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Laboratorio Lamezia

Di Stefano Fantino il . Calabria

Mentre Reggio Calabria si vede violata dopo lo scoppio nella giornata di domenica scorsa di una bomba alla Procura della Repubblica della città sullo Stretto, il resto della regione non rimane a guardare. E anche nel cuore della Calabria gli avvenimenti degli scorsi mesi, che già avevamo raccontato, sono rimaste di stretta attualità aldilà di una copertura mediatica nazionale che fatica a riproporsi e ad andare oltre a un picco di attenzione che, al meglio, non durerà più di qualche giorno. Anche il clamore dell’attentato reggino, a distanza di quasi cinque giorni, sembra ormai destinato a diventare merce da modernariato; figuriamoci le vicessitudini di una piccola città di settantamila abitanti nel centro della Calabria. Eppure anche Lamezia Terme ha collezionato, negli ultimi tempi, alcune storie interessanti; magari non eclatanti come la bomba di Reggio, ma sintomatiche di una situazione paradossale, dura, ai limiti della legalità. Anche se a volte non si pronuncia nemmeno la parola ‘ndrangheta, sebbene di notizie riguardanti il lametino e la mafia calabrese ce ne siano state. Nemmeno un mese fa ad esempio l’ennesima azione congiunta di forze di polizia, portava al sequestro di più di dieci milioni di euro in beni appartenenti alle frange lametine della ‘ndrangheta in particolar modo in riferimento a Vincenzo Perri, ritenuto persona importante nel giro criminale locale. E anche in questo 2010 ritorna il tema della ‘ndrangheta qualche giorno fa con l’annullamento in Cassazione della sentenza di secondo grado che condannava il presunto boss locale Iannazzo. La prima sezione penale ha annullato la sentenza di condanna a 8 mesi di reclusione nei confronti di Vincenzino Iannazzo ritenuto a capo dell’omonima cosca del lametino. Dai sequestri alla rimessa in libertà di un boss, Lamezia rimane sullo sfondo. Insieme a chi questo clima cerca di cambiarlo. Anche tramite queste notizie e queste storie passa il cambiamento di una terra. Per cui quando le minacce, le intimidazioni, sono rivolti a coloro che stanno attivamente lavorando per cambiare rotta, è necessario fare quadrato. Siamo a novembre e la comunità “Progetto Sud” guidata dal sacerdote bresciano don Giacomo Panizza, subisce due attacchi da parte delle cosche. Manomissioni alle auto di due disabili che operano nella comunità. Un segno inequivocabili nei confronti di chi nel lametino si occupa di iniziative per disabili, tossicodipendenti, malati mentali, nomadi, ed è anche impegnata sul fronte della legalità e della lotta alla ‘ndrangheta. Tanto da avere nel 2002 preso in gestione proprio un bene confiscato alle ‘ndrine, quelle dei Torcaso, e per cui non si fecero attendere le minacce. Le stesse che nei mesi scorsi hanno toccato il sindaco di Lamezia, Gianni Speranza, e la sua giunta. Reiterate per giunta. Una prima volta e poi una seconda, in maniera più veemente. Alle spalle delle intimidazioni la volontà della giunta di dare esecuzione alle demolizioni di appartamenti che la Procura aveva ritenuto abusivi. Anche il quotidiano francese “Le Monde” ha dedicato un’intera terza pagina sulla vicenda amministrativa di Lamezia Terme, additando la città come simbolo di un pezzo di sud che non si rassegna e reagisce positivamente. Ad anni di immobilità, unita in un cambiamento con quella parte di società, come la comunità “Progetto Sud”, che vogliono davvero recidere con il passato. Al punto che le minacce sono diventate più concrete ma non hanno impedito a entrambe le realtà di continuare. Perchè il cambiamento, della Calabria, del Sud, dell’Italia, passa anche da Lamezia Terme.

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