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Sicurezza. Tra percezione e realtà

Di Lorenzo Frigerio il . L'analisi

È calata la grande enfasi sul tema della sicurezza in questi ultimi due anni, gli italiani hanno meno paura della criminalità, sono ben altre le preoccupazioni quotidiane: è quanto emerge in prima battuta dalla lettura del rapporto realizzato per la Fondazione Unipolis da Demos e dall’Osservatorio di Pavia. Dopo Bologna e Roma, la piazza scelta per presentare questa terza edizione del rapporto sulla sicurezza in Italia e sulla rappresentazione che ne viene data dai mass media, curato dal professor Ilvo Diamanti dell’Università di Urbino è Milano, presso il Circolo della Stampa.

“La sicurezza in Italia: significati, immagine e realtà” è un rapporto che si basa sul sondaggio condotto da Demos a livello nazionale, con un campione di oltre duemilaseicento interviste e sulle rilevazioni condotte dall’Osservatorio di Pavia sulla presenza del tema sicurezza nei Tg prime time di Rai e Mediaset, offrendo per la prima volta anche i dati di alcuni Tg europei.

Diamanti presenta, dati alla mano, quella che lui definisce “la fine della grande paura”. L’allarme per la criminalità osservato nella prima edizione del 2007 è rientrato: un trend già avviato nel 2008 e che si consolida nell’anno appena trascorso, pur segnato dalla grave crisi economica mondiale e dalla diminuzione dei reati nel nostro paese.

Largo spazio della ricerca è data alla percezione della propria e altrui sicurezza, percezione che spesso e volentieri diverge ampiamente dalla realtà dei fatti. Infatti, se nelle persone vi è meno paura per la propria incolumità personale, è anche perché l’enfasi dei media, in primis della televisione sulla criminalità, è andata diminuendo. È calata infatti la percentuale degli intervistati che pensano che la criminalità sia cresciuta: nel 2009 è pari al 77%, mentre nel 2007 era pari all’88%. Ulteriore riduzione percentuale la subiscono le paure di subire un’aggressione o una rapina (13%), oppure di “essere vittima di furti come scippi o borseggi” (14%). La paura di subire un furto in casa scende nel giro dei due anni presi in esame dal 23% al 16%. Una cifra significativa (64%) è la percentuale di quanti considerano i reati di criminalità organizzata più gravi di quelli legati alla microcriminalità. Sicuramente quest’ultimo dato rappresenta una presa di consapevolezza quanto mai opportuna vista la situazione in cui versa oggi il nostro paese.

Eppure nonostante la diminuzione reale dei reati, vi è una maggiore richiesta di presidio del territorio: il 79% degli intervistati chiede un incremento delle forze dell’ordine sulle strade e nei quartieri e l’86% è pronto alla diminuzione della propria privacy, a fronte del potenziamento di telecamere in luoghi pubblici.

Ulteriore elemento della divaricazione tra realtà e percezione, in termini di sicurezza, viene proprio dal dato della crisi economica internazionale delle banche e delle borse, che preoccupa un terzo del campione del sondaggio. Sebbene le preoccupazioni di tipo economico in generale coinvolgano il 57% degli intervistati e il timore della disoccupazione salga al 37% visto il quadro complessivo di profonda recessione, la crisi e i fenomeni di disoccupazione, pur se raccontati a volte anche con approfondimenti di valore, continuano ad essere meno rappresentati nei Tg nazionali di quanto dovrebbero esserlo. Ciò comporta che le persone sentano meno i rischi legati alla propria sicurezza economica e sociale: con il risultato perverso che se non si parla di crisi e di disoccupazione nei media significa che i problemi non ci sono.

Un vero e proprio paradosso, a tale riguardo, quello delle morti sul lavoro: non fa quasi più notizia il singolo lavoratore che perde la vita in cantiere o in altri contesti, perché l’attenzione dei media e, conseguentemente degli italiani, si risveglia solo in presenza di più decessi nello stesso contesto e in circostanze drammatiche. I lavoratori della Tyssen Krupp morti a Torino fanno più notizia degli operai che, purtroppo con scadenza quotidiana, perdono la vita nei tanti cantieri sparsi lungo lo stivale.

