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De Masi: «I migranti costretti a vivere come animali»

Da Misna.org* il . Calabria

«Le proteste di ieri hanno sconvolto tutti per le modalità con cui sono state condotte, ma se andiamo oltre i danni alle auto e i cassonetti incendiati ci rendiamo contro che era solo questione di tempo. Non si possono far vivere le persone come animali e pensare che non si ribellino».
«Quello che è accaduto a Rosarno è frutto della mancanza di una pianificazione adeguata per i lavoratori stagionali e della totale assenza di una politica dell’integrazione»: ne è convinto Don Pino de Masi, vicario generale della diocesi di Oppido-Palmi e referente dell’associazione ‘Libera’ per la piana di Gioia Tauro, contattato dalla Misna all’indomani delle proteste dei lavoratori immigrati di origine africana bersaglio, la notte tra mercoledì e giovedì, di un attacco con armi ad aria compressa da parte di ignoti. 
«Le proteste di ieri hanno sconvolto tutti per le modalità con cui sono state condotte – afferma il vicario – ma se andiamo oltre i danni alle auto e i cassonetti incendiati ci rendiamo contro che era solo questione di tempo. Non si possono far vivere le persone come animali e pensare che non si ribellino. Qui è in corso una vera emergenza sociale». 
Questa mattina i lavoratori immigrati – in prevalenza giovani provenienti dall’Africa sub-sahariana, che lavorano nella zona come braccianti agricoli – hanno ripreso le strade e organizzato una marcia verso il municipio di Rosarno per denunciare lo sfruttamento e le condizioni in cui sono costretti a vivere. «Nella piana ci sono circa 2 mila immigrati africani che si accalcano per dormire la notte tra un’ex-cartiera in disuso e un immobile dell’ex-Opera Sila. Se qualcuno del governo centrale o della regione vedesse in che condizioni vivono, senza nulla, senza servizi, luce, acqua, alimenti o riscaldamento non si stupirebbe di quanto è accaduto» dice ancora Don Pino, che da anni si occupa di immigrazione e lotta alla ‘Ndrangheta «perché quello di cui dobbiamo renderci conto è che i due problemi non sono scissi in regioni ad alto rischio di illegalità come la nostra». 
Pur non giustificando «nessuna azione violenta, sbagliata di per sé, ma che temo frutto dell’esasperazione di molti immigrati», il vicario racconta delle vessazioni e lo sfruttamento a cui molti di loro sono sottoposti. «Capita spesso che dopo giornate intere di raccolta nei campi invece di versare loro la paga, i datori di lavoro minaccino di chiamare i carabinieri, costringendoli alla fuga perché privi di documenti regolari» aggiunge Don Pino, secondo cui «l’invisibilità a cui queste persone sono costrette li priva di ogni diritto, rendendoli vulnerabili e soli». 
Il religioso si dice fiducioso negli abitanti della piana che «hanno un animo buono e conoscono la situazione di questa gente» osservando tuttavia che «le autorità devono assumersi la responsabilità di una situazione che necessita di giustizia prima ancora che di carità».

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