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Chi ha seminato il vento delle paure raccoglie tempesta

Di Antonio Turri il . Lazio

 Dalle conferenze stampa di fine d’anno dei responsabili  della sicurezza e dell’ordine pubblico  si apprende che  anche nella Capitale, cosi come nel resto d’Italia,  continuano a diminuire le attività delinquenziali  riconducibili alla piccola criminalità.  Il trend in diminuzioni di scippi,furti e rapine e di quasi  tutti i cosi detti reati predatori, si è avviato anni fa  grazie all’impegno e alle nuove strategie di controllo del  territorio messe in campo dalle forze di polizia e  all’effetto delle nuove e più incisive politiche sociali e  di inclusione, operate in gran parte da quella grande  risorsa che nel Paese è rappresentata dal volontariato. 

Alla costante diminuzione dei piccoli reati contro le  persone ed il patrimonio non corrisponde la sensazione di  maggior sicurezza da parte dei cittadini.  Il livello di sicurezza percepita dai romani, cosi come dal  resto degli italiani, è basso.  Illustri esponenti del governo in carica  si attribuiscono  il merito dei positivi risultati e non delle diffuse  insicurezze percepite dalle persone  dimentichi, probabilmente, del  fatto che nella passata  legislatura fu alimentata a dismisura la paura nei  cittadini, amplificando episodi di criminalità comune  che, seppur efferati, non rendevano Roma e le altre città  italiane meno sicure di quelle europee o nord americane. 

Roma registra da decenni livelli di microcriminalità e di  violenza urbana decisamente meno preoccupanti rispetto a  quelli di Parigi, di Londra, di Amsterdam, di Monaco di  Baviera o delle altre grandi città del pianeta.  Ciò nonostante, una cosciente e voluta strategia tesa a  fare del diritto alla sicurezza dei cittadini un terreno di  scontro tra parti politiche, ha provocato una endemica paura  di massa che ci fa sentire tutti costantemente insicuri.  Con ogni probabilità lo stesso ministro dell’Interno  Roberto Maroni  sottovaluta la responsabilità di quella  parte della politica che ha parlato per alcuni anni alla  pancia delle persone, alimentando le paure nei confronti del  diverso e in particolare dello straniero.  Questi atteggiamenti irresponsabili non potranno far venire  meno, con spot televisivi o con sedanti conferenze stampa,  la sensazione di insicurezza di quei cittadini che si  trovano a vivere vicini agli immigrati o a quanti sono stati  additati come possibile pericolo. 

Il ministro Maroni non potrà facilmente far dimenticare ai  cittadini italiani che un diffuso manifesto del suo partito  paragona questi ultimi alle popolazioni indiane nord  americane che finirono nelle riserve a seguito  dell’immigrazione europea… Loro hanno subito  l’immigrazione.  Il Paese è da anni sottoposto a forti terapie di paure a  correnti alterne e non basta il cambio di coalizione di  governo per far dimenticare gli slogan gridati dai palchi di  Treviso o di altre città contro quelli che vogliono aprire  moschee o centri islamici o contro i bambini rom o contro i  neri, i marroni o i grigi…gli omosessuali e i cittadini di  altre etnie.  E’ il caso di dire che chi semina il vento della paura  raccoglierà sempre e comunque tempesta.  E tempesta si raccoglierà quando si tirerà il bilancio  della lotta alle grandi organizzazioni mafiose che  condizionano pesantemente lo sviluppo economico e sociale  nel nostro Paese. 

Si deve anche su questo fronte  registrare il costante  successo dell’azione della magistratura e delle forze di  polizia, nonostante il taglio delle risorse, dei mezzi di cui  dispongono e la minacciata riduzione degli strumenti  legislativi per contrastarle, come le nuove annunciate  norme sulle intercettazioni telefoniche. Da alcuni mesi si  sente parlare di lotta senza quartiere alle mafie e poi si  negano le connivenze tra i vari livelli delle organizzazioni  mafiose: quello militare, quello politico e quello economico.  Si enfatizzano, giustamente le catture dei boss latitanti di  mafia, camorra e ‘ndrangheta, frutto del lavoro di quella  magistratura cosi vilipesa e si dimentica che langue ogni  tentativo di recidere il cordone ombelicale che lega i  mafiosi con la pistola a quelli con i colletti bianchi che  siedono anche nel Parlamento . 

A Roma grazie al lavoro delle Forze di Polizia e dei pochi  magistrati impegnati sul fronte della lotta ai clan mafiosi  sono stati sequestrati nel 2009 beni per oltre duecento milioni  di euro, una ingente somma di danaro che rimane la punta  dell’iceberg delle immense risorse economiche che le mafie  investono nella Capitale e nel resto della regione Lazio.  Va comunque sottolineato che gli oltre 300 milioni di euro  di beni immobili sono stati sequestrati  ai boss del Lazio  dalla Magistratura e non dal Governo. Nessun governo ha il  potere di sequestro o di arresto in democrazia. 

Anche sul tema della lotta alle mafie sarebbe più  opportuno che la politica facesse la sua parte e non quella  di altri soggetti istituzionali.  In particolare sarebbe auspicabile che il Governo fornisse a  magistrati e tutori dell’ordine i mezzi necessari per  combattere le mafie e garantisse che nel Paese i clan  non  condizionino gli organi amministrativi come i comuni e le  province e che il voto democratico non venga influenzato  dalle mafie, cosi come è stato riscontrato da commissioni  d’accesso prefettizie per ben due comuni pericolosamente  vicini alla Capitale: Nettuno e Fondi.  Il Governo per togliere l’humus dove attecchiscono i sistemi  mafiosi  dovrebbe attuare politiche che garantiscano il  diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute, capaci di  liberare le persone dal bisogno e dal giogo criminale. Per  fare alcuni esempi nella città di Roma si pensi alla  situazione di quartieri come Tor Bella Monaca, Laurentino 38  e Ostia, solo per citarne alcuni. 

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