Sale il dato degli italiani che percepiscono una sorta di insicurezza globale – si passa dal 74 al 77% del campione – contemporaneamente all’incremento dei timori di natura ambientale (62%), di quelli legati alla globalizzazione (37%), di attentati terroristici (33%), di nuove epidemie (35%). Ecco spiegato il permanere di quello che i ricercatori definiscono “senso di angoscia”, presente ed opprimente pur in assenza di un motivo preciso (32%).

Quindi sotto accusa finiscono i mass media, in particolar modo i Tg pubblici e privati che offrono una rappresentazione della realtà che si discosta notevolmente dall’effettività dei fatti, causando negli spettatori una percezione assolutamente distorta dell’ambiente in cui vivono e, paradossalmente, anche della propria condizione di vita.

È il frutto perverso di quella “tv della paura” che Diamanti mette sotto accusa nel suo intervento e che, secondo le rilevazioni dell’Osservatorio di Pavia, rappresenta una vera e propria anomalia nel contesto dell’Europa.

Nizzoli prima offre alcune indicazioni interessanti, che scaturiscano dall’analisi del numero delle notizie sulla criminalità che i Tg prime time di RAI e Mediaset hanno presentato nel periodo 2005/2009. Mentre non vi è alcuna correlazione tra il numero delle notizie sulla criminalità e il reale trend dei reati, è assodato invece uno stretto rapporto tra le prime e l’aumento della percezione, tanto che tra il 2007 e il 2008 si registra una sorta di “bolla dell’insicurezza mediatica”. Vale a dire che in quel contesto, segnato dalla contesa elettorale, nonostante i reati siano in diminuzione, aumenta l’insicurezza nei cittadini, un insicurezza incrementata soprattutto dall’enfasi arbitrariamente collegato al nesso stabilito tra immigrazione e reati.

Dal raffronto tra i palinsesti dei Tg emerge che sono Tg1 e Tg5 ad alimentare le insicurezze, con un continuo racconto dei fenomeni di criminalità comune, mentre il Tg3 offre maggiore spazio ai fenomeni di criminalità organizzata.

Il confronto con quanto avviene in Europa (Gran Bretagna, Francia, Spagna, Germania) consente ad Antonio Nizzoli dell’Osservatorio di Pavia di evidenziare come nei Tg italiani vi sia una costante rappresentazione della criminalità, con una sorta di serializzazione di singoli casi, meglio se omicidi. La mente corre rapidamente ai tanti delitti che ancora quotidianamente vengono riproposti agli italiani e che sono identificati con il nome della città o paese nel quale sono avvenuti: Novi Ligure, Cogne, Garlasco, Erba, Pavia, Perugia e chi più ne ha, in questa macabra rincorsa alla spettacolarizzazione del macabro.

Basti pensare che sul tema criminalità il Tg1 presenta il doppio di notizie del corrispettivo spagnolo e ben venti volte in più dell’omonimo tedesco. Altro dato interessante è quello che vede il 60% delle notizie di criminalità diffuse dai Tg italiani dedicato alla microcriminalità o criminalità comune. Peculiarità tutte italiane, queste della spettacolarizzazione e della serialità, vista l’assenza degli stessi temi dai telegiornali stranieri.

A seguire la presentazione del rapporto, un interessante serie di comunicazioni del sociologo Maurizio Ambrosini e dai giornalisti Lucio Caracciolo e Gian Antonio Stella, che sono ritornati a più riprese a sottolineare l’importanza della comunicazione nella costruzione del consenso, un consenso che spesso e volentieri appare “drogato” dall’eccesso di insicurezza che viene seminato a piene mani dalla classe politica.

In conclusione dei lavori, Pierluigi Stefanini, presidente della Fondazione Unipolis e di Unipol Grup
po Finanziario, ha ribadito l’impegno nella prosecuzione di questa analisi, anche per mettere in luce le tante esperienze positive che attraversano il paese e che lavorano invece per rafforzare legalità e sicurezza, a partire dai processi di partecipazione democratica alla vita quotidiana di migliaia e migliaia di italiani. 
 

Lorenzo Frigerio

Link collegati:

www.fondazioneunipolis.org

www.demos.it

www.osservatorio.it   

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