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Spartacus, il valore di una condanna

Di Giovanni Marino (da Repubblica Napoli) il . Campania

Adesso lo sanno anche loro: quelli che hanno sempre pensato di farla franca. E i loro accoliti, convinti che il delitto paghi. Esiste uno Stato capace di perseguire la mafia dei Casalesi, la loro sanguinaria associazione delinquenziale, fino alla fine. All’ultimo grado di giudizio. Quello da cui è impossibile tornare indietro. Quando una condanna non è più un pezzo di carta ma un timbro letale sulla tua fedina penale. Quando sei marchiato a vita come cittadino. Ma soprattutto, per ciò che riguarda i loro precari equilibri, sei marchiato a vita anche come mafioso. Significa: terribilmente indebolito come capocosca, al punto da cominciare a pensare a una sua rapida sostituzione all’interno. Pena, l’infiacchimento e il ripiegamento del gruppo mafioso.

Un boss condannato in Cassazione all’ergastolo perde immediatamente quell’aurea di intoccabilità e sinistro potere che lo ha portato sin lì. Diventa un criminale comune, nella logica mafiosa. Se si trova dentro una cella, non ne uscirà più. Se ancora conduce una vita da fuggiasco per sfuggire alla giustizia, il suo destino è già segnato, con quella sanzione irrimediabile.

Ecco l’enorme valore della sentenza del processo Spartacus, avere inflitto sanzioni definitive, a vita, a padrini e assassini di quella cosa combattuta a lungo nel silenzio generale dai pm Federico Cafiero de Raho e Lucio Di Pietro, antesignani di una coraggiosa e all’epoca (quasi) solitaria – rispetto alla distratta opinione pubblica – azione di contrasto a quella banda di assassini ed estorsori.

Lo Stato, finalmente, ha inflitto un “danno” reale alla cosca. E la cosca, finalmente, ha compreso che lo Stato, quando vuole, è enormemente più forte.
Ma nessuno si illuda. Non finisce qui. Ci saranno altri boss del clan dei Casalesi che cercheranno di ricostruire quell’aggregazione criminale. Occorre andare avanti nella pressione giudiziaria e investigativa, senza pause. E recuperare fisicamente ed eticamente un territorio violentato dall’odio e dalla ferocia occupandolo con opportunità sociali e lavorative. La strada è tracciata, sarebbe atroce smarrirla nuovamente per pressapochismo o, peggio, malafede.

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