuello”, del resto, non dimenticano.
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