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Quando il trattore diventa il simbolo del riscatto nelle terre di Camorra

Di Raffaele Sardo il . Campania

Un trattore. Un semplice trattore a volte può davvero cambiare il destino di una terra. Soprattutto quando il mezzo, nonostante sia usato unicamente per l’agricoltura, diventa anche un simbolo della lotta contro la camorra. Si tratta di un “Massey Fergusson” a quattro cilindri cabinato, di colore amaranto, che martedì sera, nella piazza di Castel Volturno, il coordinamento degli enti locali per la legalità della provincia di Pisa, ha donato alla costituenda cooperativa “Le terre di don Peppe Diana”. 

Un’impresa che con l’associazione Libera sta muovendo i primi passi sui terreni confiscati alla camorra, nel quadrilatero Casal di Principe- Cancello Arnone – Pignataro – Castel Volturno, proprio sulle terre che non molti anni fa erano il simbolo del potere dei boss della camorra e oggi sono il simbolo della loro sconfitta e del ritorno dello Stato in questi territori. Gli stessi dove la camorra ha la “sede legale” della sua grande holding criminale. Il compianto vescovo di Molfetta, e presidente di Pax Christi, don Tonino Bello, diceva: “Dobbiamo passare dai segni del potere al potere dei segni”. 
E oggi anche il trattore diventa il segno di un riscatto di un popolo, che come ricordava agli amministratori pisani il presidente della camera di commercio di Caserta, Tommaso De Simone (che ha compartecipato all’acquisto del trattore): “E’ in questo pezzo di territorio che viene prodotta la migliore mozzarella di bufala conosciuta in tutto il mondo con il marchio Dop. E’ in questo territorio che viene prodotta una esclusiva mela “Annurca” e un vino pregiato come il Falerno, il vino prediletto dagli antichi romani che Orazio definiva ‘vino di fuoco’.” In questi territori, e nei campi di volontariato sui beni confiscati, da alcuni anni si formano i nuovi cittadini. 
Quelli che provano a essere parte di una “società responsabile”. E’ qui che i familiari delle vittime di camorra, per bocca di Lorenzo Clemente, marito di Silvia Ruotolo e presidente del coordinamento campano della vittime, provano a darsi coraggio e a dare coraggio. “Il nostro dramma nessuno lo cancella, ma vogliamo che le stesse tragedie non accadano più a nessuno.” L’anziano papà di don Peppino Diana, Gennaro, che nelle campagne dei territori dei Mazzoni ha passato buona parte della sua vita, si commuove a guardare il trattore. “Mio figlio oggi sarebbe contento. E anch’io morirò contento se queste zone verranno ricordate come “le terre di don Peppe Diana”, arate dai trattori della legalità”.

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